Com'era quella storia sulle primarie?

D'Alema, Vendola, il Pd e quello strano caso di Trani (e non è un omonimo)

Claudio Cerasa

La splendida frase da cui partire per capire il senso di questa piccola e surreale storia democratica la trovate nascosta in uno dei passaggi della lunga intervista concessa ieri da Massimo D’Alema a Dario Di Vico sul Corriere della Sera. “E’ bene che alle primarie i dirigenti nazionali si facciano gli affari loro e lascino sempre libera scelta ai cittadini”.

    La splendida frase da cui partire per capire il senso di questa piccola e surreale storia democratica la trovate nascosta in uno dei passaggi della lunga intervista concessa ieri da Massimo D’Alema a Dario Di Vico sul Corriere della Sera. “E’ bene che alle primarie i dirigenti nazionali si facciano gli affari loro e lascino sempre libera scelta ai cittadini”. Evidentemente, D’Alema, nella sua garbata invettiva, si riferiva al modo un po’ maldestro con cui alcuni dirigenti del Pd hanno gestito il pasticciaccio brutto delle primarie palermitane: D’Alema, dall’alto della sua esperienza internazionale, sa che un buon partito, per essere tale, non può perdere tempo a ficcare il naso nelle piccole beghe locali, e per questo, ogni volta che ne ha l’occasione, l’ex premier, con coraggio, ricorda ai suoi colleghi di lasciare fare e non interferire con le libere scelte dei cittadini. Per questo, dunque, non volendo dubitare della coerenza del presidente del Copasir, è evidente che a Massimo D’Alema deve essere sfuggito quanto Massimo D’Alema ha combinato in una città di una regione in cui l’ex presidente del Consiglio si dice che conti ancora molto: la Puglia. La città in questione – città negli ultimi tempi divenuta assai nota per via dell’incontenibile dinamismo di una delle procure più famose d’Italia – si chiama Trani, e per quanto la storia sia legata, naturalmente, alle singole dinamiche territoriali a suo modo la battaglia che si sta combattendo all’interno del centrosinistra in vista delle comunali della prossima primavera vale la pena di essere raccontata.

    La storia è questa: Trani, da anni, è una delle roccaforti del centrodestra nella regione di Nichi Vendola (anche lui, vedrete, in questa storia c’entra eccome). A Trani, lo scorso ottobre, il giovane capogruppo al comune del Pd (Fabrizio Ferrante, 35 anni) ha vinto, con un consenso record (l’80 per cento), le primarie convocate dal centrosinistra. In un primo momento, alle primarie avevano aderito tutti i partiti che fanno parte della coalizione (da Sel all’Idv). Poi, a un certo punto, gli alleati del Pd hanno scelto di tirarsi fuori dalla competizione e di fare uno sforzo per non dividersi e trovare un candidato su cui puntare, insieme, per espugnare il feudo del centrodestra. Risultato: Ferrante, dopo aver vinto le primarie, riceve da alcuni autorevoli esponenti del suo partito (non solo dalemiani) la richiesta di fare un passo indietro e lasciare il campo a un candidato “unitario”. Ferrante, però, dopo aver ricevuto il voto di duemila militanti, dice, ovviamente, che proprio non se ne parla, e così va avanti per la sua strada. Lungo la sua strada, però, il giovane democratico (di cultura cattolica, tendenza lettiana e simpatie renziane: era presente a ottobre sul palco della Leopolda) a un certo punto si ritrova di fronte a un ostacolo non indifferente: Ugo Operamolla, 75 anni. Operamolla, vecchio amico di D’Alema, è uno degli avvocati più famosi del foro di Trani, e dopo essersi rifiutato di candidarsi alle primarie di ottobre (quelle vinte da Ferrante) ha detto di no all’offerta ricevuta dai vertici del Pd pugliese (“va bene, facciamo finta che quelle primarie di ottobre non ci sono mai state, ma ora tu fai il bravo e organizzi assieme a noi delle nuove primarie di coalizione”) e ha scelto così di candidarsi alle comunali da indipendente: contro il centrodestra, ok, ma anche contro il candidato del Pd (Ferrante). Ma il tratto curioso della candidatura di Operamolla è il parterre che lo sponsorizza: non solo l’Idv e Sel ma anche un famoso dirigente nazionale fortissimamente convinto che durante le primarie i dirigenti nazionali dovrebbero farsi gli affari loro e lasciare libera scelta ai cittadini: Massimo D’Alema, già. La storia di Trani però è significativa anche per un altro motivo che, come avrete capito, riguarda il governatore della regione. Quel Vendola, insomma, che in un passato recente, con tono insieme commosso e solenne, aveva definito le primarie “come il gesto del bambino che ascolta la conchiglia e sente il rumore del mare: il rumore della vita” e che oggi invece, proprio nella sua regione accidenti, in nome del supremo spirito unitario del centrosinistra, non perde occasione per rinunciare a sentire quel formidabile “rumore del mare”. Succede a Trani, come avete visto, ma succede anche in altre città della regione di Nichi: a Taranto, dove Sel ha chiesto al centrosinistra di rinunciare alle primarie per puntare su un candidato unico (Ippazio Stefàno); e a Brindisi, dove sempre Sel ha chiesto al proprio candidato (Giovanni Brigante) di ritirarsi per puntare tutto su un altro candidato unitario (Mimmo Consales). Insomma, Nichi e Max: ma ce lo dite in Puglia che state a fa?
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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.