Le lagne di aziende e banche non incantano Bankitalia
Le lamentele delle imprese e le proteste delle banche non incantano troppo la Banca d'Italia. L'audizione di ieri in Parlamento del direttore generale di Palazzo Koch, Fabrizio Saccomanni, contiene infatti risposte indirette sia alle aziende, che imputano agli istituti le colpe di un credit crunch ormai conclamato, sia alle banche, che da tempo indicano nelle regole vessatorie la prova di un irrigidimento dell'attività creditizia.
Le lamentele delle imprese e le proteste delle banche non incantano troppo la Banca d'Italia. L'audizione di ieri in Parlamento del direttore generale di Palazzo Koch, Fabrizio Saccomanni, contiene infatti risposte indirette sia alle aziende, che imputano agli istituti le colpe di un credit crunch ormai conclamato, sia alle banche, che da tempo indicano nelle regole vessatorie la prova di un irrigidimento dell'attività creditizia.
Credit crunch? Saccomanni ha certificato che nonostante la crisi finanziaria e la “grave recessione” le banche italiane hanno assicurato “una sostanziale continuità nell'offerta del credito”. Nel periodo 2008-11 la crescita annua del credito al settore privato dell'economia è stata pari, in media, al 3,3 per cento in Italia, contro il 2,8 per cento nell'insieme dell'area dell'euro. Proprio quest'attività ha anche generato un aumento delle sofferenze a carico degli istituti. Il numero due di via Nazionale ha poi ridimensionato la portata devastante, secondo i banchieri, delle regole per le ricapitalizzazioni decise dall'Eba, l'autorità di vigilanza europea. Lo scorso 8 dicembre l'Eba ha emanato una raccomandazione a 71 grandi banche europee per costituire un cuscinetto (buffer) addizionale di capitale tale da portare, entro la fine di giugno 2012, al 9 per cento il rapporto tra capitale di qualità più elevata (Core tier 1) e attività ponderate per il rischio.
Primo rilievo indiretto del dg di Bankitalia ai banchieri: il buffer è temporaneo, infatti sarà superato quando si attiverà il Fondo europeo salva stati. Secondo rilievo: l'Eba non ha colpito solo le banche italiane e spagnole, visto che quelle nostrane devono ricapitalizzarsi per 15,36 miliardi e quelle tedesche (privilegiate, secondo i banchieri italiani) devono rafforzarsi per 13,1 miliardi di euro. E poi, si nota da Londra, sede dell'Eba, per le banche italiane solo il 3,9 per cento dello shortfall di capitale è attribuibile alla richiesta di valutare al valore di mercato i titoli di stato nel banking book, per non dire che l'ultima raccomandazione è stata votata all'unanimità (mentre in Italia si scrive il contrario). Infine, ha detto Saccomanni cercando di rassicurare gli istituti, le raccomandazioni dell'Eba saranno seguite “con la flessibilità richiesta dall'evoluzione delle condizioni di mercato e consentita dagli sviluppi dei negoziati europei”. Come dire: non saranno imposti aumenti di capitale con ricorso al mercato ma saranno consentite operazioni alternative, in stile Santander, come quelle già allo studio di Mps. “Bankitalia flessibile? – dice al Foglio un banchiere di lungo corso del nord che chiede l'anonimato – sarebbe una novità, visto che la Vigilanza è nota per la sua inaudita rigidità sulle ponderazioni del rischio rispetto alle Vigilanze estere. Ma queste critiche non possiamo farle apertamente”.
L'Abi presieduta da Giuseppe Mussari preferisce punzecchiare il governo, troppo morbido nel chiedere modifiche all'impostazione dell'Eba e troppo penalizzante per gli istituti. Infatti, nonostante il governo Monti sia stato il primo in Europa a prevedere una garanzia pubblica per le obbligazioni bancarie, abbia deciso un maggior ricorso alla moneta elettronica al posto del contante (da tempo invocato dall'Abi che stima in 10 miliardi di euro il risparmio di costi) e che l'imposta di bollo sui conti correnti sia stata estesa anche a quelli postali, prima esenti, per Mussari “tutto si può dire tranne che questo sia un governo favorevole alle banche”. Il vertice dell'Abi ricorda almeno tre norme sfavorevoli (liquidità degli enti locali, mutui casa e commissioni sulle carte di credito) e proprio ieri ha scritto al Tesoro lamentando un costo eccessivo in Italia per la garanzia pubblica sulle emissioni di bond.
Tra una lettera e una protesta, anche le banche italiane si apprestano a bussare nuovamente allo sportello della Bce per ottenere altri prestiti triennali al tasso dell'1 per cento. Ieri il Financial Times ha stimato che, dopo l'erogazione di 489 miliardi di euro a dicembre, l'Eurotower potrebbe sborsare a richiesta altri mille miliardi di euro. Ft non gronda ottimismo: “C'è scarsa prova che i soldi stiano andando all'economia reale”, il bilancio sempre più ampio della Bce “potrebbe minacciare l'ultimo bastione di forza dell'economia globale”.
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