Au Revoir, Stronz
Finché restiamo nello strascico emotivo di De Falco, potremmo anche trovare il coraggio di dire: “Adesso lei sale su quel taxi, accende il tassametro, mi porta fino a casa e vede se ci sono altre donne e bambini che hanno bisogno di aiuto”, naturamente aggiungendo: “Cazzo”, perché senza non c’è pathos, senza ormai non funziona più nulla. Ma potremmo anche guardarci intorno in questi giorni di targhe alterne e niente taxi, e ammettere che Roma non è mai stata così tanto bella.
Finché restiamo nello strascico emotivo di De Falco, potremmo anche trovare il coraggio di dire: “Adesso lei sale su quel taxi, accende il tassametro, mi porta fino a casa e vede se ci sono altre donne e bambini che hanno bisogno di aiuto”, naturamente aggiungendo: “Cazzo”, perché senza non c’è pathos, senza ormai non funziona più nulla. Ma potremmo anche guardarci intorno in questi giorni di targhe alterne e niente taxi, e ammettere che Roma non è mai stata così tanto bella. Tranquilla, scorrevole, limpida, panorami a perdita d’occhio, il rumore del Tevere, i gabbiani, le biciclette, le carrozze con i cavalli, le ragazze che camminano veloci (i turisti smarriti con le valigie, la gente che impreca per strada, i loschi tassisti abusivi che perlustrano le stazioni, il Circo Massimo bloccato). Dopo le prime ore di disagio, niente auto bianche su cui dimenticare telefonini, documenti, sciarpe, si inizia a contare il denaro e la cellulite che si risparmia camminando, pedalando, rincorrendo autobus, infilandosi in metropolitana, uscendo di casa prima, facendo l’autostop (la solidarietà esiste, e offre passaggi in auto, in moto, in botticella). In tempo di crisi si prendono a volte decisioni irriflessive, come è accaduto ieri ai tassisti, che al Circo Massimo non hanno nemmeno lasciato parlare i sindacalisti dell’accordo con il governo, li hanno fatti scappare, hanno urlato: “Venduti”, sparso spazzatura e deciso che si sciopera ancora e ancora, anche senza autorizzazione.
Blocco del servizio per acclamazione. E minacce: non ci sarà una protesta, ci sarà la rivolta. In tempo di crisi, allora, si può anche decidere il blocco individuale, non rancoroso e gandhiano di un lusso: nonsalgopiùabordocazzo. Diventiamo tutti maratoneti, ciclisti, facciamo l’abbonamento decennale all’autobus, proviamo il car sharing, selliamo un cavallo, prendiamo lo skateboard, il monopattino, la bici elettrica, la canoa (tutto tranne le navi da crociera, per un po’). E riguardiamo, la sera in cui non potremo uscire perché ci sarà anche lo sciopero della benzina e ci avranno rubato i pattini, “Il tassinaro”, con Alberto Sordi. “Zara87” fa salire Silvana Pampanini, la deve portare all’ambasciata di Francia a piazza Farnese. Silvana Pampanini è tutta truccata, vestita, ingioiellata, il tassinaro la riconosce, le fa un sacco di complimenti, signo’ lei ha fatto il cuore mio a fettine, mo’ mi fa gira’ la testa, io sono molto incline ar cup de fuddre, signo’ sono un suo grande fans fin da quando ero bimbo (lei si irrita e gli dice che quando lui era bimbo lei non era nata e che vuole essere chiamata signorina anche se quelle quattro sgallettate in Parlamento hanno deciso che signorina non si usa più, ma lei si è data tanto da fare per restare libera come la luce, come l’aria, che ci tiene). Poi Sordi fa scendere la diva, si mettono a cinguettare in francese, lei gli fa un autografo sulle diecimila lire della corsa e lui le dice, soddisfatto: “Arrivederci Sylva Koscina, spero di riaverla presto sul mio Zara87”. E lì scatta il vadaabordoeccetera di Silvana Pampanini, che conclude con lo storico “Au revoir, stronz”. E’ un altro slogan possibile per la protesta contro la barricata eccessiva. E adesso vado a cercare un taxi e dico che sono gravemente ferita.
Il Foglio sportivo - in corpore sano