Parla Maurizio Sacconi
Lavoro, la verve riformatrice di Monti e Fornero
“L’azione di Mario Monti ed Elsa Fornero è un positivo completamento delle riforme del governo Berlusconi”. Maurizio Sacconi, ex ministro del Lavoro, non lesina apprezzamenti per l’esecutivo tecnico anche sulla riforma del mercato del lavoro: “Comunque – dice Sacconi in una conversazione con il Foglio – il segretario Angelino Alfano ha deciso per il 26 marzo di organizzare una conferenza nazionale proprio sul lavoro”. Quando ormai il tecnogoverno avrà deciso tutto.
“L’azione di Mario Monti ed Elsa Fornero è un positivo completamento delle riforme del governo Berlusconi”. Maurizio Sacconi, ex ministro del Lavoro, non lesina apprezzamenti per l’esecutivo tecnico anche sulla riforma del mercato del lavoro: “Comunque – dice Sacconi in una conversazione con il Foglio – il segretario Angelino Alfano ha deciso per il 26 marzo di organizzare una conferenza nazionale proprio sul lavoro”. Quando ormai il tecnogoverno avrà deciso tutto. “Guardi – risponde l’ex ministro – Pier Luigi Bersani dice spudoratamente che l’interesse del Pdl per il lavoro sarebbe strumentale. La nostra storia, la nostra esperienza di governo e il nostro futuro come partito popolare dicono esattamente il contrario e lo ribadiremo con un manifesto valoriale e programmatico che abbiamo presentato venerdì scorso nel seminario di Orvieto”.
Mentre voi parlate, il governo agisce. “Quello che il governo Monti ha deciso o ha in corso di decisione è il completamento dell’‘ultimo miglio’. Ossia l’approvazione delle fasi finali di riforme che il governo Berlusconi ha impostato e realizzato. E sul lavoro, l’azione dell’esecutivo tecnico s’inserisce nel solco della legge Biagi Uno, ovvero Treu, e della Biagi Due, ossia la nostra”. Però la riforma previdenziale robusta l’ha approvata il governo Monti e il ministro Fornero. “Anche in questo caso c’è stata l’accelerazione della transizione verso un punto di arrivo che avevamo definito noi. Comunque adesso è necessario chiedere ai paesi Ue parametri fondamentali comuni. In Germania, ad esempio, le donne lavoratrici vanno in pensione a 67 anni, dieci anni dopo di noi”.
Torniamo alla riforma del lavoro. Su apprendistato come contratto prevalente, estensione degli ammortizzatori sociali e innovazione per i licenziamenti le parti sociali sono d’accordo, tranne forse la Cgil sull’articolo 18. “Sull’apprendistato – spiega il predecessore del ministro Fornero – si tratta di attuare la nostra recente riforma cercando l’effettività della formazione nell’impresa più che nelle aule dei formatori. Sugli ammortizzatori, Fornero può riprendere la nostra legge delega con due strumenti”.
“I due strumenti sono la cassa integrazione per i lavoratori che possono avere una prospettiva di rientro in azienda e un’indennità per chi ha visto consumarsi il rapporto di lavoro. Con la possibilità di sussidi complementari su base volontaria e bilaterale”. Sacconi ricorda pure le critiche sulle risorse destinate alla cassa integrazione in deroga che hanno contribuito a non destrutturare il nostro sistema industriale. “Ma il cuore del problema sono i licenziamenti disciplinari e le innovazioni sono necessarie proprio alla luce della nostra idea di società comunitaria”.
Senatore, non scantoniamo su questioni politico-culturali, anche perché Fornero indica nella Svezia e nell’Olanda i modelli di riferimento, altro che comunitarismo. “E invece le spiego il nesso tra comunitarismo e licenziamenti. La società italiana, intrisa di valori cristiani, si fonda sulla dimensione comunitaria, dalla famiglia, all’impresa, al territorio. Dimensioni che si oppongono alla solitudine delle società nordiche, così bene rappresentata dalla loro produzione cinematografica neorealista. Le relazioni industriali nella visione comunitaria hanno uno sviluppo negli accordi aziendali, ora sostenuti dall’articolo 8 della manovra dello scorso agosto. Il neo comunitarismo si basa su un’idea antitetica al conflitto di classe anche nei rapporti di lavoro”. E quindi? “Se l’impresa è una comunità di interessi e di valori, quando il rapporto fiduciario o l’equilibrio economico vengono meno, deve essere possibile sciogliere il vincolo, a determinate condizioni (niente discriminazioni) e con tutele adeguate”.
Il datore di lavoro, aggiunge Sacconi, oggi sa invece che dovrà rinunciare a licenziare i dipendenti infedeli o incapaci perché il giudice reintegrerebbe il lavoratore, magari con 7-8 anni di ritardo, e dovendo pagare tutti gli arretrati. Però la Cgil sostiene che le cause sono pochissime, quindi il problema non esiste. “Il numero basso di cause è la controprova invece che il problema esiste e rattrappisce la propensione ad assumere”. Per questo Sacconi, più che a rimettere la questione alla giurisprudenza, auspica che si trovi una soluzione “semplice e chiara che preveda tempi rapidi e soluzioni certe”. Quindi sempre e comunque con Monti e Fornero? “Il governo Monti ha sempre più l’effetto per la sinistra di un idraulico liquido. Si pensi per un attimo se questa riforma l’avessimo proposta noi!”.
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