Esclusiva - Guarda alcune scene del documentario

Il video che racconta da dentro la rivolta in Siria è un'idea italiana

Daniele Raineri

Potrebbe essere la scena d’apertura di un film. Folla che canta in strada, ripresa dall’obiettivo di una telecamera nascosta dietro il parabrezza posteriore di un’automobile. Di colpo la folla sbanda, arretra, corre, supera in massa l’automobile che nel frattempo ha messo in moto e s’allontana piano per non dare troppo nell’occhio, e si capisce perché, dietro a quelli che scappano sono già apparsi gli shabiha, i picchiatori in borghese mandati dal governo con i randelli in mano.

    Potrebbe essere la scena d’apertura di un film. Folla che canta in strada, ripresa dall’obiettivo di una telecamera nascosta dietro il parabrezza posteriore di un’automobile. La cadenza fragorosa è quella che ha scosso le piazze del mondo arabo, dalla Libia allo Yemen: Ashab iuri isqat al nizam! Il popolo vuole la caduta del regime! Di colpo la folla sbanda, arretra, corre, supera in massa l’automobile che nel frattempo ha messo in moto e s’allontana piano per non dare troppo nell’occhio, e si capisce perché, dietro a quelli che scappano sono già apparsi gli shabiha, i picchiatori in borghese mandati dal governo con i randelli in mano. Raggiungono i fuggitivi più lenti. Accade tutto così da vicino che alcuni shabiha all’inseguimento s’appoggiano al bagagliaio. L’automobile si sfila piano dai guai: è come un allargamento di campo e permette alla telecamera che s’allontana di inquadrare i pestaggi a terra, le mazze che fanno su e giù senza pietà, i capannelli di squadristi che rimpiccioliscono. Nella tecnica del cinema si chiama piano sequenza, una scena raccontata attraverso una sola, lunga inquadratura che non stacca mai.

    Questo non è però cinema: è uno spezzone di video reale girato da attivisti siriani. Considerato che il governo di Damasco nega l’accesso ai giornalisti stranieri – concede soltanto interviste concordate e visite guidate, e dà la caccia a chi prova a passare il confine – i ribelli filmano, raccontano, caricano i video su YouTube, quando non possono metterli su Internet li affidano a corrieri che li fanno arrivare oltre frontiera. Ci voleva qualcuno che ne raccogliesse il filo, che li unisse a formare il racconto della protesta del popolo e del massacro da parte del regime, ed è un’idea italiana, regia di Antonio Martino, prodotto da Roberto Ruini e Gloria Giorgianni per Pulsemedia. C’è il video dell’attivista che dal balcone filma i soldati in strada e inquadra anche anche il suo carnefice, un militare che lo vede, punta il fucile, spara. C’è la marcia di migliaia di persone disarmate dalla città di Jisr al Shogur verso Idlib su una strada in mezzo alla campagna, e l’esercito che disperde i partecipanti a raffiche di mitragliatrice, la fuga precipitosa a lato dell’asfalto, fra gli ulivi, saltando i morti.

    Ci sono i video girati dai militari: l’aula scolastica piena uomini sospettati di fare parte dell’opposizione, messi a sedere come scolaretti, obbligati a stare a testa china sui banchi, il soldato con il fucile a tracolla che passa fra loro, alza la testa di uno, gli fa dichiarare fedeltà al regime, lo rimette giù con uno schiaffo. E anche i disertori che spiegano come da soldati erano costretti a dire “Bashar! – il nome del presidente – in ogni momento, anche facendo le flessioni, anche prima di ordinare al ristorante.
    Il documentario – “Isqat al Nizam. Ai confini del regime” – è formato per metà con i video originali siriani e per l’altra metà da interviste fatte – anche con il capo dell’Esercito libero di Siria – al confine nord, sul lato turco, dove sono stati allestite in fretta e furia le tendopoli per accogliere al sicuro i civili in fuga. Considerata la mole di video che in questi giorni arriva da Homs assediata e bombardata, varrebbe la pena vederne una seconda parte.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)