Allegri, pure quest'anno moriremo di freddo per il riscaldamento globale
Ad avere voglia di leggersele tutte, le “scoperte scientifiche” correlate in qualche modo al riscaldamento globale e ai cambiamenti climatici, ci si potrebbero passare intere giornate, divertendosi a trovare le innumerevoli contraddizioni. Se è vero che l’ideologia è elevare un particolare a criterio generale, i media che riportano qualunque ricerca abbia a che fare con il clima piegandola alla bisogna ci sono dentro fino al collo.
Ad avere voglia di leggersele tutte, le “scoperte scientifiche” correlate in qualche modo al riscaldamento globale e ai cambiamenti climatici, ci si potrebbero passare intere giornate, divertendosi a trovare le innumerevoli contraddizioni. Se è vero che l’ideologia è elevare un particolare a criterio generale, i media che riportano qualunque ricerca abbia a che fare con il clima piegandola alla bisogna ci sono dentro fino al collo. Venerdì il Figaro dedicava mezza pagina a uno studio che sostiene come i cambiamenti climatici portino benefici ai grandi albatros, che grazie all’accelerazione dei venti possono volare più lontano a cercare cibo. Notizia che andrebbe bilanciata con quella per cui, a causa del riscaldamento globale i pesci muoiono e quindi gli uccelli hanno meno da mangiare.
Tra le migliori lette durante la settimana c’è quella pubblicata da Nature Geoscience (e ripresa dal Corriere della Sera on line): secondo uno studio datato 9 gennaio 2012, la congiuntura astronomica suggerisce che dovremmo essere nell’imminenza di una nuova era glaciale, ove per imminente si intende nel giro di 1.500 anni. Ma questa non arriverà perché abbiamo saturato l’atmosfera di CO2. Tutto chiaro, no? Con una precisione degna dei Maya, dunque, ci dicono che entro un millennio e mezzo (mese più, mese meno) moriremo tutti di freddo, ma anche che questo non ci sarà perché oggi stiamo causando il riscaldamento globale. Buona o cattiva notizia? Non si sa, ma tutto fa brodo nel grande magma delle notizie climatiche. Lo stesso dicasi per la storia degli squali ibridi che si starebbero riproducendo dalle parti dell’Australia. L’ibridazione, raccontavano i vari media, è attribuibile alla necessità di adattarsi a un ambiente reso più caldo dal riscaldamento globale. Peccato che bastasse leggere il comunicato ufficiale dell’Università del Queensland per capire che non è proprio così: lo hanno fatto quelli del blog Climate Monitor, scoprendo che lo studio non faceva alcun riferimento né al global warming né ai cambiamenti climatici. Ma un tic è difficile da correggere e, poiché almeno una volta al giorno bisogna avere la propria dose di catastrofismo quotidiana, ecco che la misteriosa evoluzione di una specie animale ha subito un “colpevole”: l’uomo e le sue emissioni. Già, le emissioni. Ma quali? Sempre il Figaro ieri spiegava che non è tutta colpa della CO2, ma anche (se non soprattutto) di altri gas, tra cui il metano. Basta combattere contro l’anidride carbonica, scrive la rivista Science, ben altri sono i gas nemici del clima da abbattere. Insomma, c’è grande confusione sotto al cielo, sembrerebbe di capire.
E’ il solito problema della realtà, troppo complessa per essere spiegata con una teoria scientifica o in un articolo di giornale. Così come non è così semplice fare l’equazione energie rinnovabili=meno emissioni. Stando a un recente studio del think tank inglese Civitas (ripreso dal Monde pochi giorni fa), a oggi il sistema di incentivi economici alle industrie per abbassare il loro livello di emissioni in Inghilterra ha portato molti soldi nelle casse delle industrie, un aumento generale del costo dell’energia per i cittadini e nessuna diminuzione della CO2 nell’atmosfera.
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