“Perché di tanta ostilità? Chiedetelo ai giornalisti"
Taxi e liberalizzazioni. Se ne discute al Foglio con Adriano Sofri, utente abituale e simpatetico, e con cinque tassisti in servizio a Roma e Firenze. “Vogliamo parlare con chi conosce la categoria, con chi prende il taxi abitualmente e non con chi ci sale una volta ogni morte di papa, perché non riesce ad andare a Trastevere il giorno della festa de’ Noantri o perché ci prende per l’ombrello buono per tutte le occasioni”. Ecco servito Claudio Graziani, tassista Cisal Federtaxi in servizio a Roma, ché Adriano Sofri e il cronista sui taxi ci salgono spesso.
Taxi e liberalizzazioni. Se ne discute al Foglio con Adriano Sofri, utente abituale e simpatetico, e con cinque tassisti in servizio a Roma e Firenze. “Vogliamo parlare con chi conosce la categoria, con chi prende il taxi abitualmente e non con chi ci sale una volta ogni morte di papa, perché non riesce ad andare a Trastevere il giorno della festa de’ Noantri o perché ci prende per l’ombrello buono per tutte le occasioni”. Ecco servito Claudio Graziani, tassista Cisal Federtaxi in servizio a Roma, ché Adriano Sofri e il cronista sui taxi ci salgono spesso. Eppure a volte non ci si intende: Sofri vorrebbe parlare di meccanismi psicologici che portano il cittadino a sviluppare un’avversione per il tassista, seconda solo a quella per il banchiere e per il politico, ma vorrebbe pure riflettere sul fosco futuro delle città con trasporto privato in crescita esponenziale. “C’è un legame tra la Fiat che non produce più autobus e la condizione dei taxi?”. Sofri butta l’argomento nell’arena, ma il discorso pende inesorabilmente verso l’invettiva contro il “cumulo di licenze”, una cosa che fa imbestialire il tassista Elio Capotondi, molta esperienza al volante e una moglie di Santo Domingo che cita per parlare di economia (“se io dovessi investire laggiù mi informerei, mentre qui non si informa nessuno. Monti voleva creare posti di lavoro, ma non c’aveva i soldi. A costo zero, sì, ma non per noi”). C’è poi Claudio Giudici, noto anche come “Parigi 19”, il giovane tassista fiorentino che ha scritto al Financial Times per difendere i colleghi dalla “mistificazione”. Giudici è convinto: “Facciamola finita con Adam Smith”. Adam Smith, cioè “colui a cui guardano i signori del governo. Ma quante sperequazioni tra redditi alti e bassi ci sono nei paesi a economia liberalizzata?”. E se Sofri chiede il perché dell’ostilità anti taxi, Giudici propone una “genesi storica”: “Molti tassisti erano ex carcerati, figure losche, ma oggi per metà sono laureati e diplomati, e hanno un certo livello culturale. Eppure ho sentito un professore della Voce.info dire: sono persone che guadagnano troppo per il loro livello culturale”. “Saranno pure ex carcerati, i tassisti, ma i nostri parlamentari sono tutti avanzi di galera”, dice Graziani. “E non riescono manco ad andarci, in galera”, dice Capotondi (Sofri invece ride e dice: “Io non solo sono riuscito ad andare in galera, ma ancora non ne sono uscito, e però vorrei ricordare che la gloriosa Livorno e molte città australiane sono state fondate da carcerati… ci si fa strada anche così nella vita”).
Il tassista Giudici non vuole neppure che “i soggetti benpensanti e radical chic partano dai tassisti per adeguare a un presunto livello culturale basso il corrispettivo economico presunto alto”, e Sofri porta al mulino esempi di giovani tassisti colti e donne tassiste “ex violiniste o ex restauratrici” ferme con un libro al parcheggio. Ciò non toglie, dice, che “anche tra gli anziani tassisti ci siano persone straordinarie che conoscono le strade come l’animo del passeggero, e meglio di uno psicoterapeuta”.
Cita Mario Draghi, il tassista Giudici, e persino Roosevelt (“per creare lavoro bisogna fare come lui”). Citano tutti in coro, i tassisti convenuti, “la direttiva Bolkestein”, brandita a prova della loro non-liberalizzabilità: “Guarda caso esclude taxi, ambulanze e Ncc”. Graziani ce l’ha con la “disinformazione”, e alla notizia della possibile precettazione in caso di blocco della città dice che “non è vero, non c’è blocco” e che in assemblea “ci sono soltanto i fuori turno”. Capotondi si chiede se chi parla di “carenza di taxi” ha presente il fatto “che in certi periodi, per esempio di domenica o nei festivi, il nostro servizio è sottoposto a riduzioni d’organico. Il Comune ci ha fermati, addirittura, nei fine settimana lunghi, oltre che in altri periodi in cui si prevedeva ci fosse poco lavoro. Se sono davvero pochi, i taxi, perché in agosto o durante i ponti vengono fermati? La verità è che, se andassero tutti a lavorare quel giorno, il lavoro sarebbe così poco che il tassista avrebbe più uscite che entrate, e alla prossima festività deciderebbe di non uscire”. Difende il Comune, Capotondi: “Fila il ragionamento ‘vi garantisco un po’ di lavoro anche nei periodi in cui c’è meno domanda’. In quel caso c’è un compromesso tra diverse esigenze. Ma allora poi com’è possibile che si parli di carenza d’organico?”.
Ha anche sentito dire in tv, il tassista, che è “strano vedere alle fermate dei taxi la fila della gente e non la fila dei taxi. Giusto. Poi però passo vicino alla fermata dell’autobus e vedo un sacco di gente che aspetta l’autobus. Certo, sarebbe bello che ne passassero di più. Ma costano, gli autobus. Chi li paga? Ecco, secondo voi il costo della fila di taxi in attesa chi lo paga? In questo periodo, gennaio e febbraio, c’è già un calo di lavoro del 50 per cento. E ti può anche capitare la signora che prende il taxi per andare dall’altra parte della strada. E poi ti devi reincolonnare e perdi mezz’ora. E’ antieconomioco portarcela, ma io sono un servizio pubblico e devo farlo. Allo stesso tempo, il Comune mi viene incontro regolando il mio lavoro in modo che io ne abbia una quantità ragionevole. Liberalizzazione? Mi chiedo perché. E non capisco. O capisco troppo bene. Me l’hanno insegnato al liceo, che bisogna farsi le domande, e allora facciamocele: liberalizziamo per abbassare le tariffe? Non ci crede neanche mio nipote di due anni. E allora c’entra il cumulo di licenze: a chi interessa comprare licenze per far lavorare gli autisti a basso costo? Chi c’è dietro?”. Ecco il fantasma dell’uomo nero industriale (basta salire su un taxi e il tassista evocherà Luca Cordero di Montezemolo o Emma Marcegaglia).
In qualità di cliente abituale, Sofri vuole capirci di più in tema di numeri: sono già troppi, questi taxi, oppure no? “Visto da Firenze”, dice, “è abbastanza sorprendente che a Roma qualcuno dica che sono pochi i taxi e che poi ci siano limitazioni di orario così rigide”. Flavio di Atitaxi dice “che a Roma può lavorare solo il titolare di licenza. In alcuni casi, per esempio la malattia, la licenza può essere affittata, ma l’orario resta lo stesso. Si possono lavorare solo 7 ore e 30, più l’ora di flessibilità”. “Se è questa la situazione, allora si dica chiaramente che siete troppi”, dice Sofri, che come cliente porta l’esempio dei giorni fiorentini di gran traffico per Pitti: “Può lavorare anche chi non è di turno, tutto il giorno senza limitazioni, e può spartirsi l’orario con un famigliare”. Claudio Graziani ce l’ha con l’ex sindaco di Roma: “Ai tempi della lenzuolata di Bersani, mentre a Firenze si liberalizzavano i turni senza dare nuove licenze, Veltroni faceva uscire altre duemila licenze, e sapeva che questo avrebbe creato una crisi nel settore. Il lavoro è calato del 30 per cento, e non ha neppure risolto il problema dei noleggi da rimessa”: macchine che “prendono illegalmente il lavoro che arriva dagli alberghi. Vengono da fuori Roma. Sono circa 8.000, tanti quanti noi. E allora di che cosa parliamo?, chiedo al governo, se vuole ascoltarci. I noleggiatori dicono che fanno un lavoro diverso dal nostro, ma l’unica differenza tra noi e loro è che noi abbiamo una tariffa concordata e loro no”. Il problema del quantitativo dei taxi “è un finto problema”, dice Claudio Giudici. “Non si risolve aumentando il numero di vetture, ma migliorando la qualità infrastrutturale della città”. Sofri continua a non capacitarsi dell’astio popolare verso la categoria: “Non sarà che si associa mentalmente il lusso rappresentato dal taxi, un lusso per la gente normale che lo prende solo in caso di emergenza, a un presunto privilegio dei tassisti?”.
“Ma sono i giornali che veicolano questa ostilità”, dice Michele Greco di Federtaxi: “Subiamo giudizi sommari da chi sul taxi non c’è mai salito. Ma Roma è una città sempre bloccata, basti dire che ci sono quattrocento manifestazioni all’anno”. Perché non si fa un rinforzo temporaneo?, chiede il cronista memore di qualche attesa telefonica al centralino. “L’hanno fatto col Giubileo”, dice Greco. Lo potrebbero rifare, forse, dicono tutti. “Ma la tariffa la decide il Comune”, dice Greco, “stiamo vivendo da un anno una vertenza per l’adeguamento. Faccio un esempio: io dal primo gennaio trovo in edicola Repubblica a 1 euro e 20, e zitto zitto me la compro. Repubblica non ha dovuto sentire nessuno. Noi invece siamo a tariffa amministrata. Aumenta la benzina, l’assicurazione, il costo della vita, e per i taxi tutto resta fermo finché l’ufficio preposto non decide. Poi c’è l’adeguamento tutto d’un botto, e sembra carissimo”. E’ stato Paolo Morozzi, in realtà, timido tassista fiorentino, a chiedere a Sofri perché “i passeggeri vedano sempre il tassista come un’entità a parte, e non come un lavoratore”. Nell’attesa della risposta, Paolo – tre figli, ascolto intensivo di Radio toscana classica e un passato da parquettista che rivede come miraggio al contrario, se dovesse andargli male – ha già dissuaso due amici dal prendere la licenza del taxi.
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