Il segreto di Erdogan
Non è stato l’assalto israeliano alla Freedom Flotilla del 31 maggio 2010 in cui morirono nove cittadini turchi a determinare la rottura dei rapporti di collaborazione militare e politica tra Gerusalemme e Ankara. Lo rivela una mail inviata dal fondatore e presidente di Stratfor (il sito di intelligence e geopolitica fondato nel 1996), George Friedman, in cui si raccontano i particolari di un incontro segreto avvenuto tra il premier turco Recep Erdogan e l’ex segretario di stato americano Henry Kissinger.
Non è stato l’assalto israeliano alla Freedom Flotilla del 31 maggio 2010 in cui morirono nove cittadini turchi a determinare la rottura dei rapporti di collaborazione militare e politica tra Gerusalemme e Ankara. Lo rivela una mail inviata dal fondatore e presidente di Stratfor (il sito di intelligence e geopolitica fondato nel 1996), George Friedman, in cui si raccontano i particolari di un incontro segreto avvenuto tra il premier turco Recep Erdogan e l’ex segretario di stato americano Henry Kissinger. Nel corso del colloquio, Erdogan avrebbe confessato all’interlocutore la volontà di rompere al più presto ogni rapporto con Israele, in modo da coltivare senza imbarazzo un ruolo di potenza nel mondo islamico. Anche i rapporti con Washington sarebbero stati oggetto della conversazione tra i due, con il premier turco pronto a manifestare tutta la sua insoddisfazione per l’evoluzione della partnership bilaterale e per le continue provocazioni statunitensi. “Erdogan vuole diventare il leader del mondo islamico”, commenta Kissinger raccontando a Friedman i dettagli della conversazione riservata avuta con il primo ministro di Ankara, aggiungendo che Erdogan accoglierebbe un eventuale attacco occidentale all’Iran come l’occasione propizia per mettere in pratica il suo piano di progressivo sganciamento dalle tradizionali e storiche alleanze della Turchia.
Rivelazioni che secondo l’Atlantic non vanno prese sul serio, dal momento che Stratfor non fa altro che raccogliere indiscrezioni e notizie sul campo “proprio come fanno i giornalisti” e che quindi potrebbero non essere del tutto veritiere. Il 27 febbraio il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, aveva annunciato la pubblicazione di “cinque milioni di mail spedite e ricevute da Stratfor”. A differenza dei cablogrammi diplomatici, la compagnia di Friedman non ha mai protetto le proprie fonti, evitando di criptare i nomi degli agenti operativi sul campo. Tutto materiale che ora è nelle mani di Wikileaks. Non è la prima volta che vengono alla luce falle nel sistema di protezione dati di Stratfor: lo scorso 24 dicembre il sito dell’agenzia fu colpito da un attacco hacker della rete Anonymous che mise a repentaglio la riservatezza delle informazioni dei lettori che avevano pagato l’abbonamento con la carta di credito.
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