Abbracciare un cavallo non è segno di follia, ma di amore

Giuliano Ferrara

La leggenda della pazzia di Friedrich Nietzsche è conformismo, manipolazione. Il filosofo e filologo e scrittore abbracciò pare un cavallo all’uscita del Teatro Carignano di Torino, il 3 gennaio del 1889, e in quel periodo stava in effetti per detonare una follia a lungo incubata, filosofica e clinica. Ma il suo gesto fatale fu tutt’altro che folle. Il cavallo fustigato come emblema di crudeltà era intanto un topos animalista e morale dell’epoca. Infatti la leggenda vuole che dopo l’abbraccio Nietzsche abbia pianto e si sia gettato a terra tra spasmi di dolore.

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    Abbracciare un cavallo non è segno di follia, ma di amore. La leggenda della pazzia di Friedrich Nietzsche è conformismo, manipolazione. Il filosofo e filologo e scrittore abbracciò pare un cavallo all’uscita del Teatro Carignano di Torino, il 3 gennaio del 1889, e in quel periodo stava in effetti per detonare una follia a lungo incubata, filosofica e clinica. Ma il suo gesto fatale fu tutt’altro che folle. Il cavallo fustigato come emblema di crudeltà era intanto un topos animalista e morale dell’epoca. Infatti la leggenda vuole che dopo l’abbraccio Nietzsche abbia pianto e si sia gettato a terra tra spasmi di dolore. Ma, più in generale, abbracciare un cavallo è per chi ama questo misterioso e magnifico animale comportamento tra i più normali, direi obbligato.

    Il cavallo è seduttivo. Il suo occhio è umido, lacustre, immenso. La sua vista è ancipite, allude a due teste, due intelligenze, due percezioni, due anime. Lo sguardo a sinistra può essere coraggioso, e il cavallo può resistere a tutti gli stimoli visivi di sinistra di fronte ai quali, invece, lo sguardo a destra, sulla via del ritorno, potrebbe farlo soccombere alla paura. E viceversa. La seduzione del cavallo è nel suo istinto di fuga, è preda di smisurato fascino dal grande e maestoso culo, la bella vulva nascosta sotto la coda e il formidabile pene estraibile per le più consolanti pisciate e le più feconde erezioni alla monta. Il cavallo è corpo illuminato da uno straordinario e irrazionale disegno delle membra, che culminano nelle caviglie sottili destinate a reggere un peso sontuoso e sproporzionato. Ti porta in sella, tu lo monti, il maschio e la femmina lo amano sensualmente, ha una pancia che regge la provocazione delle staffe, sopporta la frusta con la rassegnazione mistica di un Lama, il suo sudore è un nettare d’ambrosia. L’animale dispone di un’energia prodigiosa, di apparati digerenti e respiratori che gli consentono esercizi miracolosi di fedeltà alla sua missione nel binomio con il suo cavaliere o con il portantino che manda i suoi attacchi. La sua fatta è una caramella per bambini che traccia il cammino, horse candies dicono gli inglesi. I suoi peti in salita una marmitta naturale. Solo il computer rende conto della complessità di meccanismo che consente a un cavallo di reggersi in piedi, dormire in piedi, brucare erba tutto il santo giorno, camminare, trottare e volare al galoppo azionando quattro gambe da sogno, un collo sinuoso e allungabile, una volontà docile e insieme indomabile.

    Abbracciare un cavallo è puro istinto di comunicazione sentimentale, è un atto di buona educazione. Le narici sono sbuffanti e magicamente odorose. Il cavaliere le pulisce con la sua mano. Le labbra ballonzolano sotto le dita con una dolcezza imprevedibile. I denti mostrano l’età con postura scultorea cangiante e colori sempre più aurei o giallastri con il passare del tempo. La lingua è amabile e ben disegnata. Le orecchie segnalano l’umore, sono forti e portano i finimenti, richiedono ornamenti in puro cuoio. E poi sempre quegli occhi misteriosi dove il femminile e il maschile si esprimono all’unisono. Chi abbraccia un cavallo è savio. Chi non lo abbraccia e ne ha paura è provvisoriamente matto.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.