
Gli amici della Siria
Domani a Tunisi si riuniscono gli “Amici della Siria”, l’iniziativa diplomatica, forte della presenza di 76 paesi, voluta da Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Turchia, Unione europea e Lega araba. Non ci sarà la Russia, che assieme alla Cina ha posto il veto su una risoluzione dell’Onu che chiedeva al presidente siriano Bashar el Assad di farsi da parte.
Leggi Sull’intervento contro Assad pesano gli spettri di dieci anni di guerre - Leggi La morte di Marie Colvin e il pretesto per cacciare Assad di Paola Peduzzi
Domani a Tunisi si riuniscono gli “Amici della Siria”, l’iniziativa diplomatica, forte della presenza di 76 paesi, voluta da Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Turchia, Unione europea e Lega araba. Non ci sarà la Russia, che assieme alla Cina ha posto il veto su una risoluzione dell’Onu che chiedeva al presidente siriano Bashar el Assad di farsi da parte. A Tunisi ci sarà il Consiglio nazionale siriano, che raccoglie quasi tutta l’opposizione siriana. Per preparare il summit, a Villa Madama il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, si è incontrato con il collega francese, Alain Juppé, duro nel chiedere un cambio di regime a Damasco. Era presente il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola. Sono due le incognite: il sostegno armato ai ribelli e i corridoi umanitari per la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa.
Il Wall Street Journal spiega che la coalizione è divisa sull’idea di armare i ribelli. “C’è consenso sul fatto che senza un intervento esterno l’unico modo è darci i mezzi”, dice Bassma Kodmani dell’opposizione siriana. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha escluso “un’ulteriore militarizzazione” della Siria, ma ribadendo che Assad se ne deve andare ha detto che l’opposizione sarà sostenuta. I senatori John McCain e Lindsey Graham hanno proposto un piano “covert” per armare i ribelli. Il Times scrive che il Pentagono avrebbe un piano per la fornitura di armi (che secondo i russi è già cominciata da tempo). Arabia Saudita e Qatar starebbero già armando i ribelli. A Iskenderun, in Turchia, c’è un comando congiunto di americani, britannici, francesi, qatarioti e sauditi. Gli inglesi sarebbero già a Homs. Ma Salman Shaikh del Brookings Doha Center in Qatar dice che è più realistico il “duplice piano”: i paesi occidentali che fanno pressione diplomatica e forniscono aiuti umanitari, i paesi regionali che intervengono con armi e logistica a sostegno dei ribelli.
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