Bruxelles mon amour

Così il governo Monti chiederà all'Europa di fare i compiti a casa

Michele Arnese

I “compiti a casa” per l’Italia stanno per essere completati, visto che è in dirittura d’arrivo anche la riforma del mercato del lavoro alla quale sta lavorando il ministro Elsa Fornero. Non mancheranno altre innovazioni per ravvivare la crescita, come quelle che ha allo studio in particolare il dicastero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture retto da Corrado Passera.

    I “compiti a casa” per l’Italia stanno per essere completati, visto che è in dirittura d’arrivo anche la riforma del mercato del lavoro alla quale sta lavorando il ministro Elsa Fornero. Non mancheranno altre innovazioni per ravvivare la crescita, come quelle che ha allo studio in particolare il dicastero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture retto da Corrado Passera. Ma a Palazzo Chigi si dice, senza alcun sentimento scettico verso l’Unione europea, che adesso è giunta l’ora che anche l’Europa faccia alcuni “compiti a casa”.

    A seguire per conto del premier Mario Monti il dossier è uno dei ministri più in sintonia, anche per una lunga collaborazione a Bruxelles con l’ex commissario europeo, ossia Enzo Moavero, alla guida del ministero degli Affari europei. Beninteso, si fa notare alla presidenza del Consiglio, l’accordo intergovernativo per il Fiscal compact che incardina ulteriormente rispetto al Six Pack dello scorso anno la disciplina delle finanze pubbliche sia per il deficit che per il debito deve essere ancora firmato dal Consiglio europeo del prossimo primo marzo.

    Comunque l’Italia porrà nelle prossime riunioni del Consiglio europeo alcune richieste ben precise, come quella di migliorare anche la governance dell’Unione e soprattutto l’azione a favore della crescita, come spiega il ministro Moavero in una conversazione con il Foglio, mentre è ancora in corso la visita del premier Monti negli Stati Uniti: “Chiederemo alla Commissione Ue che proceda, con la stessa attenzione con cui vigila sulle iniziative degli stati e quindi dell’Italia, a una seria verifica dell’impatto delle liberalizzazioni – spiega il ministro – Se crediamo veramente che le liberalizzazioni siano un fattore di crescita, come lo sono, devono però essere non solo ideate e legiferate ma realizzate”.
    Moavero, in altri termini, chiederà un esame dell’impatto delle varie direttive europee di liberalizzazione: “Sono state decise le liberalizzazioni di trasporti, energia e telecomunicazioni. Ma mentre le telecomunicazioni sono una realtà liberalizzata in larga misura, ci chiediamo se una concorrenza di effettiva scala europea esista veramente in settori chiave come l’energia o i trasporti”. E l’Italia, aggiunge il ministro, come ha sottolineato anche tre giorni fa in un’audizione in Parlamento, “ha liberalizzato molto di più di ciò che si creda, anche in passato, perché non è che le abbiamo iniziate noi le liberalizzazioni, sono una realtà del nostro paese da molti anni”. In Italia, secondo Moavero, “è stato liberalizzato notevolmente nei settori dei trasporti e dell’energia, è stato creato un ambiente più favorevole alla concorrenza interna, ma poi le nostre aziende ci spiegano che quando vogliono andare altrove, in Europa trovano spesso difficoltà e intralci”.

    Tra i “compiti a casa” per l’Europa, si possono annoverare anche i project bond per le infrastrutture. I project bond, sui quali da tempo in sede europea spingeva anche l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, “sono bond europei finalizzati alla realizzazione di infrastrutture – spiega il ministro – Non sono ancora quantificati, ma dovrebbero avere un ruolo molto importante per amplificare l’ammontare dei finanziamenti a disposizione”. Sono due le ragioni per cui l’Italia guarda con favore ai project bond: da un lato “affrontano in modo nuovo a livello europeo la questione delle spese d'investimento”; dall’altro lato “potrebbero favorire nei tempi necessari una riflessione su altri tipi di bond europei”. I project bond, quindi, possono avere una realizzazione più veloce e meno contestata, dice in sostanza Moavero.

    Tra gli altri “compiti a casa” che dovrà svolgere l’Europa, il ministro conferma le indiscrezioni della scorsa settimana del Foglio su una sorta di spending review relativa ai fondi europei assegnati all’Italia che il governo Monti intende perseguire in accordo con gli altri paesi dell’Unione europea. “Inquadriamo bene la questione”, dice però Moavero: “Innanzitutto l’Italia è tra i contribuenti netti, cioè è uno degli stati che versano all’Unione più di quanto ricevano”. Lo scarto è stato nel 2010 di circa 4-4,5 miliardi di euro. Anche per questo “dobbiamo migliorare ulteriormente la nostra capacità effettiva di spesa dei fondi assegnati al nostro paese, alle nostre regioni, perché spesso non sono utilizzati nei tempi previsti”. All’Ue l’Italia chiede anche “una profonda riflessione con riguardo alla semplificazione delle procedure amministrative con cui vengono erogati i fondi sulla base dei bandi di gara europei”. “Vogliamo – aggiunge Moavero – un bilancio dell’Ue trasparente ed equo”.

    Il governo Monti, in altri termini, chiederà di rivedere il meccanismo che concede ad alcuni paesi, come l’Inghilterra, la Germania, l’Olanda e la Svezia i cosiddetti sconti sui contributi da versare all’Unione europea. Lo scenario, visto da Palazzo Chigi, è il seguente: la proposta della Commissione europea sulle nuove prospettive finanziarie dell’Unione europea per il periodo 2014-2020 divide i 27. Un blocco di stati, guidato da Germania, Francia e Gran Bretagna, la ritiene eccessiva e chiede un contenimento del bilancio. Un altro, che include Spagna, Grecia e Irlanda, difende il piano: “L’Italia – svela Moavero – si colloca in una posizione intermedia, conformemente alle conclusioni cui sono pervenuti i ministri interessati dopo i lavori del tavolo tecnico sul tema fra tutte le amministrazioni”. “Prima di chiedersi se ridurre le spese del bilancio – che nella proposta della Commissione sarebbe in totale poco più dell’1 per cento del pil dell’Unione – bisogna analizzarlo bene nei dettagli e definire meglio alcuni capitoli fondamentali come l’agricoltura, la politica della coesione e della ricerca”. “Il governo quindi – conclude il ministro – vuole conoscere bene le ragioni che hanno indotto la Commissione a proporre certi parametri e criteri e non altri”. L’Italia, infine, è pure contraria a “rubriche fuori bilancio”, mentre l’attuale proposta della Commissione di Bruxelles prevede al di fuori del piano-base progetti molto importanti come Iter, il progetto internazionale per l’energia da fusione.