L'offensiva dei sindaci per l'eredità dell'anti montismo

Marianna Rizzini

Uno, da Napoli, che indossa la felpa Fiom, solidale con la Fiom in piazza. L’altro, da Bari, che non perde occasione per parlare di “listoni” civici di ambizione nazionale, dando nel contempo di “Badoglio” a Mario Monti. Infine i due tasselli mancanti, dal nord: dopo le manovre dei sindaci movimentisti Luigi De Magistris e Michele Emiliano per intestarsi l’eredità del malcontento anti Monti e anti Pd, “scassando” in Italia come nelle città, cominciano a intravedersi pure i passi, seppure molto più felpati, di Giuliano Pisapia e di Marco Doria, sindaco di Milano e candidato sindaco di Genova.

    Uno, da Napoli, che indossa la felpa Fiom, solidale con la Fiom in piazza. L’altro, da Bari, che non perde occasione per parlare di “listoni” civici di ambizione nazionale, dando nel contempo di “Badoglio” a Mario Monti. Infine i due tasselli mancanti, dal nord: dopo le manovre dei sindaci movimentisti Luigi De Magistris e Michele Emiliano per intestarsi l’eredità del malcontento anti Monti e anti Pd, “scassando” in Italia come nelle città, cominciano a intravedersi pure i passi, seppure molto più felpati, di Giuliano Pisapia e di Marco Doria, sindaco di Milano e candidato sindaco di Genova (che domani, assieme, presenteranno sotto la Madunina un libro intitolato “La sinistra arancione. Da Milano all’Italia?”, scritto da Tommaso Greco e Jacopo Perazzoli). E’ un altro piccolo indizio di vitalità della “Cosa” locale: sindaci, amministratori, governatori che, dal Pd e non, dicono tutto quello che la sinistra non può o non vuole dire (a seconda dell’area di riferimento) sul governo Monti, sulle candidature, sulle primarie, sulle alleanze – e sono cose che, a questo punto, dice, da Michele Santoro, a “Servizio Pubblico”, anche (l’ex?) tessera numero uno del Pd Carlo De Benedetti, vertice supremo del gruppo Espresso: no a Bersani premier (“la gente vuol voltare pagina”), no a Mario Draghi sui cambi al welfare (“è parte della nostra cultura”), sì agli indignati (“hanno ragione: sono l’indizio di un malessere che è molto più diffuso nel paese”). E allora tutto si tiene, anche il governatore democratico della Toscana Enrico Rossi che, sebbene in lessico più “partitico” di quello di Emiliano e De Magistris, dice: “Il governo Monti è estraneo al bagaglio culturale del Pd… il Pd non potrà mai essere il partito dei Passera e dei Monti”.

    I dissociati dalla linea ufficiale della sinistra di larghe intese, montiana obtorto collo o per convinzione, stanno lanciando un’offensiva – non da oggi, e non necessariamente in totale sintonia con Nichi Vendola, in bilico tra foto di Vasto e superamento della stessa. C’è un De Magistris più operaista degli operai che prima (in autunno) non va alla presentazione del nuovo modello di Panda a Pomigliano d’Arco e poi (due giorni fa) dice: “Io non credo che noi siamo una minoranza. Certamente siamo minoranza di poteri, ma siamo maggioranza nel paese. Per questo è importante che le istituzioni si schierino e sostengano queste battaglie. Dobbiamo portare queste istanze prima nelle piazze e poi nei governi. Quelli locali e quelli nazionali”. In mezzo, tra lo schiaffo alla Fiat e la dichiarazione d’intenti, c’è un percorso di Pollicino fatto di annunci: “Presenterò un manifesto per la nascita di un movimento che traduca le istanze di democrazia e partecipazione in istanze di governo”, diceva De Magistris nell’ottobre scorso, a governo tecnico ancora inesistente, e poi, in gennaio, si presentava con Emiliano alla grande riunione di Sel, con Vendola, e poi al Forum sui Beni Comuni a Napoli, sempre con Emiliano (che intanto, su Twitter, spiattellava in diretta le sue critiche al decreto “Salva Italia” durante l’incontro sindaci-Monti). “Valiamo il 20 per cento”, ha detto De Magistris al Fatto, avamposto mediatico dell’operazione, visto anche l’interessamento dell’editorialista del quotidiano (e padre di MicroMega) Paolo Flores d’Arcais. E’ la dichiarazione di guerra dei “né-né”, per dirla con l’Emiliano che, a questo giornale, confidava il sogno di un listone con tutti dentro, da Fli a Sel alla società civile: “Dovremmo sforzarci di essere il vero traino dei né di destra né di sinistra”, diceva, “né giovani né vecchi, né comunisti né berlusconiani, ragazzi e non ragazzi che non si sentono rappresentati da questi partiti”.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.