Imbarazzi confindustriali

Sull'art.18 lo storico della Fiat giustifica Marcegaglia

Michele Arnese

Sarà pur vero che l’articolo 18 “sarà affrontato per ultimo”, come ha detto ieri il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nell’incontro per la riforma che sarà pronta entro i primi di marzo. Eppure è in particolare sulla flessibilità in uscita che si concentrano le critiche della Fiom e della Cgil, oltre alle perplessità di Cisl e Uil e allo scarso entusiasmo della Confindustria. Non è un caso: Emma Marcegaglia appoggia per la sua successione il candidato Giorgio Squinzi, patron di Mapei, che non inserisce il superamento dell’articolo 18 tra le priorità.

    Sarà pur vero che l’articolo 18 “sarà affrontato per ultimo”, come ha detto ieri il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nell’incontro per la riforma che sarà pronta entro i primi di marzo. Eppure è in particolare sulla flessibilità in uscita che si concentrano le critiche della Fiom e della Cgil, oltre alle perplessità di Cisl e Uil e allo scarso entusiasmo della Confindustria. Non è un caso: Emma Marcegaglia appoggia per la sua successione il candidato Giorgio Squinzi, patron di Mapei, che non inserisce il superamento dell’articolo 18 tra le priorità, a differenza dell’altro candidato alla presidenza della confederazione di Viale dell’Astronomia, Alberto Bombassei, che come vicepresidente di Marcegaglia per le relazioni industriali si è trovato spesso in dissenso rispetto alla linea moderata e concertativa di Marcegaglia e Squinzi. A ripercorrere le tappe di questo dissidio è ora Giuseppe Berta, storico dell’industria e della Fiat, in un saggio per “l’Annuario del lavoro 2011”, appena pubblicato. L’avvicendamento al vertice di Confindustria fra Luca Cordero di Montezemolo e Marcegaglia ha scandito un ulteriore allentamento dei legami fra Lingotto e Viale dell’Astronomia, dice Berta. Inoltre la Federmeccanica, “affidata da Marcegaglia a un imprenditore che è anche un vecchio amico di famiglia, Pier Luigi Ceccardi”, “non è stata solerte nel raccogliere le sollecitazioni provenienti da Torino”.

    Così per il Lingotto la figura di riferimento è diventata Alberto Bombassei, “che con la sua Brembo, produttrice di sistemi frenanti, intrattiene da sempre un forte vincolo con Torino e l’industria dell’auto”. Ma nella seconda metà del 2010 è “emerso un senso di estraneità della Fiat rispetto all’organizzazione confindustriale”. L’accordo separato firmato a Pomigliano ha fatto da detonatore. Le due priorità di Marchionne – la governabilità degli impianti e l’esigibilità dei contratti – hanno aperto un solco con Confindustria. Dopo l’intesa raggiunta anche a Mirafiori, fu chiaro che “l’associazione imprenditoriale si rendeva conto che la strada imboccata creava a essa dei problemi che non era pronta a risolvere”. Secondo lo storico dell’industria, “non era nell’interesse e nel raggio d’azione del sistema confederale favorire un decentramento negoziale totale con il depotenziamento della contrattazione negoziale”. Con questa impostazione sono stati naturali i successivi comportamenti della Confindustria. Prima l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 anche con la Cgil che dilatava il raggio della contrattazione aziendale ma aveva due difetti secondo Marchionne: l’accordo non aveva valore retroattivo, quindi di fatto disconosceva le intese separate in casa Fiat, e gli accordi aziendali prevedevano il sì dei sindacati provinciali. Così il 3 ottobre Marchionne annuncia l’addio della Fiat a Confindustria “accusando l’associazione imprenditoriale di fare politica”.

    L’arrocco di Viale dell’Astronomia è stato certificato con l’articolo 8 della manovra dell’agosto 2011 del governo Berlusconi. L’articolo 8 riconosceva retroattivamente il valore degli accordi firmati per gli stabilimenti Fiat e consentiva anche ampie deroghe ai contratti nazionali e allo Statuto dei lavoratori (compreso l’articolo 18). “La Fiat aveva ottenuto la misura di legge che aveva auspicato”, dice Berta. Ma anche in questo caso Confindustria “si mostrava sensibile alle sollecitazioni sindacali per l’attenuazione della norma” e il 21 settembre firmava con le confederazioni una nuova intesa attuativa dell’accordo del 28 giugno che limitava la portata dell’articolo 8, subordinandola al consenso delle parti sociali.

    Nell’autunno del 2011, ricostruisce Berta, “lo scioglimento dello storico rapporto con la Fiat portava ad accentuare un profilo di continuità col passato, che faceva dell’associazione imprenditoriale il garante del sistema di relazioni industriali come s’era configurato nel corso del tempo”. “Tra la Fiat e i sindacati, la Confindustria aveva mostrato di privilegiare il rapporto con i secondi”. Di qui “le accuse recate al conservatorismo confindustriale e cavalcate strumentalmente dal governo di centrodestra”. Lo storico bocconiano giunge anche ad analizzare in chiave positiva l’azione di Marcegaglia: “Ella appare come un volto nuovo della scena pubblica, capace di parlare senza reticenze al governo e di conquistare un ascolto che non riesce più a guadagnarsi chi proviene dall’inner circle della politica”.