
iPad o Gutenberg, che importa?
Se guardate bene, tra i clienti seduti al caffè della vecchia Gare Montparnasse – dove Martin Scorsese ambienta l’incantevole “Hugo Cabret”, 11 nomination agli Oscar – c’è un signore con la paglietta e gli occhiali tondi che somiglia come una goccia d’acqua a James Joyce. Sta vicino alla fioraia e al signore grasso che corteggia l’anziana signorina con il cagnolino (gelosissimo, smetterà di ringhiare soltanto quando l’uomo, con colpo di genio seduttivo, lo distrae facendogli conoscere una cagnetta).
Se guardate bene, tra i clienti seduti al caffè della vecchia Gare Montparnasse – dove Martin Scorsese ambienta l’incantevole “Hugo Cabret”, 11 nomination agli Oscar – c’è un signore con la paglietta e gli occhiali tondi che somiglia come una goccia d’acqua a James Joyce. Sta vicino alla fioraia e al signore grasso che corteggia l’anziana signorina con il cagnolino (gelosissimo, smetterà di ringhiare soltanto quando l’uomo, con colpo di genio seduttivo, lo distrae facendogli conoscere una cagnetta). Poiché il cinema ha ragioni che la ragione non conosce (ci scuserà Blaise Pascal, che coniando la formula pensava all’amore), ritroviamo il giovanotto con la paglietta in testa in uno dei cortometraggi candidati quest’anno agli Oscar. Lo si può vedere in quel paradiso di delizie – e di talento, e di privata iniziativa, senza lamenti per la cultura che non ha aiuti – che è Vimeo (grazie a Piero Vietti per la dritta).
Un James Joyce ragazzino, sprofondato nella lettura. Con gli occhi a palla di Buster Keaton, una montagnetta di libri a destra e una montagnetta di libri a sinistra (è terrore di chi legge non averne abbastanza per arrivare a sera, quando non basterà la vita a esaurire quelli che restan da leggere, e pazienza per Valéry). Si intitola “The Fantastic Flying Books of Mr. Morris Lessmore”. L’hanno diretto William Joyce e Brandon Oldenburg, e ha vissuto la sua prima vita come App per iPad.
Non è l’unica somiglianza tra il filmetto e il kolossal che Scorsese ha tratto dal romanzo di Brian Selznick, parente alla lontana del produttore David O. Selznick che sfiniva i suoi registi (Hitchcock compreso) a furia di memorandum. Entrambi rendono omaggio ai flip book, l’anello mancante tra i libri e il cinema. Sono i blocchetti disegnati da sfogliare velocemente: le immagini si muovono, come in un film di animazione. Ce n’è uno anche in “Molto forte, incredibilmente vicino”, che Stephen Daldry ha tratto dal romanzo di Jonathan Safran Foer: l’uomo che cade dalla torre colpita dai terroristi, se sfogliamo il volumetto all’incontrario, con capriola acrobatica risale al sicuro.
Scorsese fa un film sulla magia della Croce di Malta: quel meccanismo, celebrato nella preghiera del proiezionista, che scatta e rende possibile il cinema. Blocca il fotogramma in posizione, 24 volte al secondo, e noi osserviamo immagini in movimento. Fa un film sugli automi pieni di ingranaggi che imitano un pianista o uno scrivano. Fa un film anche sui libri che stanno nelle biblioteche: ma per noi quei segnetti neri sono Madame Bovary, David Copperfield, Bouvard e Pécuchet, Achab la balena bianca. I segni spariscono dal libro che Morris Lessmore sta leggendo, portati via da un uragano. Assieme a un ciclista che pedala nell’aria, come il ragazzo che vola con E. T. nel cestino della bici. Finiscono in una biblioteca di libri danzanti (uno vecchio e acciaccato viene guarito, il cuore torna a battere, un volume aperto fa da schermo per la flatline). iPad o Gutenberg, 3D o trucchi alla Méliès, che importa? Sempre storie sono, e sempre ne vogliamo.


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