Che succede ai servizi segreti italiani?

Daniele Raineri

In Italia avevate i servizi segreti migliori in questo campo una volta, dice la fonte d'intelligence. Era diventata la vostra specialità: trattative per liberare gli ostaggi. Si può ben dire, perché dopo l'11 settembre, anzi, per essere precisi a partire dal 2002, la collaborazione tra servizi occidentali in questo campo è cresciuta: formavate una task force dedicata a ogni nuovo singolo caso, con aggiornamenti quotidiani, negoziavate, avete riportato a casa almeno trenta ostaggi.

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    In Italia avevate i servizi segreti migliori in questo campo una volta, dice la fonte d’intelligence. Era diventata la vostra specialità: trattative per liberare gli ostaggi. Si può ben dire, perché dopo l’11 settembre, anzi, per essere precisi a partire dal 2002, la collaborazione tra servizi occidentali in questo campo è cresciuta: formavate una task force dedicata a ogni nuovo singolo caso, con aggiornamenti quotidiani, negoziavate, avete riportato a casa almeno trenta ostaggi. Francesi: Christian Chesnot e Georges Malbrunot, Florence Aubenas. Americani. Polacchi. Tedeschi. E naturalmente anche italiani. Eravate diventati così esperti che gli altri servizi segreti vi appaltavano i casi, per le informazioni e per le mediazioni, persino il Mossad israeliano lo faceva, ricorda la fonte al Foglio. Iraq, Libano, Maghreb. Avete sempre avuto canali confidenziali privilegiati nel mondo arabo, grazie alle vostre imprese commerciali e a questo status di terzietà di cui godete. Per questo stavate godendo di un trattamento speciale, separato, anche con il vostro ostaggio in Nigeria, Franco Lamolinara.

    La fonte d’intelligence dice che il sospetto di un’azione degli inglesi all’insaputa degli italiani per non pagare il riscatto è infondato. Voi siete quelli che preferiscono pagare, gli inglesi come gli americani non negoziano a prescindere con i terroristi, ma non è per questo che vi hanno tenuto all’oscuro fino all’ultimo. In realtà è come se i due ostaggi fossero stati sequestrati da due gruppi differenti, perché i rapitori avevano adottato due politiche diverse. Fra loro ci sono anche veterani dell’Iraq, è un gruppo arabo africano che ha affiliazioni in tutto il Maghreb, non sono soltanto nigeriani di Boko Haram. Sanno per esperienza che italiani e inglesi trattano in modo diverso, perché l’hanno visto negli anni passati. La prova sta nel video entrato in possesso di Associated Press France il 5 dicembre scorso – e non a caso lo hanno consegnato in Mauritania, a nord della Nigeria. Il video dice due cose: la prima è che i rapitori si rivolgono direttamente agli inglesi e chiedono loro esplicitamente di non tentare alcun blitz per liberare il loro ostaggio; e la seconda cosa è una deduzione, c’è una regia complessiva dei sequestri africani, c’è un calendario in comune, sono legati fra loro. Occidentali rapiti in Nigeria, il video spunta in Mauritania, che è al centro anche del rapimento della cooperante sarda Rossella Urru.

    E dire, prosegue la fonte, che i servizi inglesi erano decisamente affiatati con i vostri. Siete stati voi a dimostrare nel 2004 che le foto di degrado e umiliazione di prigionieri iracheni da parte di soldati inglesi erano un falso. Le aveva pubblicate il Daily Mirror, sarebbero state un colpo devastante contro il primo ministro Tony Blair e invece costarono il posto di direttore a Piers Morgan. E l’anno dopo avete individuato e catturato il fuggitivo del secondo attentato alla metropolitana: volevano fare il bis delle stragi del 7 luglio, non ci erano riusciti, e quello in particolare era riuscito a scappare fino in Italia.

    Il disastro è venuto dopo: con il caso Abu Omar. L’imam radicale fu rapito a Milano da una squadra della Cia, l’azione divenne un processo della magistratura che investì i servizi segreti italiani e americani. In altri paesi ci sono state extraordinary rendition, ma soltanto da voi quel genere di problemi, dice la fonte. Sono uscite fuori, alla luce del sole, troppe informazioni. Vi siete rovinati la credibilità che s’era costruita assieme durante gli anni di collaborazione forzosa e funzionante in Iraq e altrove. Ora vi manca la collaborazione che c’era prima. E si vede anche nel caso in Nigeria. Una battaglia lunga nove ore, e il vostro premier è stato avvertito al telefono dal primo ministro britannico David Cameron.

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    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)