Il caso Capello e la giustizia inglese che si lascia scappare l'islamista

William Ward

Non capita spesso nel Regno Unito che un italiano, parlando in italiano, venga citato come prima notizia nei tele/radiogiornali. Ma qui c’entrano il calcio e la giustizia e il razzismo, così le critiche alla Football Association di Fabio Capello – dimessosi ieri sera dalla panchina della nazionale inglese proprio per questa storia –  sono diventate a lungo notizia del giorno. Il motivo: John Terry, capitano geniale e talentuoso della Nazionale, è stato sollevato dall’incarico per sospetta “offesa razzista”.

    Non capita spesso nel Regno Unito che un italiano, parlando in italiano, venga citato come prima notizia nei tele/radiogiornali. Ma qui c’entrano il calcio e la giustizia e il razzismo, così le critiche alla Football Association di Fabio Capello – dimessosi ieri sera dalla panchina della nazionale inglese proprio per questa storia –  sono diventate a lungo notizia del giorno. Il motivo: John Terry, capitano geniale e talentuoso della Nazionale, è stato sollevato dall’incarico per sospetta “offesa razzista”, tema quanto mai divisivo in un paese in cui la stramaggioranza dei cittadini, e non pochi esponenti della classe politica, si sentono oppressi dal dogmatismo inquisitivo delle norme sull’antirazzismo.

    Seconda notizia di giornata: il terrorista di origine giordana Abu Qatada, rappresentante più o meno ufficiale nel Regno Unito di al Qaida, un signore che vorrebbe l’occidente distrutto e gli ebrei sterminati, sta per uscire dal carcere, con tanto di scuse. Le reazioni indignate della classe politica al (quasi) completo non sono valse a nulla contro la decisione della Corte europea dei diritti umani, che il 17 gennaio ha deciso che Abu Qatada “non può essere deportato in Giordania”, dove è stato condannato in absentia all’ergastolo per terrorismo, “perché esiste il rischio di torture durante il secondo processo”, nonostante le rassicurazioni di Amman. E’ la prima decisione  della Corte fatta in base all’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti umani, un “first” lusinghiero per “l’imam deviato” che è stato espulso da quasi ogni moschea d’Inghilterra. La sentenza è stata confermata da una decisione ancora più incredibile dello Special Immigration Appeals Committee, un apposito ente giuridico inglese in genere molto garantista secondo il quale Abu Qatada va subito messo ai domiciliari e gli va garantito il diritto a due ore di libertà per accompagnare i suoi (tantissimi) figli a scuola.

    Il Daily Mail laconico titolava: “Terrorist can take his children to school”; ma il giudice Mitting ha ammonito il governo (che vorrebbe deportarlo in Giordania) che se Amman non offre “prove convincenti” Abu Qatada sarà rilasciato tout court. I costi per il welfare inglese sono alti (così come la sensibilità di tutti, cittadini e politici, ai costi), visto che l’imam vive a spese del paese che vorrebbe distruggere da ormai vent’anni. Terry, che forse ha insultato un rivale in campo due anni fa in un momento di tensione (lui nega), sta invece per essere processato per “razzismo aggravato”. In attesa degli Europei, la Football Association ha pensato bene di licenziarlo. Come chiosa Capello, non era forse qui, nella culla dell’habeas corpus, che un uomo era innocente finché il tribunale non l’avesse trovato colpevole? Eppure le ideologie del politicamente corretto sono riuscite a storpiare anche la giustizia inglese. Incastrata tra islamismo e razzismo, è già prigioniera.