La capitolazione di Wulff
Merkel non batte ciglio anche se il presidente voluto da lei si dimette
Alla fine anche Christian Wulff si è arreso. Come il suo predecessore Horst Köhler, anche lui ha occupato lo scranno più alto del paese per poco più di un anno. Per fortuna i tedeschi, almeno quei pochi che l’hanno sostenuto fino all’ultimo, non sono superstiziosi. Sennò dovrebbero pensare che la visita di un paio di giorni fa in Italia gli abbia portato sfortuna. Anche perché è difficile non cogliere alcuni parallelismi con le vicende italiane degli ultimi anni.
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Alla fine anche Christian Wulff si è arreso. Come il suo predecessore Horst Köhler, anche lui ha occupato lo scranno più alto del paese per poco più di un anno. Per fortuna i tedeschi, almeno quei pochi che l’hanno sostenuto fino all’ultimo, non sono superstiziosi. Sennò dovrebbero pensare che la visita di un paio di giorni fa in Italia gli abbia portato sfortuna. Anche perché è difficile non cogliere alcuni parallelismi con le vicende italiane degli ultimi anni. Come faceva notare ieri Michael Naumann, un tempo ministro della Cultura sotto Gerhard Schröder, e oggi direttore del mensile di attualità politica “Cicero”: “E’ la prima volta nella storia della Repubblica federale che un politico di spicco si dimette spontaneamente in seguito a sospetti che fino a prova contraria tali restano a tutt’oggi”. Ma il battage mediatico (guidato dalla Bild che gli stava alle calcagna dal 12 dicembre e mai ha mollato la presa) che giorno dopo giorno ha ingigantito l’affaire Wulff è sfociato infine nell’apertura di un’inchiesta a suo carico, e nella richiesta al Bundestag da parte della procura di Hannover di togliergli l’immunità.
Il fascicolo a suo carico è stato aperto per un soggiorno nel 2007 con l’attuale moglie in un albergo di lusso sull’isola di Sylt (la Capri del mare del Nord). Soggiorno costato 780 euro e, così dicono gli accusatori, pagato da un amico manager in vacanza con loro. Wulff invece ha sempre sostenuto di aver poi saldato la propria parte in contanti all’amico. Il presidente ha resistito fino all’ultimo, i primi di gennaio si era sottoposto anche a un’intervista/interrogatorio su uno dei canali pubblici, ribadendo che nonostante qualche intemperanza (come le minacce lasciate sulla segreteria telefonica del direttore della Bild) non intendeva dimettersi. Ma la notizia arrivata da Hannover ha fatto capire che il tempo è scaduto. E così ieri, con una dichiarazione scarna e veloce, ha comunicato le sue dimissioni.
Tre minuti e mezzo, sufficienti per accusare i media, dopo aver ribadito di non aver mai abusato della sua precedente carica di governatore della Bassa Sassonia, e di non aver mai approfittato del suo ruolo per assicurarsi privilegi. Ulrike Herrmann sulla Taz (l’equivalente del manifesto) si chiede ora il perché di tanto rigore per 780 euro, quando ai tempi del potente governatore della Baviera, Franz Josef Strauss, di cui era ben nota la propensione al clientelismo, si soprassedeva volentieri. Così come si è soprasseduto al fatto che la campagna elettorale del 1998 di Gerhard Schröder era stata finanziata con 650 mila marchi da un suo amico multimilionario. I tempi sono cambiati, sentenzia Herrmann, il cittadino tedesco non tollera più nemmeno l’idea di corruzione.
Per Merkel la vicenda Wulff che contraccolpi potrà avere? I giornali ieri davano ragione alla Kanzlerin, la quale a chi parlava di una grave crisi di stato ha ribattuto bruscamente: “Stupidaggini”. Lei stessa poi si è limitata a una breve dichiarazione sull’accaduto: “Nel periodo del suo incarico si è prodigato a diffondere l’immagine di una Germania moderna nel resto del mondo. E per questo merita il nostro rispetto”. Poi, anche per recuperare l’incontro saltato per la seconda volta con il nostro presidente del Consiglio, si è collegata in videoconferenza con Mario Monti e il premier greco Lucas Papademos. Tutti e tre, comunicava successivamente il portavoce Steffen Seibert, si sono detti fiduciosi che lunedì i ministri finanziari dell’eurogruppo riusciranno a venire a capo delle questioni ancora in sospeso e potranno così dare il via libera al secondo pacchetto di aiuti. Un risultato che per Merkel potrebbe essere comunque importante per distogliere l’attenzione dalla débâcle Wulff, per quanto i tedeschi non sembrano intenzionati a colpevolizzarla, nonostante sia stata lei ad averlo voluto fortemente. Che per insediarlo non aveva esitato a fare uno sgarbo al ministro per il Lavoro Ursula von der Leyen, prima data per candidata quasi certa, e all’ultimo scartata. E, ancora, non aveva voluto sentire ragioni su un candidato gradito anche all’opposizione. Errore che non intende più commettere. Il prossimo presidente, che da qui a un mese si insedierà, dovrà essere gradito anche all’opposizione, ha fatto sapere.
Ultima considerazione: chissà che effetto avrà avuto la vicenda Wulff sul presidente francese Nicolas Sarkozy che ultimamente ha molto lodato il modello tedesco. In fondo la Francia garantisce al proprio presidente, finché è in carica, un’immunità intoccabile, come ha dimostrato la vicenda di Jacques Chirac, accusato di avere distribuito incarichi pubblici illecitamente, come premio, ai suoi collaboratori, quando era sindaco di Parigi, e presidente del Rassemblement pour la République.
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