Tendenza Publitalia

Così Galan e Micciché riportano Casini verso la Casa delle libertà 2.0

Salvatore Merlo

“Per salvare il berlusconismo bisogna andare oltre il Pdl”, dice Giancarlo Galan con una limatura di sorriso. Mentre Gianfranco Micciché allarga le braccia, segno di resa, ovvero di massima accondiscendenza nei confronti dell’amico: “Per me Giancarlo ha sempre ragione”. E l’altro, di rimando: “Siamo gli ultimi due berlusconiani rimasti. Il Pdl va chiuso, e il polo dei moderati ricostruito con Casini”.

    “Per salvare il berlusconismo bisogna andare oltre il Pdl”, dice Giancarlo Galan con una limatura di sorriso. Mentre Gianfranco Micciché allarga le braccia, segno di resa, ovvero di massima accondiscendenza nei confronti dell’amico: “Per me Giancarlo ha sempre ragione”. E l’altro, di rimando: “Siamo gli ultimi due berlusconiani rimasti. Il Pdl va chiuso, e il polo dei moderati ricostruito con Casini”. I due ex manager di Publitalia, rispettivamente tessera numero 19 (Galan) e tessera numero 16 (Micciché) di Forza Italia, hanno ricostruito l’alleanza perduta con l’Udc in Sicilia e in Veneto, a Palermo e a Verona. Per abbracciare il Pdl, a Palermo, Casini ha persino rotto l’alleanza con Gianfranco Fini e Raffaele Lombardo, scheggiando così (in modo permanente?) quel Terzo polo sul quale sembrava avere invece investito tutto, impugnando la bandiera di “un nostro candidato alternativo in ogni provincia e in ogni comune”.

    Berlusconi non c’entra nulla, giurano; ma in realtà il Cavaliere silente, che passeggia per i giardini di Arcore aspettando che sboccino i suoi famosi tulipani, è intervenuto in maniera determinante sugli accordi elettorali. Telefonate convulse a Micciché, incontri a Roma con Renato Schifani, rassicurazioni e promesse all’Udc. Berlusconi non ha partecipato alla riunione del Pdl a Orvieto, non si occupa di tessere né di congressi, sbadiglia al solo sentir parlare di “partito”, ma dietro le operazioni di Palermo e di Verona (le più suggestive e promettenti per il futuro) c’è ancora lui, il Cavaliere afasico che manda avanti il suo segretario (con o senza “quid”). I fili al vento dell’alleanza con Casini sono stati riacciuffati, un po’ da Alfano, certo, ma soprattutto dagli ambienti di Publitalia, da Galan e da Micciché, il veneto e il siciliano, così lontani così vicini, due fedeltà profonde, antiche e sedimentate nei confronti di Berlusconi. Così in fondo alle schermaglie e alle ritrosie, ai cauti passettini e ai colpettini di tosse, ai vertici che saltano tra i segretari nazionali su Rai e Giustizia, si scorge invece una trama che tutti ancora sembrano avere interesse a confondere (“Le amministrative? Sono una cosa diversa dalle politiche”, si schermisce Casini). Eppure tutto si rafforza e prende corpo anche nelle mezze ammissioni, e allusioni, dell’Udc. “Sulle frequenze televisive l’asta è molto molto complicata. Potrebbe esserci un ricorso e si potrebbe bloccare la procedura”, ha detto ieri al manifesto Roberto Rao, il circospetto luogotenente romano di Pier Ferdinando Casini: mai una parola che non abbia uno scopo preciso. Una frase densa di non detti, quella sulle frequenze televisive così care al Cavaliere (e a Mediaset), che occulta una catena di scambi e di implicazioni politiche che arriva fino alle elezioni del 2013 e alla suggestione di un grande cartello elettorale comune Pdl-Udc.

    E forse è solo un caso (ma anche no) che tutto precipiti nei giorni in cui le trattative di potere sugli assetti della Rai si fanno intense (domani Mario Monti vedrà Bersani, Alfano e Casini). “La scelta dell’Udc a Palermo la dice lunga sulle intenzioni nazionale di Casini. Ma non fatemi parlare…”, si è fatto sfuggire ieri alla Camera Carmelo Briguglio, deputato e colonnello siciliano di Gianfranco Fini. Nel gruppo di Fli, tra i fedelissimi del presidente della Camera, si agita un vortice di sospetti (che in realtà riguardano persino le intenzioni più remote del loro stesso capo, Fini, il quale forse la mano tesa del Pdl la vorrebbe afferrare). Intanto Casini l’ha stretta lui la mano di Micciché (e di Alfano): sosterranno tutti la candidatura di Massimo Costa a sindaco di Palermo. E dunque i finiani lasciano il Terzo polo, individuano un loro candidato di disturbo, Alessandro Aricò, mentre osservano un po’ scornati l’ennesima furbizia del governatore ribaltonista Raffaele Lombardo, che formalmente sostiene anche lui Aricò, ma che in realtà si è già promesso con il suo pacchetto di voti al candidato del Pd (e del suo alleato ex diessino, Giuseppe Lumia) Luigi Ferrandelli. E’ la costruzione di Micciché, dietro cui si scorge l’ombra di Berlusconi (“Gianfranco, il prossimo governatore della Sicilia sei tu”), una mossa simmetrica a quella di Galan, che con l’Udc (e Fli) ha ricostruito l’alleanza, ha annientato le resistenze del Pdl locale, e a Verona ha candidato sindaco Luigi Castelletti. Se non fosse stato per Bossi, avrebbe anche chiuso l’accordo con la Lega e con il maroniano Flavio Tosi (ma il secondo turno potrebbe riservare la sorpresa). “Il paradosso – dice Galan – è che per vincere sia necessario sfasciare il Pdl, come ha fatto anche Micciché”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.