Bersaniano doc (Matteo Orfini) spiega perché il Pd deve smetterla subito di inseguire Casini

Claudio Cerasa

Roma. “Il Terzo polo? Smettiamola di inseguirlo. Di Pietro? Non vedo come il suo partito possa sopravvivere. I neoliberisti del Pd? Rappresentano delle ‘idee morte che a loro insaputa camminano ancora tra noi’”. Due mesi dopo l’arrivo di Mario Monti alla guida del governo, la situazione nel Pd sembra essere sempre la stessa: due partiti all’interno di uno stesso partito che osservano il lavorìo del nuovo presidente del Consiglio gli uni con sguardo perso, estasiato e innamorato e gli altri con sguardo perplesso, fiducioso ma allo stesso tempo molto preoccupato.

    Roma. “Il Terzo polo? Smettiamola di inseguirlo. Di Pietro? Non vedo come il suo partito possa sopravvivere. I neoliberisti del Pd? Rappresentano delle ‘idee morte che a loro insaputa camminano ancora tra noi’”. Due mesi dopo l’arrivo di Mario Monti alla guida del governo, la situazione nel Pd sembra essere sempre la stessa: due partiti all’interno di uno stesso partito che osservano il lavorìo del nuovo presidente del Consiglio gli uni con sguardo perso, estasiato e innamorato e gli altri con sguardo perplesso, fiducioso ma allo stesso tempo molto preoccupato. I primi sono gli esponenti del partito dei montiani (da Enrico Letta a Walter Veltroni) e sostengono che il governo Monti non solo salverà l’Italia ma darà anche una mano al Pd per risorgere dalle ceneri della – orrore! – vecchia foto di Vasto. I secondi sono i democratici più vicini al segretario e sostengono che il governo Monti potrebbe, sì, salvare l’Italia ma non dovrà in nessun modo interferire con l’identità del più importante partito progressista del paese. Di questo secondo Pd nel Pd fa parte un gruppo di giovani e scalpitanti dirigenti dem che ultimamente sono riusciti a ritagliarsi un ruolo importante e che da un po’ di tempo a questa parte vengono considerati uno dei collanti tra il Pd e la famosa “base di sinistra” del partito. Tra questi c’è anche uno dei democratici più attivi (e più giovani) del cerchio magico di Bersani: il suo nome è Matteo Orfini e con lui abbiamo provato a capire qualcosa di più su quale potrebbe essere nel futuro prossimo il destino del Pd. “Sono un po’ stufo – dice Orfini, esponente della segreteria dem – di sentirmi ripetere che il Pd deve sfruttare l’esperienza del governo Monti per purificarsi da chissà quale peccato originale. Per dire: dove sta scritto che un partito come il nostro deve passare il suo tempo a inseguire questo benedetto Terzo polo, che fino a prova contraria non mi sembra che sia ancora nato e che allo stato attuale è un’alleanza che non esiste e non so se esisterà mai? E chi l’ha detto poi che il nostro partito, ora che appoggia il governo Monti, debba rinunciare all’idea di essere il perno della ricostruzione della sinistra del nostro paese? E dove sta scritto, infine, che il Pd nel futuro debba far propria questa benedetta retorica ultraliberista? Dico: non si sono accorti i nostri amici liberisti, anche quelli del Pd, che, per citare un magnifico saggio dell’economista australiano John Quiggin, quelle ricette che loro propongono sono ‘Zombie, idee morte che camminano tra noi’? Per carità – continua Orfini – non credo che il vero Pd sia quello di Vasto. E anzi credo che un partito come l’Idv, che altro non è che un sottoprodotto del berlusconismo, sia destinato a non sopravvivere nella Terza Repubblica. La mia idea, la nostra idea, è, piuttosto, quella di andare a semplificare il sistema politico provando a essere il motore della nascita di un nuovo Pse in Italia”. Un Pse? “Certo. Nei prossimi mesi il quadro politico del nostro paese si andrà a europeizzare sempre di più e dal momento che mi sembra probabile che Pdl e Udc siano destinate a federarsi all’interno di un Ppe all’italiana è importante che anche a sinistra ci si attrezzi per non farci trovare impreparati. E proprio per questo sono convinto che Pdl, Pd e Udc troveranno un accordo su un sistema proporzionale a metà tra quello tedesco e quello spagnolo”. Nell’attesa che l’Abc (Alfano+Bersani+Casini) raccolga l’invito di Napolitano e suggerisca al Parlamento una nuova legge elettorale che possa prendere il posto di quella attuale, Orfini torna sul tema del giorno: ovviamente la riforma del lavoro. “Considero un successo del Pd – dice Orfini – l’avere trovato una sintesi tra le posizioni del nostro partito e mi auguro che prevalga il buon senso anche quando andremo a trattare su temi delicati come quelli legati alla contrattazione aziendale. Sul Corriere di oggi (ieri, ndr) ho letto il resoconto di Pietro Ichino da Pomigliano. E io posso capire che il senatore si sia sentito soddisfatto dal passeggiare in una fabbrica bella e colorata, ma l’idea che il modello Marchionne, un modello in cui viene ridotta la democrazia sindacale e in cui viene barattato il diritto alle tutele dei lavoratori con presunti investimenti, possa diventare un modello da discutere in Parlamento francamente, scusate, ma la trovo davvero una piccola e gratuita provocazione”.
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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.