Inglesi incompresi

The Tank

All’inizio ci fu la copertina dell’Economist, con David Cameron con la cresta e l’idea che il premier britannico appena eletto fosse il più radicale dei leader europei, pronto a ingoiare l’amara pillola dei tagli e dell’insofferenza sociale per rimettere in ordine i conti, e l’Inghilterra. Era l’agosto del 2010, l’euro iniziava la sua battaglia contro se stesso – ancora irrisolta – e Londra cercava di trovare la quadra economico-sociale di un paese che dipende per più della metà del suo prodotto interno lordo dall’andamento della finanza – cioè della City.

    All’inizio ci fu la copertina dell’Economist, con David Cameron con la cresta e l’idea che il premier britannico appena eletto fosse il più radicale dei leader europei, pronto a ingoiare l’amara pillola dei tagli e dell’insofferenza sociale per rimettere in ordine i conti, e l’Inghilterra. Era l’agosto del 2010, l’euro iniziava la sua battaglia contro se stesso – ancora irrisolta – e Londra cercava di trovare la quadra economico-sociale di un paese che dipende per più della metà del suo prodotto interno lordo dall’andamento della finanza – cioè della City. All’inizio del 2012, Cameron e il suo radicalismo sono diventati il capro espiatorio di una politica giudicata inefficace. Paul Krugman, dall’alto del suo keynesismo, sentenzia la debacle dell’austerity, e “do a Cameron” diventa d’un tratto un insulto. Dopo due anni di mantra sull’inevitabilità dei tagli, oggi l’Europa e il mondo intero si accorgono che ci vogliono anche politiche per la crescita, stimoli direbbe qualcuno, e così i britannici finiscono dietro la lavagna. E’ vero che i risultati non ci sono stati: l’economia inglese non è ripartita. Ma da tempo gli economisti ripetono che non sono i tagli i problemi, è che Cameron e il suo fedele cancelliere dello scacchiere, George Osborne, non hanno coordinato i tagli con le politiche di crescita. Cameron l’ha capito, pare che a Downing Street non si faccia altro che parlare di crescita e ora il premier si rilancia come leader della crescita, anche in un consesso europeo in cui non è molto a suo agio – e nemmeno a casa sua.

    Troppo tardi? Chissà, ora ci sarà da convincere tutti quelli che prima pensavano che la ricetta inglese fosse perfetta. E da Londra il sindaco a caccia di rielezione e di qualcosa di più, Boris Johnson, scrive per dire: spaccare l’euro è costoso, ma tenerlo insieme di più. L’inizio del suo articolo è stupendo: You know the old euro-joke about heaven and hell. Heaven is where the British do the policing, the Italians are the lovers, the French are the cooks and the Germans do the engineering. Hell is where the British are the cooks, the Germans are the lovers, the French are the engineers and the Italians run the place. Yes? There are all sorts of variants being chortled over in the bars of Brussels, but that is the gist.