Cartello elettorale aperto

La risposta del Cav. alla crisi dei partiti si chiama “Tutti per l'Italia”

Salvatore Merlo

Sciogliere il Pdl, tendere la mano a Pier Ferdinando Casini e a Gianfranco Fini, salvare il bipolarismo: tutti in un nuovo cartello elettorale dal nome patriottico, evocativo, ecumenico. Questo: “Tutti per l’Italia”. L’idea circola dentro e fuori della nomenclatura di partito, impegnata in questi giorni con i congressi e il tesseramento del Pdl. Berlusconi ci pensava e ieri l’ha confidata in giro: il Cavaliere è pronto a buttarla lì, tra le gambe dei moderati italiani del Terzo polo, di Francesco Rutelli, di Casini, di Fini.

    Sciogliere il Pdl, tendere la mano a Pier Ferdinando Casini e a Gianfranco Fini, salvare il bipolarismo: tutti in un nuovo cartello elettorale dal nome patriottico, evocativo, ecumenico. Questo: “Tutti per l’Italia”. L’idea circola dentro e fuori della nomenclatura di partito, impegnata in questi giorni con i congressi e il tesseramento del Pdl. Berlusconi ci pensava e ieri l’ha confidata in giro: il Cavaliere è pronto a buttarla lì, tra le gambe dei moderati italiani del Terzo polo, di Francesco Rutelli, di Casini, di Fini. “Il Pdl appartiene al passato”, ha esaurito la sua forza propulsiva, pensa il Cavaliere, che più volte nelle ultime settimane ha ripetuto che “quel nome non mi piace e non funziona”. Torna dunque la parola “Italia” nel simbolo elettorale, affiancata alla parola “tutti”; perché – dicono – “non è una di quelle cose alle quali si può dire di no. E non è contro nessuno, ma aperta a chiunque”.

    Ieri pomeriggio hanno squillato in sequenza i telefoni del segretario Angelino Alfano, del coordinatore Denis Verdini, e del gran visir del berlusconismo, Gianni Letta. Drin drin, drin drin. Sono stati informati. Il Cavaliere vuole battezzare una “cosa” nuova, vuole chiudere in bellezza la sua storia politica, da regista, vuole rifondare il centrodestra con (e per) Casini e Fini (se ci staranno). Comunque vada, nel 2013 ci sarà un nuovo cartello elettorale pronto a sostenere ancora un governo Monti (se necessario) anche in un rapporto di grande coalizione con il Partito democratico (se possibile). E stavolta senza predellini, nessuna prestidigitazione che possa irritare le legittime aspirazioni, e le ambizioni, di Casini e di Fini. Berlusconi offre ai leader dell’Udc e di Fli la formula che anche gli ex amici e alleati cercano, il rassemblement (ma non il partito) dei moderati italiani. La leadership? Aperta, contendibile, americana.

    Il Cavaliere ha già fatto il suo passo di lato ed è pronto a fare anche il passo indietro se questa dovesse essere la condizione per recuperare gli ex alleati – che diffidano – e salvare, con il bipolarismo, anche la sostanza, leggera e fantasiosa, del berlusconismo. Sarà un processo lungo, complicato. Negli ambienti dell’Udc chiedono retoricamente: “Di chi è l’idea?”; “Di Berlusconi”, gli si risponde; “ecco, appunto”. Ieri sia Casini sia Berlusconi erano insieme a Bruxelles, alla riunione dei leader del Ppe. “Non farei mai un partito con Berlusconi. Ma con il Pdl non posso escludere di continuare a sostenere il governo Monti anche dopo il 2013”, ha detto il leader dell’Udc. Mentre il Cavaliere si è lanciato: “Sì, sono favorevole all’ipotesi di una grande coalizione”. Tuttavia non sarà facile capirsi, e per questo la mediazione, la mano tesa, dovrà essere quella di Alfano e non quella di Berlusconi. Il Cavaliere non ci sarà nella foto inaugurale di “Tutti per l’Italia”, reclama per sé soltanto la proposta, l’idea – a suo avviso l’unica – che possa seppellire definitivamente la strisciante guerra civile, sociale, politica e culturale di cui l’Italia è rimasta vittima: una mossa rigeneratrice di tutti i soggetti in campo, cattolici, liberali, socialisti e repubblicani.

    Berlusconi rimuoverà definitivamente la sua icona vecchia, incarnazione di ogni divisione politica degli ultimi vent’anni. L’opzione delle liste civiche, da affiancare al Pdl, rimane in campo: saranno costituite per le elezioni amministrative di maggio. Ma nella logica del Cavaliere sono poco più di un espediente, mentre il grande cartello elettorale “Tutti per l’Italia” è la soluzione di sistema per le elezioni politiche del 2013, l’investimento duraturo, la conclusione gloriosa di una carriera. Nel Pdl c’è già chi applaude (tutti quelli che non hanno investito particolari attenzioni nel processo del tesseramento e dei congressi) e chi, invece, intravvede il proprio incubo nel sogno del Cavaliere. “Qui stiamo costruendo un partito, anche al di là di Berlusconi”, diceva ieri Fabrizio Cicchitto a quanti gli facevano notare come il Cav. sbadigliasse al solo sentir parlare di tessere e congressi.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.