Lezioni di pianto
La cosa meno austera, in questa nuova fase della vita in cui bisogna fare economia anche dei sospiri, sono le lacrime. Piangono tutti, fanno gran spreco di occhi rossi, bagnati, gonfi, di smorfie di dolore, col labbro inferiore che sporge in avanti, come i bambini quando vengono messi in punizione. Le lacrime sono i nuovi coriandoli, sparsi in giro per mostrare agli altri qualcosa di nuovo, inedito, mai visto prima: l’anima.
La cosa meno austera, in questa nuova fase della vita in cui bisogna fare economia anche dei sospiri, sono le lacrime. Piangono tutti, fanno gran spreco di occhi rossi, bagnati, gonfi, di smorfie di dolore, col labbro inferiore che sporge in avanti, come i bambini quando vengono messi in punizione. Le lacrime sono i nuovi coriandoli, sparsi in giro per mostrare agli altri qualcosa di nuovo, inedito, mai visto prima: l’anima. Come a uno show del pomeriggio, in cui più si è se stessi e più bisogna farsi colare il rimmel (a proposito, avviso ai prossimi lacrimosi: le lacrime solcano il fondotinta, sciolgono il mascara a meno che sia waterproof, impiastricciano l’eye liner, in casi di estrema copiosità possono compromettere la tinta dei capelli, quindi astenersi truccatissimi, e anche ritoccatissimi, perché l’immagine del pianto immobile, tipo statua di marmo da cui all’improvviso sgorgano lacrime, è piuttosto impressionante, anche se a molti potrebbe provocare l’istinto di chiedere un miracolo, o l’abolizione dell’Ici).
Piange Sergio Marchionne durante uno spot della Chrysler con Clint Eastwood, commosso dalla sua stessa grandezza, piange Antonio Di Pietro alla commemorazione dei vent’anni di Mani Pulite, “Non avete idea di quante sofferenze abbiamo passato e stiamo passando per quei due anni”, piange Gianni Morandi sul palco dell’Ariston, dopo il duetto con Celentano, “perché ho ripensato a tutta la mia storia”. Piangono tutti, egotici, per sé. Per la grandezza delle loro gesta, per l’autocommozione che si provocano. Piangono perché sono grandi artisti e il mondo dovrebbe celebrarli di più, anche. Piangono perché è così forte l’amore per se stessi da farli piangere. Paola Severino, ministro della Giustizia, ha detto che comprende il pianto di Di Pietro: “Piange perché sente la propria posizione aggredita pur ritenendo di fare qualcosa di corretto”, è un tipo di sofferenza, secondo il ministro, che riguarda tutti quelli che, in una posizione di potere, si trovano ingiustamente attaccati. “Anch’io soffro – ha aggiunto – anche se non piango, per delle critiche che ritengo ingiustificate”.
Il mondo è molto cattivo, ma almeno Elsa Fornero, che ha inaugurato il periodo degli occhi lucidi, ha pianto per gli altri, dolente per i sacrifici che verranno, non soltanto per sé e per gli attacchi che riceverà. Nel pianto arrossato di Antonio Di Pietro non c’è stata nessuna commozione per un periodo terribile, che lo ha visto protagonista (non importa quanto sia certo di avere agito correttamente), non c’è stata pietà per chi si è ammazzato, per chi ha avuto la vita distrutta, per chi era innocente, ma solo recriminazione narcisistica, riflettori su di sé e sulle ferite all’autostima (intatta). “Quanto ho dovuto subire e subisco”, ha detto Di Pietro col labbro tremante. Davanti a lacrime così secondarie, così allo specchio, ci si aspetta che da un momento all’altro qualcuno dica stop al televoto.
Il Foglio sportivo - in corpore sano