Al Pdl non tornano i conti

Salvatore Merlo

“Non possiamo farci condurre per mano da Casini”, ha esclamato martedì sera Denis Verdini di fronte allo stato maggiore del Pdl. Il coordinatore si riferiva al rapporto da mantenere con il governo di Mario Monti e – soprattutto – alla legge elettorale. Come molti altri, Verdini consiglia ad Angelino Alfano (e al Cavaliere) di negoziare con Pier Luigi Bersani e di arrivare a Casini solo dopo aver chiuso un accordo con il Pd, partendo da una condizione di maggiore forza contrattuale. “I nostri interessi e quelli del Pd, in realtà, coincidono”.

    “Non possiamo farci condurre per mano da Casini”, ha esclamato martedì sera Denis Verdini di fronte allo stato maggiore del Pdl. Il coordinatore si riferiva al rapporto da mantenere con il governo di Mario Monti e – soprattutto – alla legge elettorale. Come molti altri, Verdini consiglia ad Angelino Alfano (e al Cavaliere) di negoziare con Pier Luigi Bersani e di arrivare a Casini solo dopo aver chiuso un accordo con il Pd, partendo da una condizione di maggiore forza contrattuale. “I nostri interessi e quelli del Pd, in realtà, coincidono”.

    A tre mesi dalle elezioni amministrative, nel Pdl sfogliano sondaggi “preoccupanti”, dice un dirigente del partito che li ha trasmessi al Foglio: danno, i benevoli, il Pdl tra il 24 e il 25 per cento, individuano la soglia degli indecisi (in crescita) al 44 per cento e la fiducia nei partiti crollata al 3. Tutti dati poco alleviati dalla considerazione che nemmeno il Pd abbia un gran vento in poppa: 29 per cento secondo l’Ipsos, 27 secondo altri istituti di ricerca; comunque tra il 4 e il 5 per cento sopra il Pdl. Così, nel contesto di un lento dissanguamento nei consensi, considerato il rapporto difficilissimo con la Lega a trazione maroniana, e di fronte all’imminenza di una tornata amministrativa che Berlusconi (e non solo lui) considera un’anteprima delle elezioni politiche, dal punto di vista del Cavaliere è forte la tentazione di cedere alle lusinghe di Pier Ferdinando Casini. “Il proporzionale? Non escludiamolo a priori”, aveva detto Berlusconi ai suoi nel corso dell’ultimo ufficio di presidenza, facendo in modo che la voce giungesse anche all’orecchio del leader centrista. Ed è per questo che martedì è intervenuto Verdini, poi sostenuto da Fabrizio Cicchitto, da Alfano e da Mariastella Gelmini: la proposta di un’alleanza già alle amministrative, che Casini ha trasmesso non molto tempo fa, viene individuata come una trappola; così come sarebbe un errore venire incontro a Casini sulla riforma elettorale.

    “Il Pdl deve scegliere se stare con noi o con la Lega. Anche a livello locale, stavolta, varranno le indicazioni delle segreterie nazionali”, dice Ferdinando Adornato, dell’Udc; e la proposta, che forse piace a Franco Frattini, suona invece stonata alle orecchie di altri dirigenti del partito di Berlusconi. “Casini vuole distruggerci, blandendoci”, ha detto Gelmini di fronte ai suoi colleghi ex ministri. “L’Udc vuole costringerci a scegliere tra loro e la Lega. Col cavolo! Noi dobbiamo rilanciare sul presidenzialismo e il bipolarismo, altro che modello tedesco”. E difatti Berlusconi, che tende sempre a mischiare le carte, a confondere amici e avversari (e talvolta persino se stesso), a cena con il suo stato maggiore a Palazzo Grazioli, alla fine, ha ammesso che “il pragmatismo trionfa sempre in politica. Ritroveremo la Lega sulla strada del comune interesse elettorale”, nonostante la coltellata su Cosentino. E niente Udc, dunque, malgrado si profili una pericolosa divaricazione interna al Pdl tra gli esponenti meridionali del partito (a cominciare da Gianfranco Miccichè) interessati a rapporti sempre più stretti con i democristiani, e i dirigenti settentrionali, come Ignazio La Russa, che considerano invece vitale la triangolazione con la Lega al nord.

    “Dovranno scegliere. Le nostre alleanze dipendono dal rapporto che i partiti hanno stabilito con Monti. E non mi sembra che la Lega sostenga il governo tecnico”, dice Adornato. Un argomento che non è sfuggito nei conciliaboli del Pdl. “Casini rischia grosso, se fallisce l’operazione Monti fallisce anche lui”, ha detto Gaetano Quagliariello. Ma chissà. Malgrado tutto, il gruppo dirigente del Pdl sostiene il segretario Alfano e Raffaele Fitto, cui il Foglio ha attribuito ieri una valutazione negativa sulle prospettive del partito e la capacità di resistere all’Opa ostile di Casini, spiega che “siamo tutti al lavoro, a fianco del nostro segretario. Non ho mai pensato, né mai detto a nessuno che il Pdl sia in pericolo di vita. Penso tutto il contrario. Il Pdl, con Alfano, è il nostro investimento per il futuro”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.