Il metodo nella tensione

Teheran oltrepassa le linee rosse una dietro l'altra e lo fa apposta

Daniele Raineri

Martedì il governo dell’Iran vieta alle portaerei americane l’accesso al Golfo persico. Venerdì annuncia altre manovre navali in arrivo fra tre settimane, sarà provata davvero la chiusura dello Stretto di Hormuz, anche se l’ultima esercitazione che ha scatenato nervosismo sul mercato del greggio s’è chiusa da soli sette giorni. Sabato l’agenzia di stato Fars, vicina alle Guardie rivoluzionarie, annuncia che cominceranno altre esercitazioni questa volta di terra vicino al confine delicatissimo con l’Afghanistan e con le forze americane e inglesi.

    Martedì il governo dell’Iran vieta alle portaerei americane l’accesso al Golfo persico. Venerdì annuncia altre manovre navali in arrivo fra tre settimane, sarà provata davvero la chiusura dello Stretto di Hormuz, anche se l’ultima esercitazione che ha scatenato nervosismo sul mercato del greggio s’è chiusa da soli sette giorni. Sabato l’agenzia di stato Fars, vicina alle Guardie rivoluzionarie, annuncia che cominceranno altre esercitazioni questa volta di terra vicino al confine delicatissimo con l’Afghanistan e con le forze americane e inglesi. Domenica il capo dell’Organizzazione per l’energia atomica iraniana, Fereydoon Abbasi, dichiara a Kayhan, quotidiano vicino al governo, che nel sito sotterraneo di Fordo è cominciato l’arricchimento dell’uranio (la domenica precedente aveva annunciato un altro passo cruciale, la creazione della sua prima barra di combustibile nucleare). Anzi, la notizia atomica ha due versioni: in inglese, Kayhan dice che l’arricchimento dell’uranio comincerà presto; in lingua farsi – per il pubblico interno – dice che l’arricchimento è già iniziato. Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, sostiene in pubblico e da tempo che il nuovo sito è troppo ben difeso e non si può attaccare. Lunedì una Corte condanna a morte un ex marine di origini iraniane, Amir Mirza Hekmati, con l’accusa di “collaborare con l’America nazione ostile e di spiare per la Cia”, sentenza che sarà eseguita entro venti giorni da ieri se non sarà rovesciata in appello.

    Il governo dell’Iran segue una politica deliberata di annunci traumatici per tenere alto il livello dello scontro con l’esterno, e sono scanditi a intervalli di giorni e in certi casi di ore. La tensione internazionale è una cosa ottima quando le cose non vanno bene all’interno, soprattutto con l’economia e con il sentimento popolare. Secondo Reuters, il prezzo degli alimenti di base è aumentato del 40 per cento negli ultimi mesi – che è la condizione che l’anno scorso scatenò l’ondata di rivolte popolari nei paesi arabi (e non avevano da sopportare il peso di sanzioni internazionali). In Iran gli sms che contengono la parola “dollaro” in lingua farsi ora sono bloccati. E’ una misura d’emergenza e fa parte di un pacchetto per allontanare una crisi monetaria devastante e appoggiare la quotazione ufficiale della valuta contro quella reale e pessimista dei cambiavalute di strada, a cui è stato vietato di lavorare a partire dalla settimana scorsa. Il rial iraniano ha perso il 40 per cento contro il dollaro da dicembre e meno se ne parla meglio è – meglio ancora se la parola svanisce dai discorsi privati. Il governo reagisce al mezzo disastro d’immagine subìto la scorsa settimana quando l’impatto della “più grande esercitazione navale della nostra storia” (secondo la definizione del comando iraniano), disegnata per ostentare la supremazia nazionale contro la flotta americana nel Golfo persico, è stato oscurato dalla vista di lunghe code di cittadini in fila per comprare i dollari che acquistano valore ogni giorno. Per non parlare dell’altro mezzo disastro d’immagine accaduto venerdì, quando le forze speciali americane hanno liberato 13 ostaggi iraniani in mano ai pirati somali da 45 giorni, partendo dalla stessa portaerei nemica a cui il comandante in capo delle Forze armate, Ataollah Salehi, aveva intimato soltanto tre giorni prima di non fare più ritorno nel Golfo.

    La politica della tensione deliberata dall’Iran ha il suo prezzo e mette in moto ingranaggi che hanno effetti reali. Giovedì notte i governi di Washington e di Gerusalemme hanno deciso all’ultimo minuto di dare notizia della “più grande manovra militare congiunta mai tenuta assieme” per bruciare sul tempo – poche ore – l’annuncio da parte di Teheran della nuova esercitazione nello Stretto di Hormuz che ne provocherà la chiusura. Arriveranno novemila soldati americani e una portaerei. Il generale del Pentagono Frank Gorenc, in Israele già da due settimane, sostiene che “più di un’esercitazione si tratta di uno spiegamento di forze”. Il suo capo, il segretario americano alla Difesa Leon Panetta, domenica ha detto in un’intervista al canale Cbs che “gli Stati Uniti non tollereranno il blocco dello Stretto di Hormuz, per noi è una linea rossa e reagiremo”. Lo stesso avvertimento era contenuto nel testo di un discorso del ministro alla Difesa inglese, Philip Hammond, distribuito ai giornalisti a Washington, ma poi il passaggio è stato eliminato per non dare troppo a Teheran.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)