Il giorno dei tassisti. I leader, le arringhe, le condizioni per Monti

Marianna Rizzini

Ore e ore di assemblea spontanea al Circo Massimo disertato per l’occasione dai corridori dilettanti, un’intera giornata di taxi quasi introvabili (non solo a Roma, ché al raduno del Circo Massimo accorrono tassisti da Trieste come da Catania), qualche petardo, il coro “una licenza, un territorio” che risuona assieme allo slogan di facile moda (“Monti come Schettino, manovra omicida”), le raccomandazioni del leader sindacale Uritaxi Loreno Bittarelli (“non andate ora a Palazzo Chigi, la trattativa è in corso, se poi c’è da incazzarsi sarò il primo incazzato”).

    Ore e ore di assemblea spontanea al Circo Massimo disertato per l’occasione dai corridori dilettanti, un’intera giornata di taxi quasi introvabili (non solo a Roma, ché al raduno del Circo Massimo accorrono tassisti da Trieste come da Catania), qualche petardo, il coro “una licenza, un territorio” che risuona assieme allo slogan di facile moda (“Monti come Schettino, manovra omicida”), le raccomandazioni del leader sindacale Uritaxi Loreno Bittarelli (“non andate ora a Palazzo Chigi, la trattativa è in corso, se poi c’è da incazzarsi sarò il primo incazzato”) e un controdocumento a sindacati uniti da presentare al governo in serata (sindacati uniti nonostante le diverse esigenze, dicono gli oratori sul palco). E’ mercoledì, il giorno della trattativa sperata e anche minacciata dagli irriducibili che vogliono forzare la zona rossa attorno a Palazzo Chigi e da qualche napoletano che, dice un tassista quasi nascosto in un parcheggio, “non vuole che i colleghi lavorino”.

    E’ vero che il giorno prima i tassisti sono stati ascoltati dal governo, è vero che ci sono stati lanci di petardi e blocchi stradali, e però di mercoledì mattina nessuno vuole fermarsi a quella che, dal lato governativo, è stata chiamata “un’audizione”. “Vogliamo chiedere, non dare, c’è rimasto soltanto il sangue”, dice Bittarelli.
    Il controdocumento che alle sei di sera viene inviato al governo spicca per il “no” bello sonoro a ogni ipotesi di doppia licenza, per il “nì” all’Authority nazionale dei trasporti (che controlli, ma che non decida su tutti, per questo ci sono i Comuni, dicono i tassisti) e per il sì alla “territorialità” e in generale al principio “ogni comune decida per sé” (d’altronde a Napoli Luigi De Magistris ha già dato il proprio sostegno, e a Roma Gianni Alemanno, pur allarmato per gli eventuali disordini, ha fatto immediatamente arrivare l’approvazione al controdocumento dei tassisti). Ci sono però delle “pregiudiziali”, dice Bittarelli. O ce le approvano oppure neanche ci sediamo al tavolo: sgravio dell’Iva sui beni strumentali, chiarimento sui noleggiatori (“non tutti, quelli che fanno concorrenza sleale”, dice Bittarelli), carburante professionale “come per i pescatori e i camionisti”, ché, incalza il leader Uritaxi al di sopra del nugolo di tassisti arrabbiati, stretti nei piumini bombati neri, “siamo tassati ventisette volte”.

    Non siamo noi il problema, dice Nicola Di Giacobbe, rappresentante dei tassisti Cgil: “Se lo stato deve risanare i debiti chiedesse alle aziende indebitate del trasporto pubblico locale”. I ventitré rappresentanti sindacali, per lo più sigle riconducibili a Uritaxi (ma ci sono anche l’Ugl di Pietro Marinelli, i tassisti napoletani guidati dal pasionario Ciro Langella e la Cisl con Marino Masucci), si sottopongono al bagno di folla. La folla vuole leggere tutto, leggere la bozza, leggere i cosiddetti “emendamenti”, come li chiama Bittarelli. Non si fida neanche di se stessa, l’assemblea di tassisti in pre-guerra, e fischia se il sindacato si limita al riassunto. Non si fida ma sorride quando sale sul palco il gladiatore Cesare, tassista romano prodigo di “mortacci tua” e carico di anni di servizio (ventisei).

    Si vota il controdocumento per acclamazione, mentre Palazzo Chigi è in attesa. E’ coro di “sììììì”, grida rauche e applausi. C’è qualche raro no, c’è uno scoppio che pare un altro petardo e c’è l’attesa borbottante del nuovo incontro con i delegati del premier Mario Monti (il segretario generale alla presidenza del Consiglio Manlio Strano e il sottosegretario allo Sviluppo Claudio De Vincenti). A Genova, Milano, Torino e Bologna, intanto, la pre-guerra fa sentire l’assenza dei taxi, ufficialmente in assemblea spontanea o in attesa di notizie da Roma, dove la rabbia montante sbatte, a un certo punto, contro l’idea della precettazione fatta balenare (con diffida) dalla prefettura: si chiede a comune e questura di “segnalare ogni disservizio che possa comportare l’interruzione di pubblico servizio”.
    “Se vogliono il braccio di ferro sarà l’inferno”, aveva detto Bittarelli martedì. Il mercoledì sera è amaro: l’incontro con il governo è rinviato a oggi, e gli inviti “a non fare casino” vengono travolti dalle grida di sciopero a oltranza.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.