Chi fa la guerra al corpo (elettorale) delle donne d'America?

Paola Peduzzi

Lunedì scorso un milione di donne americane ha ricevuto un’email dal presidente, Barack Obama, cortese e ottimista, sull’importanza delle donne ora e sempre, sulle politiche a loro sostegno, su quanto sia inevitabile che vadano, a novembre, a rivotare Obama. Le email erano targetizzate, perché c’è donna e donna (e confondersi è sempre pericoloso), la mamma ha esigenze diverse rispetto alle giovani donne o alle nonne, e per ognuna la promessa dev’essere credibile.

    Lunedì scorso un milione di donne americane ha ricevuto un’email dal presidente, Barack Obama, cortese e ottimista, sull’importanza delle donne ora e sempre, sulle politiche a loro sostegno, su quanto sia inevitabile che vadano, a novembre, a rivotare Obama. Le email erano targetizzate, perché c’è donna e donna (e confondersi è sempre pericoloso), la mamma ha esigenze diverse rispetto alle giovani donne o alle nonne, e per ognuna la promessa dev’essere credibile. Ieri è iniziata anche la grande campagna “Nurses for Obama”, infermiere scatenate in difesa della riforma sanitaria (in attesa che la Corte suprema dia il suo verdetto sul futuro dell’Obamacare) pronte a convincere gli elettori, ma soprattutto le elettrici, delle opportunità della riforma.
    Per tutto il mese di marzo, con un gran finale nella “Women’s Week of Action”, Obama si occuperà del corpo elettorale delle donne, un corpo quanto mai importante, visto che, nel favoloso – e irripetibile – 2008, il presidente fu votato dal 56 per cento delle donne. Già nel novembre del 2010, per le elezioni di metà mandato, le preferenze femminili sono andate ai repubblicani. I quali, impegnati nelle loro bizzarre primarie, stanno riuscendo a erodere quel vantaggio guadagnato in quattro anni senza praticamente fare nulla (è il disamore per Obama, la fine di una grande storia d’amore, con tutte le sue illusioni, a struggere le donne americane). I valori sono al centro della rincorsa infinita di Rick Santorum, che sembra sempre finito ma non lo è mai, anche se il divario tra il numero di delegati conquistati da Mitt Romney e i suoi è sempre più ampio. In questa nuova fase delle “guerre culturali” le donne sono lì in mezzo, con i loro diritti, le loro esigenze, la loro caccia all’equità, a volte tanto arrovellata da condannarle nei recinti, con fili spinati, delle quote rosa.

    A mettere le donne sul piede di guerra è stato un signore chiamato Rush Limbaugh, che è il commentatore radiofonico conservatore più famoso d’America, nonché il più fastidioso, scorretto, scorbutico e partisan del paese. Limbaugh ha il dono di fare arrabbiare tutti, repubblicani e democratici, perché dice quel che i politici non possono dire, e lo dice con quel tono offensivo e sincero che non può che risultare indigeribile. Limbaugh ha anche il dono di essere ascoltatissimo, soprattutto da quella parte di mondo americano che a noi europei pare vicina e reale quasi quanto Plutone, ma che poi fa pressioni, influenza le strategie, soprattutto vota. Ecco, Limbaugh ha dato di “slut”, cioè di troia, e di “prostitute”, per ribadire il concetto, a Sandra Fluke, una studentessa della Law School di Georgetown che con il suo visino pulito e la voce straordinariamente ferma aveva detto alle audizioni democratiche al Congresso (i repubblicani non l’avevano fatta testimoniare, “irrilevante” è stata definita) che la contraccezione deve essere coperta dall’assicurazione sanitaria perché arriva a costare anche tremila dollari lungo l’arco di una Law School ed è una spesa che le studentesse non possono sostenere (e che Georgetown, università cattolica, attualmente non copre). Limbaugh non ci ha visto più, è andato e ritornato sulla questione per giorni, dicendo: questa signorina vuole che noi la paghiamo per fare tutto il sesso che le pare, perché non riesce a pagarsi i contraccettivi per quanto sesso fa, e allora una donna che si fa pagare per fare sesso che cos’è, una troia, una prostituta? E noi che la paghiamo cosa siamo? Dei magnaccia. Poi Limbaugh ha ritrattato quello “slut”, usando un’espressione che vuol dire “donna promiscua”, non migliorando di molto la sua posizione. In una di queste digressioni, Limbaugh ha anche ripreso quel che aveva detto Foster Friess, il più grande donatore del superPac di Santorum: “Ai miei tempi le donne usavano l’aspirina come contraccettivo, la mettevano in mezzo alle ginocchia e non era molto costosa”.

    Come spesso accade nelle discussioni su sesso e donne, non c’è limite al peggio e così Limbaugh è diventato il rappresentante della politica repubblicana per le donne, e su di lui si sono scatenate le ire di donne, democratici, repubblicani, commentatori, commentatrici, femministe, antifemministe – insomma tutti erano indignati. Tanto che alcuni inserzionisti hanno tolto la pubblicità al programma e a un certo punto qualcuno ha persino detto che la trasmissione di Limbaugh avrebbe chiuso a breve (che è come dire che il gruppo radiofonico che diffonde lo show in tutto il paese, Premiere Networks, ha deciso di fallire).
    L’attacco è stato certamente durissimo, ma si è creata una bolla di misoginia attorno alla questione: Limbaugh è sempre così, anzi a volte è peggio, è uno che chiama Hillary Clinton, ogni volta che la nomina, “sex-retary of state”, e la signora è il capo della diplomazia americana. Se esistesse un filtro che registra il rispetto per le donne nelle parole di Limbaugh, la sua trasmissione non esisterebbe, sarebbe già stata chiusa, forse non sarebbe nemmeno mai nata. E invece.

    Il caso Limbaugh ha fatto passare un messaggio potenzialmente devastante: i repubblicani odiano le donne. Mother Jones, rivista della sinistra radicale, ha creato un caso attorno alla misoginia di ritorno, retaggio della cultura dei conservatori ora più che mai svelato al mondo: Limbaugh è soltanto l’ultimo attacco al corpo delle donne – sostiene Mother Jones – che si è articolato attorno al dibattito sulla contraccezione e alla candidatura di Santorum, l’antidonne in chief. E’ lui che mette sempre in dubbio la moralità dei test prenatale ed è lui che ha scritto che “le femministe radicali” sono il motivo per cui le donne oggi sono costrette a lavorare fuori di casa – anche se su questo Santorum s’è difeso dicendo che quella parte del suo libro è stata scritta dalla moglie Karen, non da lui (a ben vedere, questa sì che è misoginia nei confronti della moglie, la quale però è già parecchio bersagliata: l’ultima sul suo conto favoleggia di una storia di sesso tra lei e un medico abortista). E’ Santorum insomma che ha tirato fuori il genio misogino dalla lampada e sarà colpa sua se il Partito repubblicano perderà il voto delle donne. “Fino a sei settimane fa, i democratici soffrivano di un ‘gap d’intensità’ rispetto al 2008, ma questo gap si è ridotto da quando le donne, soprattutto le donne delle periferie, hanno voltato le spalle al Gop”, ha detto sicuro al New York Times il sondaggista Peter Hart.

    Sul voto delle donne a Obama ancora non si può dire granché, i sondaggi rivelano che è un rapporto burrascoso: a gennaio il 48 per cento delle donne disapprovava il presidente e ora quella percentuale è al 38 per cento. Ieri uno studio di Bloomberg ha segnalato che, in uno scontro tra Obama e Romney, il primo prenderebbe il 49 per cento dei voti delle donne contro il 45 del repubblicano, ma il dato non è rassicurante: è sette punti percentuali più basso rispetto al 2008. Obama non perde occasione per parlare alle donne, anche se lo spot definitivo (che però non ha visto nessuno) lo ha fatto nei due minuti che hanno preceduto il famoso discorso “Welcome home”, quello del ritiro dall’Iraq, il 14 dicembre scorso. Michelle Obama aveva parlato prima del presidente, e mentre lei prendeva posto lui ha ripetuto che è Michelle la sua ispirazione e la sua guida e le solite manfrine, ma poi gli è scappato un “and she is cute” che è rimbombato così sincero da far capitolare anche le più disilluse: come non fidarsi di un marito innamorato?

    Il voto delle donne nelle primarie repubblicane invece è noto. In generale si può dire che le donne non sposate votano per Romney e quelle sposate preferiscono Santorum. Ma Santorum prende più voti di Romney quando la variabile donne è incrociata con altre caratteristiche: due giorni fa in Alabama, Santorum ha conquistato il 49 per cento del voto delle donne lavoratrici, che è un risultato straordinario perché nei voti precedenti le donne lavoratrici tendevano a votare Romney. In Alabama i temi valoriali sono ovviamente più sentiti che in Massachusetts, per dire, ma secondo il blog elettorale del New York Times, “The caucus”, Santorum sta consolidando il suo trend positivo con il voto femminile, nonostante la cosiddetta “guerra alle donne” che avrebbe lui stesso ingaggiato: in Tennessee, Oklahoma, Alabama e Mississippi, Santorum ha conquistato anche le donne non sposate (in questi stati la variabile religiosa è predominante).
    Quindi, il corpo delle donne è davvero in pericolo? E se sì, chi vincerà la guerra? Secondo Maureen Dowd, columnist del New York Times, questa campagna elettorale ha mostrato che le donne sono vulnerabili e che non c’è nulla di sicuro nei diritti conquistati in decenni, basta un Limbaugh qualunque a riportare lo status femminile indietro di secoli – l’unico modo per salvarci, secondo Dowd, è farci proteggere da Hillary Clinton, portando lei nel 2016 alla Casa Bianca. Più prosaicamente, i repubblicani sul campo cercano di non perdere terreno e di non dover subire troppo il cosiddetto “gender gap”. John Feehery, per anni consulente dei repubblicani, ha scritto un articolo dal titolo: “Listen to your wife”, ascolta tua moglie. Per quanto banale possa sembrare, a volte le guerre culturali si vincono con il buon senso.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi