Femminismo moralista
Maria Shriver ama ancora quel buzzurro (o comunque non ha più molta voglia di divorziare, ci sta ripensando, Arnold Schwarzenegger nel frattempo espia e le cammina accanto in ginocchio, forse ha rinunciato al botox, vanno in terapia di coppia, vengono fotografati mentre salgono in auto insieme, insomma fanno i fatti loro e dei quattro figli, più quello avuto dalla cameriera).
Maria Shriver ama ancora quel buzzurro (o comunque non ha più molta voglia di divorziare, ci sta ripensando, Arnold Schwarzenegger nel frattempo espia e le cammina accanto in ginocchio, forse ha rinunciato al botox, vanno in terapia di coppia, vengono fotografati mentre salgono in auto insieme, insomma fanno i fatti loro e dei quattro figli, più quello avuto dalla cameriera). In nome della dignità delle donne e di un generale, sempre più soffocante “womanism” da salone di parrucchiere, arriva immediata la pugnalata delle donne: “Maria non farlo!”, ha scritto Rebecca Dana sul Daily Beast, non farlo perché lui è uno squallido maschilista, perché ti ha riempito di corna, perché tu senza di lui sei un simbolo di indipendenza femminile, hai fatto perfino un documentario sull’Alzheimer e hai intervistato Lady Gaga, non hai un po’ di amor proprio? “Non puoi fare la reginetta delle conferenze sull’empowerment delle donne e restare sposata ad Arnold Schwarzenegger”. Ecco il ricatto del moralismo femminista, che offre benevolenza solo in cambio di adesione all’unico modello virtuoso consentito, in questo caso un dignitoso divorzio dall’adultero che fa body building. A parte che Maria Shriver ha festeggiato da tempo i sedici anni e quindi è in grado di decidere da sola se liberarsi di un marito, di un amante, o di una cameriera, ma come reagireste se vi chiedessero anche solo di cambiare marca di collant, pena la riprovazione del mondo che coltiva i giusti valori estetici, morali, spirituali, e pretende di sapere quali sono le calze adatte a una donna libera? Molte signore, per fortuna, si arrabbierebbero tanto da gonfiarsi di muscoli come Schwarzy. Perché, come ha scritto Valeria Ottonelli nel pamphlet appena uscito per il Melangolo, “La libertà delle donne – contro il femminismo moralista”, ogni volta che si alza l’indice del moralista, di chi spiega quali sono i modelli da assumere come unica opzione possibile (nel caso di Maria Shriver, la dignità di moglie che non offre una seconda chance allo schifoso bastardo), bisogna immaginare che prima o poi quell’ambizione normalizzatrice (o miglioratrice) si abbatterà anche su di noi. Modificare l’universo intimo delle donne, insistere perché abbraccino gli ideali scelti per loro, spiegare perché, ad esempio, Anne Sinclair dovrebbe scaricare Dominque Strauss-Kahn, infilarsi nelle camere da letto e negli armadi, individuare le vittime di modelli culturali sbagliati, è un’idea di mondo che dà i brividi. “Non farlo, Maria; è ciò che ha pensato chiunque abbia il senso della dignità delle donne”, hanno scritto il Daily Beast e Newsweek. Ed è un meccanismo autoritario che si applica a tutto, non solo a un matrimonio in crisi: le minigonne, gli amanti, il botox, le scollature, il corpo delle donne, il maschilismo, tutto in mano a una specie di comitato etico (come quello che doveva giudicare il livello di scandalosità di Celentano a Sanremo) che, ha scritto Valeria Ottonelli, è convinto che “il miglioramento della nostra posizione sociale, come individui e come donne, possa passare attraverso la denigrazione e lo svilimento di altri individui e altre donne”. Lasciate in pace Maria Shriver, oppure liberatevi e confessate quanti figli avete anche voi con Arnold Schwarzenegger.
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