Su Twitter ci si vuole più bene, come a scuola durante l'intervallo
Antonio Di Pietro e Pier Ferdinando Casini si sono cinguettati carinerie su Twitter, dicendosi: ti voglio bene, anzi tvb, come fra amiche delle medie, come tra fidanzati che attaccano un lucchetto a Ponte Milvio. Stavano commentando faccende politiche, e se fossero stati in un’aula del Parlamento si sarebbero probabilmente mandati a quel paese (manettaro, berlusconiano, le solite cose).
Antonio Di Pietro e Pier Ferdinando Casini si sono cinguettati carinerie su Twitter, dicendosi: ti voglio bene, anzi tvb, come fra amiche delle medie, come tra fidanzati che attaccano un lucchetto a Ponte Milvio. Stavano commentando faccende politiche, e se fossero stati in un’aula del Parlamento si sarebbero probabilmente mandati a quel paese (manettaro, berlusconiano, le solite cose). La serietà istituzionale impone lo scontro, anche pesante, lunghi rotoli di filo spinato che dividano i buoni dai cattivi e gli amici dai nemici, mentre Twitter è come a scuola, all’intervallo, quando si va a fumare in bagno e si scrive alla lavagna: forza Roma. E’ un tuffo nel beato mondo della preadolescenza: infatti le dichiarazioni d’amore e struggimento calcistico sono molto più numerose e appassionate di quelle per una donna o per le gambe di Angelina Jolie agli Oscar – a proposito, si può dire: cosce troppo magre, senza essere accusate di invidiosa follia? Poiché si ragiona di canoni divini, e non umani, dovrebbe essere concesso anche di pensare in grande e aspirare, in un mondo ideale, a polpacci meno stuzzicadenti.
Su Twitter, comunque, ci si vuole più bene: dev’essere l’amore per sé che, twitterizzandosi in follower, follow friday e retweet, si espande a tutti. Si cerca di mettere in vetrina la parte migliore, sagace ma indulgente, pensosa ma rilassata, si va alla conquista del mondo con le battute, come ai consigli d’istituto al liceo, e si sa che gli applausi non scrosciano mai per i livorosi, ma per gli scanzonati, quelli che poi raccontano che durante il fine settimana hanno fumato sessanta sigarette, fatto tre incidenti con la Vespa, conquistato otto ragazze, bevuto dodici birre (è esattamente come su Twitter, quando le persone scrivono con orgoglio il lunedì di aver guadagnato cinquanta nuovi follower, di essere state ritwittate otto volte e di essere state menzionate quindici, a beneficio di chi guarda e pensa: ammazza che figo).
Su Twitter non c’è spazio per l’acredine (al massimo si fa sapere a qualcuno di averlo defollowato, cioè tolto dalla lista delle persone degne di esistere, ed è il massimo della cattiveria, equivale a sciogliere esseri umani nell’acido), ma moltissimo per i complimenti e per gli atti di amicizia. Ad esempio: se Fiorello retwitta, cioè rimette in circolo i saluti di un tizio qualunque, lo renderà felice e fiero per tutta la settimana, come e più di una foto autografata, perché quel ricinguettio è come una pacca sulla spalla, un caffè insieme, una dimostrazione di intimità su cui non può aleggiare il sospetto della mitomania. Il meccanismo naturalmente produce anche momenti di altissima frustrazione per coloro che non raggiungono l’obiettivo (un deluso ha scritto a Gerry Scotti qualcosa tipo: ma insomma è il mio compleanno, adesso mi viene da piangere, cosa ti costava farmi un retweet).
Il cip cip di Twitter rende comunque tutti più buoni, generosi e meno depressi. L’unica controindicazione riguarda la costruzione e manutenzione dell’ego: a forza di gonfiarlo con rituittaggio di complimenti, smancerie, bacetti e moine, rischia seriamente di esplodere.
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