Lavorìo bocconiano

Michele Arnese

Il progetto Boeri? Più riformatore di quello Damiano e meno costoso del modello di Ichino. Parola dello stesso Tito Boeri, l’economista bocconiano ed editorialista del quotidiano la Repubblica che, con il collega torinese Pietro Garibaldi, ha proposto un contratto unico a tempo indeterminato a tutele crescenti (nei primi tre anni è sospesa la parte dell’articolo 18 che prevede il reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa).

    Il progetto Boeri? Più riformatore di quello Damiano e meno costoso del modello di Ichino. Parola dello stesso Tito Boeri, l’economista bocconiano ed editorialista del quotidiano la Repubblica che, con il collega torinese Pietro Garibaldi, ha proposto un contratto unico a tempo indeterminato a tutele crescenti (nei primi tre anni è sospesa la parte dell’articolo 18 che prevede il reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa). I tre progetti costituiscono le proposte accademico-politiche all’ordine del giorno della riforma del mercato del lavoro avviata ieri dal governo.

    C’è chi dice che il progetto Boeri-Garibaldi, con quello di Damiano, è il modello che incontra meno critiche e che è stato apprezzato anche dall’economista Elsa Fornero, ora ministro del Lavoro: “In verità negli incontri in cui abbiamo presentato la proposta – dice Boeri in una conversazione con il Foglio – abbiamo ricevuto plausi pressoché unanimi, anche da parte di quei politici che oggi magari prendono le distanze. Quello che so per certo è che la nostra proposta è stata accolta positivamente da economisti del lavoro di paesi altrettanto duali, se non più duali, del nostro. Ci sono proposte analoghe anche per Francia e Spagna”.

    “Ne parleremo il 23 aprile in Bocconi in un’iniziativa della fondazione Rodolfo Debenedetti”. A proposito della Fondazione di cui lei dirige il comitato scientifico: Repubblica di recente ha ripreso uno studio Ocse da cui si evince che l’Italia non ha un modello di rapporti di lavoro rigido, ma la Fondazione non dimostra da anni il contrario? “Il problema dell’Italia non è il livello medio di protezione, ma la stridente asimmetria fra chi ha oggi un contratto a tempo indeterminato e chi non ce l’ha. Tutta la flessibilità introdotta in Italia si è concentrata sul cosiddetto lavoro atipico. I contratti a tempo determinato hanno mantenuto le stesse caratteristiche di 20 anni fa”. La proposta, ricorda Boeri, ha due cardini. Il primo è quello di avere una crescita graduale delle tutele in modo tale da permettere che queste si rafforzino man mano che il legame fra datore di lavoro e dipendente si consolida. Il secondo consiste nel richiedere ai datori di lavoro uno scambio tra flessibilità e salari: se vogliono utilizzare forme contrattuali molto flessibili, dovranno pagare di più i loro dipendenti”. L’economista bocconiano sottolinea che il modello è stato di fatto adottato dalla proposta di legge firmata da 40 senatori e deputati tra cui l’ex Cgil, Paolo Nerozzi, e l’ex Cisl, Pier Paolo Baretta: “Potremmo dire di avere raggiunto l’unità sindacale sulla nostra proposta. In realtà credo che chi ha firmato lo abbia fatto a titolo personale”. Detto questo l’economista non nega che il progetto costituisce un punto di mediazione fra chi intende rendere più flessibile l’uscita e meno precaria la prima assunzione: “Ci sembra una proposta equilibrata che possa andare incontro alle esigenze dei lavoratori duali e delle imprese”. Però il progetto Ichino è più riformatore sull’articolo 18 e sugli ammortizzatori sociali alla danese. “Credo che in questo momento i riformatori debbano proporre interventi a costo zero per le casse dello stato, riducendo se possibile il prelievo fiscale e contributivo. Non è questo il caso della proposta Ichino”, aggiunge Boeri.

    Il Pd ha proposto un modello che gli osservatori hanno giudicato di compromesso tra il suo progetto e quello dell’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che punta sull’apprendistato. Non sono in sostanza simili? “Noi non proponiamo di costruire nuove figure contrattuali, ma di cambiare i contratti a tempo indeterminato sottoscritti da qui in poi, senza toccare i contratti già in essere. Il nostro contratto si differenzia anche dal contratto di apprendistato, che è confinato a chi ha meno di 29 anni, e che prevede che, al termine del periodo di formazione, il lavoratore possa essere licenziato con un preavviso stabilito dalla contrattazione collettiva. Chi viene licenziato dopo tre anni riceve comunque 6 mesi di paga, un costo non indifferente per le imprese”. Il Pdl, a partire dall’ex ministro Sacconi, dice: con il contratto unico si azzera l’utile pluralità contrattuale prevista dalla legge Biagi, noi abbiamo difeso l’occupazione con la cassa integrazione guadagni (Cig): “La nostra riforma è a costo zero – replica Boeri – La Cig in deroga usata ampiamente, questa sì, è molto costosa perché deresponsabilizzante per le imprese che non pagano nulla per utilizzarla”.