Il paradosso di Romney
Dopo la vittoria convincente in Florida, sembrava che la corsa di Mitt Romney verso la conquista della nomination repubblicana per la sfida campale di novembre contro Barack Obama fosse in discesa. Pochi giorni dopo, però, le sconfitte in serie in Minnesota, Missouri e Colorado hanno rimesso tutto in gioco. La vittoria di sabato scorso in Maine (seppur per una manciata di voti e con il solo Ron Paul a sfidarlo) non ha cancellato i dubbi sulla debolezza di colui che continua a essere considerato “il candidato dal profilo più eleggibile” che attualmente il Grand Old Party possa offrire.
Dopo la vittoria convincente in Florida, sembrava che la corsa di Mitt Romney verso la conquista della nomination repubblicana per la sfida campale di novembre contro Barack Obama fosse in discesa. Pochi giorni dopo, però, le sconfitte in serie in Minnesota, Missouri e Colorado hanno rimesso tutto in gioco. La vittoria di sabato scorso in Maine (seppur per una manciata di voti e con il solo Ron Paul a sfidarlo) non ha cancellato i dubbi sulla debolezza di colui che continua a essere considerato “il candidato dal profilo più eleggibile” che attualmente il Grand Old Party possa offrire. Ma è ancora così, o le performance di Santorum hanno messo in discussione l’unica certezza in una destra disorientata e affannosamente impegnata nella ricerca di una valida alternativa a Obama?
Il dibattito è aperto, e mai come in questo momento (neppure dopo la pesante sconfitta in South Carolina) l’ex governatore del Massachusetts è apparso in difficoltà. Paradossalmente, una buona notizia per lui è giunta da dove meno se la sarebbe attesa: la Conservative Political Action Conference di Washington, consueto raduno annuale dei conservatori. Nel voto informale che ha concluso la conferenza politica, Romney a sorpresa si è piazzato davanti a tutti con un lusinghiero 36 per cento dei consensi, staccando di cinque lunghezze Rick Santorum. Le buone notizie per il milionario mormone finiscono però qui, dal momento che pessimi segnali giungono per lui dai primi sondaggi sulle primarie del Michigan. Secondo le ultime rilevazioni, infatti, perderebbe di ben quattordici punti nello stato da cui proviene la sua famiglia. Sarebbe una sconfitta pesante, e la potente macchina da guerra di Romney è già al lavoro per confezionare spot pubblicitari mirati a sgretolare l’immagine del suo principale antagonista, il conservatore cattolico Santorum.
Anche su quest’ultimo, tuttavia, i dubbi sulla reale competitività in caso di sfida contro Obama non accennano a diminuire: Bloomberg Businessweek ricorda che Santorum perse nel 2006 in Pennsylvania la gara per la rielezione al Senato. E non si trattò di una sconfitta all’ultimo voto: 18 punti lo separarono dal candidato democratico. Il quadro per i repubblicani si fa sempre più preoccupante e a gioire della crisi e della spaccatura profonda tra le anime della destra è primo fra tutti Barack Obama.
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