Il libro sull'armata segreta che Obama infila in casa ai suoi alleati

Daniele Raineri

Marc Ambinder è il corrispondente dalla Casa Bianca per il National Journal e scrive anche per l’Atlantic, il mensile più bello edito in America. Il suo vantaggio competitivo sugli altri giornalisti Ambinder se lo è conquistato con retroscena che sono sempre meno politici e sempre più militari e spionistici. Sintomo dei tempi: l’Amministrazione Obama si è ritirata dall’Iraq, sta annunciando il calendario di ritiro dall’Afghanistan e ha ucciso Osama bin Laden, ma le forze speciali, il terrorismo e i complotti in Pakistan occupano uno spazio ancora più grande che negli anni passati al centro del discorso politico.

    Marc Ambinder è il corrispondente dalla Casa Bianca per il National Journal e scrive anche per l’Atlantic, il mensile più bello edito in America. Il suo vantaggio competitivo sugli altri giornalisti Ambinder se lo è conquistato con retroscena che sono sempre meno politici e sempre più militari e spionistici. Sintomo dei tempi: l’Amministrazione Obama si è ritirata dall’Iraq, sta annunciando il calendario di ritiro dall’Afghanistan e ha ucciso Osama bin Laden, ma le forze speciali, il terrorismo e i complotti in Pakistan occupano uno spazio ancora più grande che negli anni passati al centro del discorso politico. L’ultimo lavoro fatto per l’Atlantic, un reportage su quanto è sicuro o non è sicuro l’arsenale nucleare in mano a Islamabad, faceva rizzare i capelli: ossessionati dall’idea che gli americani prendano con la forza gli ordigni, i militari pachistani li spostano da una base all’altra, ma per non dare troppo nell’occhio non usano convogli speciali con una scorta, ma comunissimi furgoncini che si mescolano al traffico delle città. Con il rischio che i terroristi addentellati nello stato – che è la definizione di politica pachistana – vengano a sapere in anticipo il momento e il luogo di uno di questi trasferimenti e s’impadroniscano di una bomba nucleare. Il governo di Islamabad e l’establishment militare hanno negato all’unisono.

    Ambinder ha appena pubblicato un libro, “The Command: Deep Inside the President’s Secret Army”, che si occupa del Jsoc, il comando delle forze speciali impegnato nelle missioni più rischiose e delicate, dall’attacco contro il nascondiglio di Bin Laden al salvataggio, questo mese in Somalia, di due ostaggi, e contiene altre informazioni sconvenienti. Proprio mentre le relazioni tra Pakistan e Stati Uniti sono al loro punto più basso, irreparabilmente avvelenate dalla diffidenza reciproca, uno stralcio pubblicato ieri sul sito dell’Atlantic rivela come Washington ha infiltrato dozzine di spie e di forze speciali nel paese asiatico all’insaputa del governo alleato. Dopo il terremoto che nel 2005 uccise 75 mila persone  nell’area del Kashmir l’intelligence americana ne approfittò per inserire – aggirando i controlli concordati con il controspionaggio pachistano – i suoi uomini travestiti da soccorritori e specialisti in aiuto e ricostruzione. Il Kashmir confina con le aree tribali infestate da al Qaida, dove i terroristi godono del benevolo disinteresse dell’intelligence locale. Il programma di sorveglianza segreto aveva come nome in codice “Screen Hunter”, era ambizioso e ha poi graziato con i suoi risultati i sei anni successivi di politica americana, soprattutto gli ultimi. Tracciare gli spostamenti delle bombe atomiche pachistane, identificare gli agenti dell’intelligence locale simpatizzanti con al Qaida, scovare i terroristi. Un altro programma parallelo rivelato da Ambinder spiega che a partire dal 2006 – come si sospetta ormai da anni – le forze speciali americane sconfinano da ovest, scavalcando il confine con l’Afghanistan. Il nome in codice questa volta è “Vigilant Harvest”. Squadre piccole, di tre o quattro operatori, che passano temporaneamente sotto il comando della Cia, per aiutare i droni e i satelliti a dare la caccia alla rete di attivisti che tiene in vita al Qaida. “Alcune volte il Pakistan ne è a conoscenza; altre no” (e sparano dal confine). Gli operatori americani dispongono di telefoni cellulari speciali, criptati, che i servizi pachistani non riescono a intercettare e decifrare.

    L’Amministrazione Obama sostiene che a partire da metà 2011, dopo il raid di Abbottabad, quando la tensione fra i due governi è salita troppo, tutti i membri del Jsoc sono stati spostati fuori dal Pakistan, eccezion fatta per alcuni istruttori (facili da trovare, dice Ambinder, sempre grazie al telefonino magico). Oggi i Navy Seal e la divisione Attività speciali della Cia attraversano il confine per colpire i militanti quando il Pakistan non lo fa.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)