Bombe finanziarie

Con il rischio sanzioni lady spread si mangia anche il regime iraniano

Daniele Raineri

La Banca centrale dell’Iran perde la sua battaglia contro le monete straniere e contro il mercato locale dell’oro. Per anni e a dispetto dell’inflazione a due cifre l’imperativo della politica monetaria di Teheran è stato uno soltanto, stringere il divario o almeno non restare indietro nella gara contro il dollaro – anche senza riuscire a tenere la leggendaria parità tra rublo e moneta americana nell’Unione sovietica della Guerra fredda.

Leggi Cosa succede con le sanzioni contro la Banca centrale dell’Iran (che contano più dello show nel Golfo)

    La Banca centrale dell’Iran perde la sua battaglia contro le monete straniere e contro il mercato locale dell’oro. Per anni e a dispetto dell’inflazione a due cifre l’imperativo della politica monetaria di Teheran è stato uno soltanto, stringere il divario o almeno non restare indietro nella gara contro il dollaro – anche senza riuscire a tenere la leggendaria parità tra rublo e moneta americana nell’Unione sovietica della Guerra fredda. Ma negli stessi giorni in cui il mondo seguiva le manovre belliche nel Golfo e le minacce di routine sulla chiusura dello Stretto di Hormuz – le stesse, ogni anno, dal 1979 – il rial iraniano ha continuato a evaporare: ha perso il 40 per cento contro il dollaro negli ultimi quattro mesi e di questa perdita colossale la metà è arrivata nelle ultime due settimane.

    Il governatore Mahmoud Bahmani ha gettato agli acquirenti iraniani 200 milioni di dollari in un giorno per fermare la svalutazione, il governo ha dato pubbliche rassicurazioni sul fatto che la moneta si è ripresa il 20 per cento del suo valore. L’economia reale però non mente e se la settimana scorsa nei negozi della capitale si poteva trovare l’iPhone 4 da 16 giga della Apple per 9.400.000 rial, due giorni fa il prezzo è salito a 14.500.000 rial (il prezzo vero è rimasto invariato, attorno ai 650 dollari americani). Gli iraniani perdono fiducia nella moneta nazionale e tentano di liberarsi del capitale in rial e di passare ad altri asset, come il dollaro americano o persino, in mancanza di meglio, l’acciaio, che tende a conservare meglio il suo valore in confronto al soldo.

    Così, mentre i lanci dell’agenzia di stato Fars dicono che “una portaerei americana scappa dal Golfo inseguita da unità navali dell’Iran”, i cambiavaluta nella capitale alzano sulla porta il cartello “chiuso” oppure lavorano a mezzo servizio con l’ordine di non vendere dollari alla gente che già si organizza in lunghe file. “Supremazia”, così il regime ha chiamato i dieci giorni di esercitazioni navali nello Stretto di Hormuz per mostrare i muscoli alla Quinta flotta degli Stati Uniti nel Golfo, si conclude con il divieto materiale fatto agli iraniani di comprare dollari americani, altrimenti si scatenerebbe la corsa.

    Durante i sei anni e mezzo della presidenza di Mahmoud Ahmadinejad sono entrati nelle casse del Tesoro almeno 475 miliardi di dollari grazie al prezzo alto del greggio, che il governo vende alla Banca centrale in cambio di rial per tenere il valore della moneta nazionale a livelli dignitosi. La moneta straniera funziona essenzialmente da controvalore per il rial. Ora che l’Unione europea e gli Stati Uniti si sono accordati “in principio” su nuove, micidiali sanzioni che bloccano l’acquisto di petrolio, il fiume di moneta straniera in arrivo da fuori è destinato a diventare un rivolo insufficiente.

    Il governo dell’Iran sta anche accaparrando oro, in quantità molto superiori a quelle dichiarate al Fondo monetario internazionale, nel tentativo accelerato di diversificare le proprie riserve con qualcosa che non sia il dollaro americano. Negli ultimi dieci anni Teheran è stato uno dei compratori maggiori di lingotti sul mercato mondiale dopo Cina, Russia e India (paesi di dimensioni maggiori) e ora è una tra le prime venti riserve auree al mondo. Il governatore della Banca centrale Bahmani sostiene di avere abbastanza valuta straniera e oro da fare fronte a qualsiasi domanda interna per i prossimi 10 o anche 15 anni, ma non dice a quale ritmo di richieste e a quale prezzo. Alle condizioni attuali – dice Amir Naghshineh-Pour, analista iraniano dell’americana Vesta capital, un’agenzia di consulenza su moneta e settore energetico – “potrebbero consumarsi in un lampo se la gente perdesse di colpo la fiducia nel rial, come tutti gli indicatori segnalano con chiarezza”.

    Lo spread tra la valutazione ufficiale del cambio tra rial e dollaro e la valutazione fatta dai cambiavalute in strada – anche se ora è legalmente congelata – cresce e lambisce un governo che non ha contromisure a disposizione. I motivi della svalutazione arrivano da fuori, sono legati alle nuove sanzioni promesse dal presidente americano, Barack Obama, contro il programma nucleare e anche all’avvicinarsi delle elezioni parlamentari, il prossimo due marzo, da cui i partiti cosiddetti “riformisti” sono stati esclusi e in cui s’affrontano due schieramenti entrambi conservatori e che percepiscono l’inequivocabile montare del malumore popolare.

    Leggi Cosa succede con le sanzioni contro la Banca centrale dell’Iran (che contano più dello show nel Golfo)

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)