Un Tesoro di cassa

Così i tecnici italiani provano ad abbattere il debito pubblico

Michele Arnese

I tecnici dell’esecutivo, a partire da quelli del Tesoro, studiano le esperienze francesi e tedesche per scegliere la via più corretta per privatizzare e abbattere contemporaneamente il debito pubblico. In questa operazione sarà cruciale il ruolo della Cassa depositi e prestiti (Cdp), guidata dall’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini. La Cdp nel 2003 fu trasformata in una Spa, partecipata al 70 per cento dallo stato e al 30 per cento da 66 fondazioni bancarie.

    I tecnici dell’esecutivo, a partire da quelli del Tesoro, studiano le esperienze francesi e tedesche per scegliere la via più corretta per privatizzare e abbattere contemporaneamente il debito pubblico. In questa operazione sarà cruciale il ruolo della Cassa depositi e prestiti (Cdp), guidata dall’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini.

    La Cdp nel 2003 fu trasformata in una Spa, partecipata al 70 per cento dallo stato e al 30 per cento da 66 fondazioni bancarie. Alla Cdp fu venduta una parte delle partecipazioni del Tesoro in Enel, Eni, Terna e Poste Italiane. Sempre nel 2003 è stata inclusa dalla Banca centrale europea tra le istituzioni finanziarie monetarie (come la francese Cdc e la tedesca KfW) e quindi inserita da Eurostat al di fuori del perimetro della Pubblica amministrazione (Pa). Questo significa che il suo debito, malgrado goda della garanzia dello stato, non è ricompreso in quello della Pa. Con la vendita di quelle partecipazioni, lo stato ridusse per un pari importo anche lo stock di debito pubblico.

    Queste istituzioni sono strumenti di mercato che rispettano le regole della concorrenza e i principi del mercato unico europeo, a partire dal divieto di aiuti di stato. Ma sono anche strumenti essenziali, aggiungono alla presidenza del Consiglio, per la “cassetta degli attrezzi” di cui dispongono i governi dell’Europa continentale, consapevoli che l’uscita dalla crisi richiede anche politiche industriali attive capaci di sostenere l’economia, promuovere la competitività e rilanciare la crescita.
    Per rilanciare la crescita, è anche utile abbattere il debito pubblico e quindi diminuire il rapporto tra debito e prodotto interno lordo. Pure in questo caso, si sottolinea in ambienti del Tesoro, il riferimento potenziale è all’esperienza della Cassa francese e di quella tedesca.

    A Parigi lo stato ha partecipato alla creazione di noccioli duri durante le due fasi di privatizzazione del 1986-88 e del 1993-97. Fonti vicine alla Cdc non escludono ulteriori, prossimi interventi di acquisizione di partecipazioni dello stato con l’obiettivo di riduzione del debito pubblico. Diverso quanto accaduto in Germania, sottolineano fonti finanziarie di Berlino, ad esempio quando nel 1997 il governo tedesco decise di vendere alcune quote possedute in Deutsche Telekom e in Deutsche Post. Successivamente, Eurostat sentenziò che con quelle operazioni non si poteva ridurre il debito pubblico. In altri termini non le considerò vere e proprie privatizzazioni. Perché? Perché c’erano accordi fra stato e KfW per cui le operazioni non potevano essere considerate di mercato, secondo la Commissione europea. In altri termini c’erano intese sottostanti secondo cui la KfW, in caso di successiva vendita delle quote a un prezzo minore, poteva rivalersi sullo stato per la differenza tra costo d’acquisto e prezzo di vendita; mentre in caso di prezzo di vendita maggiore, la “plusvalenza” della Cassa tedesca doveva essere trasferita allo stato al netto di una percentuale che si sarebbe trattenuta. La ratio della decisione dell’Eurostat è che non c’era stata un vero – e indispensabile, ai fini Eurostat – trasferimento del rischio dallo stato alla KfW. Infatti quando nel 2007 la KfW fu chiamata insieme con altri investitori a rilevare una quota di partecipazione del capitale di Eads dal Gruppo Daimler la Commissione Ue non ha avuto obiezioni in quanto il rischio relativo alla partecipazione acquisita da KfW sarebbe rimasto pienamente in capo alla Cassa tedesca. 

    La morale che ambienti governativi al corrente dei dossier traggono dalle esperienze francesi e tedesche è la seguente ed è composta da tre aspetti. Primo: è possibile effettuare operazioni di abbattimento del debito attraverso una cessione di aziende statali alla Cdp. Secondo: la Cdp è pronta a effettuarle a tre condizioni, come ha detto in un’audizione parlamentare il presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini: “Non mettere a rischio il risparmio postale, la nostra classificazione fuori dalla Pubblica amministrazione e tenere conto che deve essere compatibile con l’attuale missione di sostegno all’economia e all’infrastrutturazione del paese”. Infine, il terzo aspetto: le operazioni si devono effettuare a valore di mercato e deve rimanere in capo alla Cdp il rischio relativo alla gestione e valorizzazione delle partecipazioni per non incorrere in un no di Eurostat.