La gran confusione liberalizzata

Marianna Rizzini

Mario Monti a Berlino evoca il fantasma del “populismo” proprio mentre conferma l’arrivo, per i prossimi giorni, di un “provvedimento molto ampio” sulle liberalizzazioni. Ma che cosa davvero si agita tra i ranghi del popolo dei liberalizzandi? E che cosa succederà davvero il 20 gennaio, quando per decreto si chiarirà il futuro assetto lavorativo dei tassisti (primi della lista gli 8.000 tassisti romani), dei 24 mila gestori di pompe di benzina (arriva la liberalizzazione della distribuzione), dei 5.779 titolari di sedi notarili, delle 18 mila farmacie (per Monti dovrebbero essere 7.000 in più)?

 

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    Mario Monti a Berlino evoca il fantasma del “populismo” proprio mentre conferma l’arrivo, per i prossimi giorni, di un “provvedimento molto ampio” sulle liberalizzazioni. Ma che cosa davvero si agita tra i ranghi del popolo dei liberalizzandi? E che cosa succederà davvero il 20 gennaio, quando per decreto si chiarirà il futuro assetto lavorativo dei tassisti (primi della lista gli 8.000 tassisti romani), dei 24 mila gestori di pompe di benzina (arriva la liberalizzazione della distribuzione), dei 5.779 titolari di sedi notarili, delle 18 mila farmacie (per Monti dovrebbero essere 7.000 in più)? I cittadini, dice un sondaggio di Nando Pagnoncelli a “Ballarò”, sono favorevoli a liberalizzare (percentuale di oltre il 60 per cento). E’ successo anche nella Grecia oscura della crisi: categorie che dicono no, cittadini che dicono sì.

    In guerra vera (preventiva), per ora, sono scesi soltanto i tassisti, che annunciano uno sciopero nazionale per il 23 gennaio e un’assemblea-protesta per il 16, al Circo Massimo, a Roma, con consegna di un documento all’Antitrust. Intanto – da Loreno Bittarelli, grande capo tonante del sindacato Uritaxi, fino al conducente anonimo – diffondono il passaparola sull’uomo nero industriale (Luca Cordero di Montezemolo o Emma Marcegaglia) che potrebbe, a liberalizzazione avvenuta, comprare non si sa quante macchine per far lavorare a stipendio (“da fame”, dicono i tassisti) un numero imprecisato di conducenti extracomunitari. A Bologna, dov’è in corso la riunione del “parlamentino” di sigle sindacali dei conducenti, la voce si fa grossa, e nei taxi della capitale la parola d’ordine è “non come in Olanda, dove si è liberalizzato e le tariffe sono lievitate”. Non ve la prendete con i tassisti, “poveracci”, dice il sindaco di Roma Gianni Alemanno mentre il tassista medio elenca al cliente medio le sue lagnanze: guadagno poco, ho il mutuo che mi strozza, spendo quasi tutto in tasse, benzina e assicurazione. Pensavo di avere una sorta di Tfr (la licenza da rivendere a fine carriera) ma sarà carta straccia, e non mi venissero a dire che me ne danno un’altra gratis: potrei venderla ma a metà prezzo, perché sono legate tra loro. Pier Luigi Bersani, ex autore di “lenzuolate”, dal Pd preme per liberalizzare (“ed è un’inversione delle parti rispetto agli schieramenti politici classici”, dice il sociologo Domenico De Masi).

    Non c’è un vero unico campo di battaglia, ma molte voci che si sovrappongono in caotica moderazione. Non guerra, infatti, ma allarme giunge dalla Figisc (Federazione italiana gestori impianti stradali carburante). Il presidente Luca Squeri dà a monte un giudizio “sostanzialmente negativo” sulle misure annunciate, pur attendendo una “consultazione” dai professori, e ricorre alla definizione già usata un mese fa, al primo soffio di discorso liberalizzatore: “Una dolce e gioiosa eutanasia dei gestori”. Nella bozza governativa, la liberalizzazione in arrivo prevede, per i circa 4.000 proprietari di distributori e per i circa 24 mila gestori in comodato d’uso, che per legge diventi nulla qualsiasi clausola di esclusiva (oltre il 50 per cento) sull’approvvigionamento. Il proprietario potrà vendere, se lo vorrà, anche benzina di marchi diversi. Il non proprietario, per il governo, se vuole potrà fare lo stesso, e in questa linea si prevede la possibilità di una riformulazione del contratto di comodato d’uso – si pensa a contratti collettivi – anche per evitare una sorta di esproprio senza indennizzo, dicono in ambienti governativi. Ma Squeri, a nome dei distributori, esprime molte riserve, e vede nella liberalizzazione un futuro nero di “non-rinnovo dei contratti” tra gestore e titolare.

    I notai, in attesa di un confronto con il governo, fanno sapere di “non avere intenzione di fare barricate” di fronte all’idea dell’aumento della pianta organica. Il consiglio nazionale del notariato promette “apertura” a patto che si tenga conto che le sedi notarili “sono state giù aumentate recentemente” e che la crisi “ha colpito” (crisi dell’immobiliare, soprattutto). Le farmacie invece hanno “voglia di combattere”, dice la presidente di Federfarma Annarosa Racca, “specie dopo aver ricevuto un’altra busta esplosiva” (ieri). “Non si criminalizzi la categoria. Siamo aperti a cambiamenti migliorativi ma non vogliamo che sparisca la farmacia sotto casa, schiacciata dal grande distributore”, dice.

     

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    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.