Le edicole? Piene di “gatti morti”, dice il direttore del New Yorker
“Mi invitavano a queste lunghe cene dove vigeva il mantra evangelico che l’informazione dovesse essere gratuita per tutti. Non mi tornava questa cosa: le storie di qualità, verificate, documentate, costano. E noi siamo un’impresa commerciale, non c’è logica nel dare tutto via gratis. I giornali che l’han fatto, hanno peggiorato la propria situazione e sono stati velocemente costretti a correre ai ripari con formule che spesso risultano incomprensibili ai lettori”. L’ha detto recentemente David Remnick, direttore del prestigioso New Yorker.
“Mi invitavano a queste lunghe cene dove vigeva il mantra evangelico che l’informazione dovesse essere gratuita per tutti. Non mi tornava questa cosa: le storie di qualità, verificate, documentate, costano. E noi siamo un’impresa commerciale, non c’è logica nel dare tutto via gratis. I giornali che l’han fatto, hanno peggiorato la propria situazione e sono stati velocemente costretti a correre ai ripari con formule che spesso risultano incomprensibili ai lettori”. L’ha detto recentemente David Remnick, direttore del prestigioso New Yorker, parlando a una conferenza organizzata da All Things D, blog tecnologico del Wall Street Journal.
Al contrario di quello che si potrebbe credere però, il direttore del New Yorker è tutt’altro che un talebano della carta stampata: “La versione per iPad è la continuazione naturale del nostro lavoro, ci aiuta a migliorare quello che facciamo bene. Il lungo pezzo di Ryan Lizza su come è cambiata la strategia di Obama che abbiamo pubblicato a gennaio, ad esempio, era basato su documenti molto importanti cui Ryan ha avuto accesso. Quei documenti sono consultabili sulla versione tablet del giornale”.
Non l’idea di un Web in sostituzione di quanto fatto finora, sostiene Remnick, ma uno strumento per sfruttare al meglio le potenzialità della rivista. “Il digitale è un ottimo modo per creare del materiale supplementare e una splendida opportunità per distribuire meglio quello che facciamo. Se l’iPhone è il modo migliore di leggere il New Yorker? Non credo, ma c’è chi lo fa. L’iPad invece lo trovo perfetto. Il New Yorker su iPad è bello. E questo per i lettori è fondamentale”. Il modello del New Yorker è plasmato sulle idee di Remnick: on line niente contenuti gratis dalla rivista, ma accesso completo a blog e commenti brevi a cura delle prestigiose firme del giornale. E grande cura della versione per iPad, consultabile a pagamento. I dati sembrano dargli ragione: fra abbonamenti misti e digitali più di duecentomila persone leggono il New Yorker a pagamento sui device, che invece su carta ha circa un milione di abbonati. Se si pensa che l’applicazione del New Yorker esiste da soli 15 mesi, i numeri sono considerevoli. “Se ci sarà il New Yorker fra vent’anni? Di sicuro. Se sarà di carta? Lo deciderà il mercato. Quando apro il New York Times la domenica mattina – ha chiosato Remnick – i miei figli lo guardano come fosse un gatto morto. E li capisco. Per i quotidiani la strada è segnata. Per i magazine non lo so. Il New Yorker di carta è tecnologicamente avanzato: è leggero, lo arrotoli e lo metti in borsa”.
Non tutti sono il New Yorker però, e di sicuro non lo sono i quotidiani, i “gatti morti” per i pargoli di casa Remnick, chiamati a fronteggiare l’emorraggia di vendite del cartaceo e la refrattarietà dei lettori a pagare per l’informazione on line. Si prenda il caso del quotidiano francese La Tribune, che ha cessato di uscire in edicola agli inizi di febbraio per trasferirsi solo su Web. La prima mossa del nuovo corso è una drastica riduzione degli assunti: restano in 50 dei precedenti 365. Il contenimento dei costi è la prima cosa con cui devono fare i conti tutti i giornali nati nell’era pre Internet.
Poi ci sono i casi dei media nativi digitali. Deludenti nel settore, rispetto alle aspettative, i numeri di The Daily, il quotidiano per solo iPad lanciato in pompa magna da Murdoch nel 2011. Ma se successo non è stato, non si può neanche parlare di fallimento: con 100.000 abbonati, il break even è previsto in 5 anni. Il difetto del Daily è la pressoché totale irrilevanza, data dal mix di poca autorevolezza e chiusura a ogni interazione col Web. Ultima citazione per chi sta puntando sull’accesso free ai propri contenuti e sulla massima circolazione di essi. Questa capacità virale è il punto di forza di BuzzFeed, sito fino a poco tempo fa dedicato a contenuti leggeri e da dicembre diretto da Ben Smith, giornalista che già fece la fortuna di Politico. Perché Ben Smith e perché contenuti seri da affiancare alle foto di gattini? “Perché le pagine di Facebook dei nostri lettori sono già così: storie sulla primavera araba di fianco a foto dei nipotini” dice il fondatore Peretti, il quale ha scelto Smith perché “nulla è più virale degli scoop e delle notizie”.
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