Il Cav. e l'interlocutore al top

Salvatore Merlo

Silvio Berlusconi lo ha ripetuto ieri guardando negli occhi Gaetano Quagliariello, che a Palazzo Grazioli gli esponeva le ultime novità nei negoziati sulla riforma elettorale: “A me piacerebbe sul serio aprire una fase costituente con il Pd. L'esperienza Monti funziona”. E Quagliariello: “La legge elettorale la si può modificare anche in modo tale da arrivare al 2013 nelle condizioni ideali per una grande coalizione alla tedesca”.

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    Silvio Berlusconi lo ha ripetuto ieri guardando negli occhi Gaetano Quagliariello, che a Palazzo Grazioli gli esponeva le ultime novità nei negoziati sulla riforma elettorale: “A me piacerebbe sul serio aprire una fase costituente con il Pd. L’esperienza Monti funziona”. E Quagliariello: “La legge elettorale la si può modificare anche in modo tale da arrivare al 2013 nelle condizioni ideali per una grande coalizione alla tedesca”. Sono suggestioni, peraltro sgraditissime ad alcuni nel Pdl come Altero Matteoli (“Non si farà mai con il mio voto”), ma il sogno del Cav. è oggetto di chiacchiere anche nel Pd, se è vero, com’è vero, che Matteo Orfini (membro della segreteria Bersani) da qualche tempo dice che “con una riforma proporzionale si disegna l’architettura perfetta per una Grosse Koalition Pd, Pdl, Udc”.

    Mario Monti, in poche parole, in un video pubblicato ieri da Time, è riuscito a spiegare agli americani le ragioni psicologiche e politiche che hanno portato il Cavaliere a una posizione di euforico sostegno al governo tecnico. “Penso che Berlusconi stia vedendo crescere la sua credibilità, la sua reputazione e la sua considerazione internazionale come uomo di stato in conseguenza del suo appoggio al meccanismo di trasformazione che abbiamo messo in campo in Italia. Cosa che, per quanto mi riguarda, è più che benvenuta”. Il sogno di Berlusconi è quello del finale glorioso, del rilancio personale, come hanno capito benissimo per primi Monti e Giorgio Napolitano: le riforme per chiudere in bellezza. E che la “legittimazione”, nazionale e internazionale, sia il desiderio più carezzevole per il Cavaliere, in questi giorni lo dicono in toni più prosaici anche gli intimi di Palazzo Grazioli: “Al presidente non gli par vero di ricevere elogi dal Corriere della Sera e dalla Stampa”. Ragione per la quale, secondo i maligni, Repubblica avrebbe invece deciso di boicottare il dialogo e guidare per quanto possibile il partito della zizzania, spingendo anche Bersani (martedì scorso) a dire: mai un governissimo, l’esperienza Monti finisce con questa legislatura; insomma: non si fa il Cln con Mussolini, cioè guai a legittimare Berlusconi.

    Ma il Cavaliere ha qualche asso nella manica, qualche alleato insperato (almeno così dicono a via del Plebiscito, a casa sua). Tutto passa dai rapporti con Monti e da quelli con il suo ispiratore istituzionale: Giorgio Napolitano. Daniela Santanchè, la quale misura le piccole oscillazioni quotidiane del capo, dopo aver elogiato Monti e il suo governo adesso forse rivela anche il senso più profondo dell’incontro segreto di qualche giorno fa tra il capo dello stato e il Cavaliere: “Prima di tutti e sopra tutti il nostro interlocutore è Napolitano”, dice. Il presidente della Repubblica è per il Cavaliere il contrafforte del dialogo, l’unico in grado di proteggere il Pd (e Bersani) da se stesso e dai suoi atavici riflessi antiberlusconiani, perché – pensano al Quirinale – “affinché l’Italia si salvi è necessario tenere dentro anche Berlusconi. Fino in fondo”. Anche a costo di legittimarlo, come non vorrebbe una parte del centrosinistra. D’altra parte la lettera che il Quirinale ha inviato pochi giorni fa al Giornale di Alessandro Sallusti, al Cavaliere e alla sua corte è sembrata un’esplicita mano tesa. “Un fatto politico, degnissimo di nota”, dicono. Il portavoce del presidente, Pasquale Cascella, attribuiva infatti a Giulio Tremonti un ruolo decisivo negli eventi che avrebbero poi portato alle dimissioni di Berlusconi da Palazzo Chigi. Come dire: il problema ce l’avevate in casa, era il ministro dell’Economia, io ho solo preso atto di una mancanza di collegialità, e di sufficiente concordia, all’interno dell’esecutivo.

    Berlusconi è insondabile per natura e mobile per carattere, mentre la corte che propala spesso conduce giochi pro domo sua; dunque chissà. Eppure qualcosa succede nel Palazzo, e sullo sfondo rimane la riforma elettorale. Il Cav. non ha le idee chiare, ma non vuole passare per quello che bluffa: ieri ha detto di andare avanti. Il modello è proporzionale, quello giusto per costruire una grande coalizione. Spiegano gli ambasciatori: “Se entro dieci giorni non si incontreranno Bersani, Casini e Alfano vorrà dire che non se ne fa niente”.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.