Tecnocrati & pedagoghi
Anche Lauren Bacall diceva a Humphrey Bogart, in “Acque del sud”, che fischiare è semplice, basta “stringere le labbra e soffiare”. Ma c'è fischio e fischio. E fischiare nei palazzi del potere non è cosa da niente: essere un whistle-blower, letteralmente il soffiatore nel fischietto, significa segnalare o denunciare comportamenti scorretti o fraudolenti dell'impresa o dell'ente pubblico in cui uno lavora. E' la figura di un nuovo civismo che avanza dall'ovest sull'onda di scandali finanziari come Enron e World.Com negli Stati Uniti o l'affare Robert Maxwell in Gran Bretagna.
Anche Lauren Bacall diceva a Humphrey Bogart, in “Acque del sud”, che fischiare è semplice, basta “stringere le labbra e soffiare”. Ma c'è fischio e fischio. E fischiare nei palazzi del potere non è cosa da niente: essere un whistle-blower, letteralmente il soffiatore nel fischietto, significa segnalare o denunciare comportamenti scorretti o fraudolenti dell'impresa o dell'ente pubblico in cui uno lavora. E' la figura di un nuovo civismo che avanza dall'ovest sull'onda di scandali finanziari come Enron e World.Com negli Stati Uniti o l'affare Robert Maxwell in Gran Bretagna. E' l'eroe di questi tempi in cui il rapporto tra etica individuale e spirito del capitalismo si è pericolosamente allentato. I paesi anglosassoni sempre in cerca di redenzione sulla terra lo hanno preso al volo e gli hanno costruito attorno misure puntuali che lo proteggono da ritorsioni e rappresaglie dei capi, e siccome nel biglietto verde comunque sempre si crede, chi denuncia una frode contro lo stato può ricevere fino al 30 per cento dei danni a cui viene condannata l'impresa fraudolenta. I media garantiscono visibilità, prestigio. Anni fa la vicepresidente di Enron andò dal suo presidente e soffiò il fischietto contro il direttore finanziario: l'Enron finì a rotoli lo stesso e lei sulla copertina di Time.
L'Italia è paese abbastanza corrotto o quanto meno poco trasparente. In dieci anni, dal 2001 al 2011, è passata dal 21esimo al 69esimo posto nella speciale classifica internazionale. Per quanto possano essere cervellotiche queste classifiche, rimanere intruppati in una zona grigia a una certa distanza anche da Cuba, non è bene né per l'immagine né per il business di una grande democrazia. Il governo ha detto che considera prioritario far regredire corruzione e concussione. Il ministro della Funzione pubblica ha istituito una commissione ad hoc. Tra le tante proposte presentate, l'introduzione del whistleblowing: il dipendente pubblico che denuncerà casi di corruzione nella pubblica amministrazione godrà dell'anonimato (urca!), sarà tutelato e premiato con una parte della somma recuperata, “a seguito di una sentenza di condanna da parte della Corte dei conti”.
Si direbbe che la tecnocrazia competente e illuminata che ci governa non voglia limitarsi alla buona amministrazione e a severe riforme ben mirate. Ma punti a fare opera quotidiana di pedagogia individuale e collettiva, a diffondere nuova cultura civile, modificare comportamenti e cattive abitudini. Governare l'Italia è bene, cominciare a cambiare gli italiani è meglio. Vasto programma e strada impervia.
Non abbiamo una particolare cultura del mercato né dei suoi attori. A differenza di quanto accade nei paesi anglosassoni, il nostro personale dilemma non sarà scegliere tra onestà verso il mercato, i consumatori, gli azionisti da un lato e dall'altro la lealtà nei confronti di colui che ci ha assunto e ci sta facendo lavorare. Ci stanno per chiedere di fare l'arbitro di calcio, di fischiare il fallo appena ne abbiamo contezza ma in una partita che difficilmente sentiremo nostra: proprio perché in campo c'è lo stato. Non è il gioco magari perverso tra singoli di cui uno viola e l'altro difende principi e valori che sulla carta tutti dovrebbero condividere: il whistleblowing rimane cosa interna allo stato, ai suoi dipendenti, al suo modo di funzionare. Certo lo stato è macchina essenziale per qualsiasi comunità ma ne è anche il simbolo meno amato, soprattutto quando molto pretende, poco dà e spesso fallisce proprio nella definizione di un interesse generale.
E' legittimo dubitare dell'efficacia di questo concitato e interessato invito a sbirciare chi si assenta o va a prendere troppo spesso un caffé. Ne dubitiamo per quel disprezzo radicato e diffuso nel nostro popolo per chiunque faccia la spia, che se la canti o più modernamente soffi il fischietto. Temiamo i corbeau, abbiamo paura dei corvi che spediscono lettere anonime per invidia, rancore, risentimento. Temiamo qualsiasi forma di legislazione premiale perché non può esserci ravvedimento sincero o vero coraggio civile quando in ballo ci sono soldi e sconti. E poi qualche soffiatore di fischietto c'è già stato. Quelli che hanno dato l'allarme sui conti Parmalat e Cirio: con i risultati che sappiamo.
Vogliono fare di noi, meticci e sangue misto da millenni, per natura caotici, ribaldi, insuperati nel tessere compromessi impensabili e nemmeno troppo confessabili, cavalieri bianchi, eroi solitari. Ci spronano a fischiare, e pare ci ricompensino pure. Dimenticano la storia del ferroviere civico. Denunciò gravi difetti di manutenzione a treni moderni che si spezzarono uno dopo l'altro nel giro di una settimana. Fu sottoposto a procedimento disciplinare, con l'addebito di aver leso l'immagine dell'azienda, e poi licenziato.
Il Foglio sportivo - in corpore sano