Uno studio “What if”
Tedeschi, con l'austerità greca pure voi sareste poveri
Volete capire come ci si sente a essere greci e se davvero la ricetta imposta ad Atene funziona? Ecco fatto. La fondazione di analisi di mercato macroeconomiche Böckler ha preso le misure imposte alla Grecia e le ha applicate all’economia tedesca. Risultato: il programma lacrime e sangue più che risanare distrugge quel poco di tessuto produttivo che (r)esiste ancora nel paese. L’autore, Henner Will, è partito dalla domanda “What if”, che accadrebbe se la Germania fosse sottoposta a una cura altrettanto draconiana?
Volete capire come ci si sente a essere greci e se davvero la ricetta imposta ad Atene funziona? Ecco fatto. La fondazione di analisi di mercato macroeconomiche Böckler ha preso le misure imposte alla Grecia e le ha applicate all’economia tedesca. Risultato: il programma lacrime e sangue più che risanare distrugge quel poco di tessuto produttivo che (r)esiste ancora nel paese. L’autore, Henner Will, è partito dalla domanda “What if”, che accadrebbe se la Germania fosse sottoposta a una cura altrettanto draconiana? L’economista parte dai dati greci: ad Atene sono stati imposti tagli nel quinquennio (2010-2014) per il valore di 52 miliardi di euro, pari all’incirca al 23 per cento del pil, oppure deve incassare questa somma attraverso un innalzamento della pressione fiscale. Un compito che, se calcolato sulla Germania, vorrebbe dire un consolidamento di 500 miliardi di euro in cinque anni, somma pari, all’incirca, al bilancio che Bund (stato) e Länder avevano a disposizione nel 2010 (per la precisione 590 miliardi di euro). Se dunque i tedeschi fossero costretti all’austerità tanto quanto i greci, dovrebbero far fronte alle seguenti spese e ai seguenti tagli: sborsare, in media, 530 euro in più per l’assistenza sanitaria obbligatoria; ogni pensionato si vedrebbe decurtato di mille euro in un anno la pensione, mentre chi ha diritto al sussidio di disoccupazione riceverebbe 900 euro in meno all’anno; dovrebbe inoltre essere innalzata l’Iva dall’attuale 19 al 22 per cento, così come del 33 per cento le tasse su benzina, sigarette e prodotti alcolici. Infine lo stato dovrebbe procedere al licenziamento di 460 mila dipendenti pubblici. Questi numeri dovrebbero risultare particolarmente allarmanti in questo momento per i lavoratori tedeschi, visto che, tra la fine del 2011 e la fine del 2012, scadono i contratti collettivi per 9,1 milioni di lavoratori. I sindacati chiedono adeguamenti in media attorno al 5-7 per cento.
Lo studio intende anche rendere un minimo di giustizia ai greci. Secondo Will, non è poi del tutto vero che la Grecia ha disatteso le direttive per il contenimento del deficit imposte dalla troika. O meglio, le ha disattese, ma non perché non ha attuato i tagli richiesti, ma perché la troika ha sottovalutato l’effetto boomerang di questi tagli. Secondo le previsioni di Unione europea, Banca centrale e Fondo monetario, la recessione greca nel 2011 avrebbe dovuto essere del 2,6 per cento del pil, mentre – come si sa – è stata ben superiore, e crescerà ulteriormente quest’anno. Che cosa fare dunque per non affossare il paese? Secondo lo studio, le richieste di tagli e risparmi dovrebbero essere distribuite su un arco temporale più lungo, il che permetterebbe di evitare i contraccolpi all’economia che si registrano attualmente.
L’analisi della Fondazione non appare vicina all’opinione pubblica tedesca. I media tedeschi non sono insensibili alle sofferenze greche, mandano i loro inviati a raccontare il crescente impoverimento del paese. Ma tutto questo non ammorbidisce la linea. Lunedì, giorno in cui il Bundestag era chiamato a votare a favore o contro la seconda tranche di aiuti per 130 miliardi euro alla Grecia, la Bild Zeitung usciva con un gigantesco “Stop!” in copertina, per spingere i deputati a votare no. Un sondaggio rileva che anche il 63 per cento dei tedeschi avrebbe preferito la bocciatura da parte del Bundestag. Come si sa, il pacchetto è passato, per quanto questa volta Angela Merkel abbia avuto bisogno dei voti dell’opposizione, altrimenti non ce l’avrebbe fatta. Ma nonostante la linea dura detenga ancora la maggioranza del consenso in Germania, aumentano anche le voci, tra gli economisti, che spingono per un cambio di rotta. Ben inteso, anche tra questi esperti, nessuno mette in dubbio la necessità di un rigoroso consolidamento dei conti pubblici greci, solo che loro aggiungono: senza esagerare. Che è quel che sostiene anche la Fondazione Böckler: troppe lacrime e troppo sangue finiscono per uccidere le economie, non le rilanciano.
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