Più ogm per tutti

Carlo Stagnaro

Gli ogm non servono all’Italia. Con queste parole il ministro dell’Agricoltura, Mario Catania, ha sepolto il dibattito aperto dal titolare dell’Ambiente, Corrado Clini, che con un’intervista al Corriere della Sera aveva allineato l’Italia a Spagna, Svezia, Ungheria e Danimarca nel chiedere maggiore tolleranza. Catania non è isolato: le sue parole riassumono le posizioni di gran parte dei partiti, di destra e sinistra, e del mondo agricolo.

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    Gli ogm non servono all’Italia. Con queste parole il ministro dell’Agricoltura, Mario Catania, ha sepolto il dibattito aperto dal titolare dell’Ambiente, Corrado Clini, che con un’intervista al Corriere della Sera aveva allineato l’Italia a Spagna, Svezia, Ungheria e Danimarca nel chiedere maggiore tolleranza. Catania non è isolato: le sue parole riassumono le posizioni di gran parte dei partiti, di destra e sinistra, e del mondo agricolo. Poche le eccezioni, tra cui il capogruppo di Fli alla Camera, Benedetto Della Vedova, e, con qualche distinguo, Confagricoltura, più l’associazione degli agricoltori pro ogm, Futuragra. Ma davvero Clini ha espresso un pensiero così eccentrico?

    Il punto di partenza di qualunque riflessione si riassume in 83 caratteri, cioè un tweet di Anna Meldolesi: “20 anni di sperimentazioni, 160 milioni di ettari piantati da 16 milioni di coltivatori in 29 paesi”. Gli organismi geneticamente modificati non hanno mai causato problemi ambientali o messo a repentaglio la salute umana. Né ciò avrebbe potuto accadere: prima di poter essere interrato, un seme transgenico deve superare un percorso autorizzativo rigorosissimo.

    L’aspetto scientifico – che ormai può destare preoccupazioni solo se opportunamente cucinato dagli uffici stampa e propaganda – passa in secondo piano rispetto alla gravità delle parole di Catania. Dire che l’Italia non ha “bisogno” degli ogm presuppone due assunzioni “eroiche”. Primo: che abbia un senso sostenere che al paese serva questa o quella tecnologia. L’Italia non è un unico organismo, è un mercato popolato da una miriade di aziende che hanno strategie, interessi e obiettivi differenti. Se anche una sola di esse volesse sfruttare i prodotti dell’ingegneria genetica, l’affermazione di Catania sarebbe automaticamente falsificata. E, come dato di fatto, ci sono diverse realtà agricole che lo farebbero, se solo potessero; e non possono a causa di un assurdo oscurantismo normativo. Secondo: se tutte le imprese italiane (o i consumatori) fossero unanimi nel rifiutare gli ogm non ci sarebbe alcun bisogno di imporre divieti anacronistici. Sarebbe la mano invisibile del mercato a fare pollice verso. Il niet della politica sarebbe superfluo. Il bello è che, nel passato, i ministri con background tecnico si sono sempre schierati per una maggiore libertà di utilizzo e di ricerca: come ha ricordato Giordano Masini su Chicago blog, è stato così, tra gli altri, per Umberto Veronesi e Paolo De Castro, col supporto di Rita Levi Montalcini e Renato Dulbecco e forti di un documento firmato dalle 19 società tecnico-scientifiche di settore. Nell’altra metà campo si trovavano generalmente i ministri politici, quali Gianni Alemanno, Alfonso Pecoraro Scanio e Luca Zaia. 

    C’è di più. La tesi che l’Italia non “ha bisogno” degli ogm, sulla base del fatto che finora abbiamo fatto senza (anche perché non era consentito comportarsi altrimenti…), andrebbe portata alle sue estreme conseguenze.

    Per quale ragione dovremmo avere “bisogno” dei superconduttori, dei biocarburanti di seconda generazione, dei nuovi materiali polimerici? In fondo, siamo sopravvissuti utilizzando le alternative vecchio stile. Il che può essere riprodotto andando indietro nel tempo: che bisogno c’è dell’automobile, se possiamo spostarci a cavallo? E delle pompe di calore, se possiamo bruciare legna? O dell’email, se possiamo scriverci con carta e penna? La pretesa di fare il bene altrui, e di conoscerlo, è per definizione sorda a qualunque argomento razionale. Lo ha immortalato Alessandro Manzoni nella figura di Donna Prassede, che “parlando a fin di bene, tirava avanti, senza lasciarsi smovere: come i gemiti, i gridi supplichevoli, potranno ben trattenere l’arme d’un nemico, ma non il ferro d’un chirurgo”. Siamo ancora e sempre lì.

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