Campo de' Fiori a Scampia

Salvatore Merlo

Le vedette della malavita osserveranno un branco di pesci metropolitani chiusi nel loro acquario portatile, e lo faranno con la pazienza di chi accetta i fenomeni atmosferici: un refolo di vento, due gocce di pioggia. Tutti a Scampia, oggi, alle 17. Per primi arriveranno i giornalisti (anche quelli del Foglio), i taccuini, i microfoni e le telecamere: da Roma, da Milano, da Torino, col piglio degli inviati di guerra che vanno a esporsi al fuoco.

    Le vedette della malavita osserveranno un branco di pesci metropolitani chiusi nel loro acquario portatile, e lo faranno con la pazienza di chi accetta i fenomeni atmosferici: un refolo di vento, due gocce di pioggia. Tutti a Scampia, oggi, alle 17. Per primi arriveranno i giornalisti (anche quelli del Foglio), i taccuini, i microfoni e le telecamere: da Roma, da Milano, da Torino, col piglio degli inviati di guerra che vanno a esporsi al fuoco. Ci sarà qualche parlamentare, semi vip della tribuna politica, soubrette del varietà culturale arruolate su Twitter, e le buone, forse inutili, intenzioni. Con qualche accento di pensosa riluttanza, ieri, ci si è messo anche Roberto Saviano su Repubblica: occupyscampia. Pure lui. Ma il suo appello era nelle prime dieci righe, poi ha scritto di altro: boss latitanti, faida di Camorra, guerra di mafia; tanto che persino lui, alla fine, di tutta questa faccenda sembrava poco persuaso. Il fatto è che a Scampia, terra di droga e criminalità non sempre organizzata, lì dove le famigerate Vele non sono un’affettazione letteraria ma un fradicio termitaio di cemento, tutto questo demi monde dà molto sui nervi. E non alla camorra. Chi si infastidisce sono le associazioni dei volontari, quelli che ogni mattina riportano a scuola i figli dei camorristi (malgrado i padri), e che la notte raccattano per strada i tossicodipendenti riversi nel loro stesso piscio. “Una passerella mediatica. Fighettismo”, dice Ciro Corona, uno che nella periferia nord di Napoli è nato, cresciuto e lavora. Si sentono presi in giro dal coraggio turistico, dalla temerarietà sfiziosa, dalla vana emulazione, da quella pubblicitaria scimmiottatura (“occupyscampia” come “occupywallstreet”) che secondo loro contribuisce a creare la più inquinante delle atmosfere per un posto come Scampia: quella dell’inautenticità.

     Il procuratore della Repubblica di Napoli ha spiegato che a Scampia non c’è nessun coprifuoco imposto dalla camorra, non c’è niente di nuovo da scardinare, almeno non più di ieri (quando nessuno occupava Scampia) e non meno di domani (quando tutti se ne torneranno a casa loro). Lo ha ripetuto anche Ciro Corona ieri a RadioTre, lui che è l’animatore dell’associazione “Resistenza”. “Qui non c’è nessun coprifuoco”. Nessuna urgenza di scampagnare qualche milanese o romano per il fine settimana. “Come garibaldini verranno a occupare, ma per fare cosa? A che serve? Una passerella di vanità. Se qui ci fosse stato per davvero il coprifuoco della camorra, nessuno si sarebbe permesso di dire ‘occupiamo Scampia’”. Ci sarà la bionda e appassionata collaboratrice di Michele Santoro, Giulia Innocenzi, che ieri twittava, come altri: “Voglio troppo essere a #occupyscampia: contro il coprifuoco dei boss festa e tende. Mi sto organizzando”. Ed è certo una prova di buoni sentimenti. Ma i volontari dell’anticamorra non partecipano, per loro niente festa e niente tende. Lo spirito arrembante non è per loro. Osservano la sfilata con un pensiero, fisso nello sguardo: i soli emarginati di cui questo demi monde televisivo abbia conoscenza diretta sono il garzone idraulico che probabilmente vota Storace, e il garzone benzinaio, che considera pressoché miracoloso il fatto di aver servito una volta Jerry Scotti con un pieno di super. Campo de’ Fiori a Scampia, cioè un certo modo di essere impegnati, mondani, di sinistra e borghesi. Una mobilitazione che si è originata da un cortocircuito, quando Pina Picierno, giovane e rodomontesca deputata del Pd, il 30 gennaio legge un titolo (poi smentito) sul Mattino di Napoli: “Coprifuoco a Scampia”. Parte un tweet. “I clan impongono il coprifuoco, come se quel territorio fosse #cosaloro. Gli facciamo capire che non è così? #basta! #occupyscampia”. Su Twitter si lanciano sassolini da centoquaranta battute, poche sfumature, pensiero (quando c’è) breve. Il sassolino affonda e rimangono i cerchi che si espandono sulla superficie dell’acqua: da inner circle a inner circle, di deputato in deputato, giornalista in giornalista, semi vip in semi vip: “Occupyscampia” (e poco ormai importa che non ci sia nessun coprifuoco camorrista).

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.