In Libia scosse di assestamento o guerra civile?
Gheddafi non c’è più ma i ribelli libici non trovano pace. Domenica, a Bengasi, una folla armata di spranghe, pietre e granate ha dato l’assalto al quartier generale del Consiglio nazionale di transizione, devastando qualsiasi cosa. Alcune persone hanno tentato di aggredire il presidente del Cnt, Mustafa Abdel Jalil, che cercava di abbandonare il palazzo.
Gheddafi non c’è più ma i ribelli libici non trovano pace. Domenica, a Bengasi, una folla armata di spranghe, pietre e granate ha dato l’assalto al quartier generale del Consiglio nazionale di transizione, devastando qualsiasi cosa. Alcune persone hanno tentato di aggredire il presidente del Cnt, Mustafa Abdel Jalil, che cercava di abbandonare il palazzo. Poche ore più tardi, il vice di Jalil, Abdel Hafiz Ghoga, annunciava le proprie dimissioni ai microfoni di al Jazeera: “Non voglio influenzare le attività del Consiglio e lascio la mia carica nell’interesse della nazione”, ha detto. In realtà, Ghoga si è dimesso perché da diverso tempo è minacciato di morte dalle frange più agguerrite dei manifestanti, che gli rimproverano gli anni in cui era uno tra i più stretti collaboratori di Gheddafi. La scorsa settimana, mentre partecipava a una cerimonia all’università di Ghar Yunes a Bengasi, è stato aggredito da alcuni giovani studenti.
Responsabili delle violenze delle ultime settimane sono ex miliziani che fino alla caduta del regime hanno combattuto a Tripoli, Sirte e Misurata contro i lealisti di Gheddafi. Si attendevano una ricompensa per i loro servizi, ma oggi pensano di essere stati messi da parte dai nuovi leader e temono che non troveranno sbocchi professionali per poter vivere dignitosamente. “Alcuni degli assalitori erano molto giovani, ragazzi di 15 anni”, ha detto Fathi Baja, membro del Cnt riuscito a scappare da Bengasi prima di Jalil, aggiungendo di non sapere “chi stia manovrando questi episodi di violenza”. Secondo alcuni, potrebbe trattarsi di infiltrati gheddafiani, mentre c’è chi non nasconde i propri dubbi sul ruolo del Qatar, che fornendo armi e soldi ai miliziani islamisti cercherebbe di ritagliarsi un ruolo di peso nel nuovo sistema istituzionale libico. Quel che è certo è che la pacificazione promessa è ancora molto lontana e che la guerra civile, come ha ammesso lo stesso Jalil, è ormai una realtà.
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