Chi ha paura di Sigmund Freud?
Negare l’inconscio è bestemmiare Dio, più se ne avverte la presenza più lo si respinge. A Tizio è scappato di chiamare la moglie col nome della mamma o la mamma col nome della moglie ed eccolo affrettarsi a urlare in qualche salotto o congresso che la psicoanalisi è una scenza senza la i, un cumulo di boiate, un imbroglio e così via. E’ consuetudine dello psicoanalista intendere il perché di questi sfoghi, e con intelligenza non scevra di humor parlarne nelle sue opere.
Negare l’inconscio è bestemmiare Dio, più se ne avverte la presenza più lo si respinge. A Tizio è scappato di chiamare la moglie col nome della mamma o la mamma col nome della moglie ed eccolo affrettarsi a urlare in qualche salotto o congresso che la psicoanalisi è una scenza senza la i, un cumulo di boiate, un imbroglio e così via. E’ consuetudine dello psicoanalista intendere il perché di questi sfoghi, e con intelligenza non scevra di humor parlarne nelle sue opere.
Ultimamente però è accaduto che sul Sole 24 ore un illustre storico della medicina abbia bollato "la perniciosa influenza, culturale e politica, della psicoanalisi" e quattro altrettanto illustri psicoanalisti abbiano controbattuto sulle pagine di Repubblica che "piaccia o no le cose non stanno affatto così", la psicoanalisi non essendo per niente "inattendibile, dannosa, parassitaria, infondata, in procinto di scomparire". Se proprio era il caso di rispondere all’insulto, la risposta è stata sobria e pacata. Troppo, forse. Si poteva fare di più, mostrarsi più generosi e riconoscenti. I detrattori della psicoanalisi vanno caldamente ringraziati, ne sono i cofondatori, l’ala marciante e ruspante. Meno male, carissimi, che ci siete voi a farle pubblicità, a darle un tono, a suscitare un transfert. Se fin da subito non aveste dato addosso a Freud, la psicoanalisi nemmeno esisterebbe, illanguidita in un facile trionfo.
Un conto, infatti, è sentirsi insultare da un paziente nel proprio studio durante una seduta, un altro sentirsi insultare da potenti professoroni in pubblici consessi. Questi ultimi sono gli insulti che fanno scattare in avanti, che smuovono dalla routine e producono le opere più audaci. Il giorno che anche voi, cari e massimi ferventi sostenitori della psicoanalisi, suoi magnifici detrattori – Onfray è il vostro genio, il suo libro su Freud è un elisir di lunga vita per la psic – comincerete a masticare di edipismo e superio e la parola "inconscio" non vi farà più scattare pulsioni assassine, sarà davvero la fine per la psicoanalisi. Siete indispensabili.
Senza il vostro incitamento la signorina Melania mai attraverserebbe la città in tempesta un pomeriggio d’inverno per correre a raccontare a uno sconosciuto cose che mai a nessuno ha osato dire. Si è messa in moto solo perché grazie a voi sa che la psicoanalisi è sanguinaria, ciarlatana, dannosa, parassitaria, inattendibile e, dulcis in fundo, in procinto di scomparire. Cosa di più eccitante dell’ultimo inganno di chi se ne sta per andare all’altro mondo?
Beh, una cosa di più eccitante c’è, una donna che scrive. Ma deve chiamarsi Amélie Nothomb e il suo libro intitolarsi "Uccidere il padre", testé uscito nelle edizioni Voland. Tra quelle cento paginette e tutti i trattati su tema che ho letto negli ultimi vent’anni, credetemi – perché poi? – non c’è partita.
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