Da questa sera su Fox
Arriva Pan Am, il mondo che cambia visto da quattro hostess
Questa sera sbarca sui teleschermi italiani, è il caso di dirlo, "Pan Am", la nuova serie televisiva della ABC, trasmessa da Fox Italia. La serie ha pertanto il merito di raccontare se stessa, ossia la Pan Am, e l’avvincente periodo storico in cui è ambientata, i Sessanta, attraverso le avventure delle sue belle hostess. Ritraendo personaggi inventati, gli autori hanno avuto l’occasione di spaziare con la fantasia e di costruire una trama complessa e avvincente che lega, appunto, le vite delle quattro hostess ai grandi avvenimenti di quel ricco decennio.
Questa sera sbarca sui teleschermi italiani, è il caso di dirlo, "Pan Am", la nuova serie televisiva della ABC, trasmessa da Fox Italia. La Pan Am, per quei pochi che non lo sanno, è stata nel corso del novecento la Compagnia Area, quella con le lettere maiuscole che ne rilevano l’importanza, e ne rammentano il primato sulla storia del trasporto aereo civile, e sul peso esercitato sull’immaginario collettivo globale dal suo logo blu. Nel 1962, un anno prima rispetto al periodo in cui è ambientata la serie, un filosofo francese con i basettoni di nome Edgar Morin, con il suo "Esprit du temps" – titolo quanto mai pertinente – diede una bella spettinata ai parrucconi della teoria critica sulla società di massa, affermando scandalosamente che:
Nel giro di mezzo secolo negli Stati Uniti, il viso della cover-girl è succeduto al volto del pioniere puritano e dell’energico uomo d’affari. In ciò può ravvivarsi il riflesso di un’evoluzione ben nota: “la femminilizzazione delle civiltà che hanno raggiunto un certo livello di benessere e di ricchezza”.
Quando apparvero queste righe il costume intellettuale sugli allora “mezzi di comunicazione di massa” imponeva di considerare i loro prodotti, nel migliore dei casi, una fonte di svago per bonzi. Il buon Edgar comprese, al contrario di molti suoi contemporanei, che la partita sui presenti e futuri costumi dell’occidente si giocava sul seducente e invitante viso della cover-girl, della diva e, perché no, della hostess. Detto questo sorge un interrogativo: che cosa centra un intellettuale celebre per ben sei tomi sul metodo con il mito femminile della hostess di volo? Centra eccome, vediamo perché.
Come ogni storia di successo che si rispetti, soprattutto in campo industriale, la Pan Am è stata la fucina di diverse personalità geniali, divise tra i campi della finanza, dell’impresa e della progettazione di aeroplani. Juan Trippe, il grande e storico boss di questa compagnia, ha di fatto inventato il trasporto aereo per civili così come lo conosciamo oggi, favorendo inoltre la creazione di uno degli aeromobili più diffusi al mondo: il Boeing 747. Nonostante tutto questo ben di Dio, la serie creata da Jack Orman narra le vicende di un intero equipaggio di bordo, e in particolare delle quattro bellissime hostess che lo compongono. Non sappiamo quanto e come sia stata valutata questa scelta, eppure l’aver preferito delle figure di contorno, lasciando in panchina i grandi campioni della Pan Am, ci sembra una mossa tanto astuta quanto azzeccata.
La serie ha pertanto il merito di raccontare se stessa, ossia la Pan Am, e l’avvincente periodo storico in cui è ambientata, i Sessanta, attraverso le avventure delle sue belle hostess. Ritraendo personaggi inventati, gli autori hanno avuto l’occasione di spaziare con la fantasia e di costruire una trama complessa e avvincente che lega, appunto, le vite delle quattro hostess ai grandi avvenimenti di quel ricco decennio. Non appare perciò forzata la doppia vita di una delle quattro, la rossa Kate, che mentre offre drink ai fortunati ospiti del Clipper Pan Am, trova anche il tempo di fare il corriere e la spia per la Cia. E neanche che l’esuberante Maggie, interpretata da Cristina Ricci, riesca dopo alcune peripezie a ricevere, seppur da lontano, un caloroso saluto dal Presidente Kennedy durante la sua storica visita a Berlino. O che la bella Laura troneggi sulla copertina del magazine Life, dedicata alle hostess Pan Am, proprio in qualità di cover-girl, legando così la sua figura allo “spirito del tempo” degli anni sessanta, come previsto quarant’anni fa dalle preziose pagine del nostro Morin.
Il senso profondo di questa serie, o in generale della recente serialità televisiva nel suo complesso, lo possiamo, dunque, ritrovare nella messa in scena degli aspetti talvolta straordinari della vita normale. Proprio perché, anche i grandi cambiamenti culturali possono passare su uno smagliante sorriso e su un soave: "Welcome on board Mr.".
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