Tra tessere e liste civiche, il Cav. cerca di salvare il Pdl dell'Alfàn prodige

Salvatore Merlo

Le alleanze sono il tormento del Pdl, e alla fine, battendo il dito sull’ultimo sondaggio che gli ha consegnato Alessandra Ghisleri (20 per cento, in discesa), il Cavaliere non ha avuto bisogno di insistere: bisogna costruire delle liste civiche dovunque per affiancare nelle elezioni amministrative “il partito di Alfano” (è così che qualcuno comincia a chiamare il Pdl, mentre il segretario è “l’Alfàn prodige”).

    Le alleanze sono il tormento del Pdl, e alla fine, battendo il dito sull’ultimo sondaggio che gli ha consegnato Alessandra Ghisleri (20 per cento, in discesa), il Cavaliere non ha avuto bisogno di insistere: bisogna costruire delle liste civiche dovunque per affiancare nelle elezioni amministrative “il partito di Alfano” (è così che qualcuno comincia a chiamare il Pdl, mentre il segretario è “l’Alfàn prodige”).

    Circondato da capigruppo e coordinatori, a casa sua, a Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi quasi sbadiglia quando sente parlare di tessere (questi sono giorni di passione congressuale per il Pdl). Ma la novità è che i suoi uomini ora scrollano un po’ le spalle, chi indifferente, chi comprensivo, chi francamente innervosito dall’atteggiamento del capo. “Anche voi giornalisti mettetevi in testa una cosa, qua stiamo costruendo un partito vero. Con Berlusconi, e al di là di Berlusconi”, dice Fabrizio Cicchitto. Così ieri La Russa, Verdini, Gasparri, Quagliariello, erano tutti impegnati a via del Plebiscito in un lavorio di contabilità sui congressi in corso. Calcoli, pecentuali, piccole alleanze, trattative.

    Tutto di fronte a un Berlusconi che si concedeva qualche curiosità svagata, una domanda qua e là, una sbirciatina alle proiezioni di Verdini, ma niente di più. Anzi, di fronte all’effluvio di dettagli e piccole liti domestiche lo sguardo di Berlusconi ieri si faceva sistematicamente remoto, cosmico come quello di un guru tibetano: un velo di noia calato sugli occhi.

    Verso la fine del lungo vertice (quasi tre ore), a un certo punto si è presentata a Palazzo Grazioli (inattesa) anche Michela Vittoria Brambilla. L’ex ministro del Turismo ha preso Berlusconi da parte, si è lamentata con lui dell’andamento del congresso a Lecco: lei sponsorizza un suo candidato, ma “mi fanno la guerra” ha detto al Cavaliere, che continua a ricevere decine di lamentele di questo tipo, che prende appunti, che promette a tutti, che tutti consola e che a tutti dice sempre di sì. “La Brambilla io non l’ho vista”, dice Ignazio La Russa (azionista del Pdl in Lombardia), e comunque sia: “De minimis non curat praetor”. Botte da orbi. “Brambilla è riuscita nel miracolo di coalizzare tutta Lecco contro di sé”, aggiunge Cicchitto.

    Solo le elezioni ammistrative sembrano interessare un po’ Berlusconi. D’altra parte il Cavaliere non sembra troppo persuaso (oltre che dei congressi) nemmeno dalla riforma elettorale cui si lavora in Senato: come si fa una riforma al buio, senza sapere che tipo di alleanze avremo nel 2013? E le alleanze sono la preoccupazione più forte, dunque, per il futuro remoto e anche per quello più prossimo. I sondaggi non sono entusiasmanti, e l’idea di costruire delle liste civiche ieri è tornata prepotente; e alla fine si è imposta. “Storicamente noi alle amministrative andiamo sempre un po’ peggio che alle politiche”, dice La Russa per sdrammatizzare. Ma poi l’ex colonnello di An aggiunge che “stavolta non agganciamo né la Lega né l’Udc”, e rende l’idea di quale aria tiri dalle parti di Palazzo Grazioli. Non ci si aspetta niente di buono dalla tornata elettorale di maggio.

    E il fatalismo rilassato con il quale Berlusconi affronta tutte le questioni che riguardano il partito (a cominciare dai congressi), a chi ieri lo ha incontrato a casa sua, è sembrato la premessa di qualche “più interessante” (o preoccupante, a seconda dei punti di vista) novità. Come sempre accade in questi casi è dal Cavaliere che alcuni si aspettano un’invenzione (“una di quelle sue mosse da ‘pazzo geniale’”, dice Giancarlo Galan): lo spariglio, che in questo caso, nelle parole di uno degli amici più intimi del Cav., significherebbe “chiudere il Pdl dopo le elezioni”. Ma non si sa mai dove finiscano i sogni (o gli incubi) e cominci la realtà. Berlusconi è notoriamente insondabile. E stavolta il meccanismo della “solidificazione”, delle tessere e dei congressi sembra irreversibile e fuori dal suo controllo. A meno che il Pdl non faccia il botto sulla mina elettorale, a maggio. In quel caso…

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.