E ora boicottiamo Israele!
Mentre la comunità ebraica americana discute accanitamente sulla solitudine d’Israele e il possibile strike all’Iran, in Europa l’antisemitismo rialza la testa e lascia a terra un rabbino e tre bambini ebrei. In un duro attacco al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il direttore del New Yorker, David Remnick, scriveva che Israele è ossessionato dall’antisemitismo, che sta perdendo la sua anima pluralista e che il suo principale nemico è la propria paranoia, non l’Iran atomico.
Leggi Lo scooter, l’arma, il precedente e dieci anni di antisemitismo a Tolosa - Guarda la puntata di Qui Radio Londra Il terrore di Tolosa contro i bambini di Israele
Mentre la comunità ebraica americana discute accanitamente sulla solitudine d’Israele e il possibile strike all’Iran, in Europa l’antisemitismo rialza la testa e lascia a terra un rabbino e tre bambini ebrei. In un duro attacco al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il direttore del New Yorker, David Remnick, scriveva che Israele è ossessionato dall’antisemitismo, che sta perdendo la sua anima pluralista e che il suo principale nemico è la propria paranoia, non l’Iran atomico. Critiche legittime, che da sempre scandiscono la vita della diaspora nel suo rapporto con lo stato ebraico. Ma a conferma che l’antisemitismo è qualcosa di più che una fissazione di Netanyahu, i terroristi ieri hanno insanguinato una scuola ebraica nel cuore della Francia. Quattro morti, molti feriti gravi, con un rabbino e tre bambini uccisi. Così, nella zona che un tempo fu terreno di caccia dei gendarmi di Vichy, altri bambini sono stati uccisi per quello che sono: ebrei. Ieri testimoni locali raccontavano di alunni inseguiti fin dentro alla scuola, esattamente come quando quarant’anni fa in Israele altri terroristi uccisero venti studenti in una scuola. Tolosa è stato un attentato in piena regola, di cui ancora si ignorano mandanti, che è destinato ad aumentare la paura già dilagante tra i settecento mila ebrei di Francia.
Una scuola ebraica con lo stesso nome, Otzar Hatorah, venne incendiata alla periferia di Parigi nel 2002. Un anno fa, proprio a Tolosa, apparvero le scritte “Israele nazista” e “sionisti nazisti” su alcuni edifici ebraici. Poi arrivarono le molotov. I terroristi ieri avevano come obiettivo quello di trucidare ebrei, proprio e soltanto perché ebrei, di infangare e distruggere un centro ebraico, soltanto perché di ebrei, il rabbino Jonathan Sandler e i suoi due figli di tre e sei anni. Unico, terribile, obiettivo pregno di valori religiosi tra tutti i simboli che i terroristi hanno deciso di riempire di odio e sangue. A differenza dell’ambasciata israeliana in India colpita tre settimane fa da un commando iraniano, la scuola di Tolosa non aveva assolutamente nulla a che fare con Israele, ma ha tutto a che fare con la questione ebraica.
La settimana scorsa Israele ha commemorato le vittime ebraiche di Itamar, un eccidio simile a quello di Tolosa. Quella sera, una ragazzina israeliana di dodici anni era fuori casa con degli amici fino a mezzanotte, in un villaggio vicino al suo, una “colonia”. Entrò e vide sua madre, il padre, e tre fratelli (di undici e tre anni e l’ultimo di appena tre mesi) con la gola squarciata da un commando del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Allora si lesse da più parti che erano dei “coloni”, che se l’erano cercata e che i loro beni andavano boicottati. Sul New York Times Peter Beinart, l’ex direttore di New Republic autore di un saggio sulla crisi d’Israele, invitava proprio ieri nel NYT a boicottare gli insediamenti ebraici “non democratici”. A forza di demonizzare, gli stessi israeliani che vivono in quelle case si sono ritrovati a essere “illegali” e “illegittimi”. Uccidere un “demone” o i figli di “mostri” o “diavoli” non è come sottrarre la vita a un essere umano. Ci dicono questo gli occhi neri e scintillanti dei terroristi di Itamar, esprimono la loro brama di arrossare il Mediterraneo con il sangue degli ebrei.
Proprio adesso che Israele è impegnato in una danza tragica su come disarmare il nucleare iraniano, la strage di Tolosa ne ricorda un’altra, compiuta vent’anni fa a Buenos Aires da agenti iraniani e di Hezbollah che fecero saltare in aria la sede dell’ambasciata israeliana. Ci furono trenta morti. Due anni dopo un altro attentato, sempre per mano degli iraniani, sventra la sede delle assicurazioni ebraiche. Ottanta morti.
L’attacco di Tolosa è il culmine di una tragica campagna antisemita in Francia denunciata per la prima volta da Ariel Sharon nel 2002, quando con grande scandalo invitò gli ebrei francesi a emigrare in Israele. Anche allora, come oggi con Netanyahu, i critici d’Israele dissero che Sharon era isterico, paranoico e “sionista”. Ma il “Bulldozer” aveva ragione nel dire che una giudeofobia aveva fatto ammalare la Francia a partire dalla Seconda Intifada. Il presidente dell’Observatoire de l’antisémitisme, Pierre-André Taguieff, ha parlato di “nuova giudeofobia” e secondo Roger Cukierman, del Consiglio delle istituzioni ebraiche di Francia, “in certi ambienti intellettuali l’antisemitismo è diventato politicamente corretto”.
L’ex Gran rabbino di Francia, Joseph Sitruk, invita gli ebrei a non portare la kippah o a nasconderla sotto un più discreto cappellino. Per dare meno nell’occhio. Nel paese che per primo in Europa liberò gli ebrei dal giogo dell’intolleranza due secoli fa. Due settimane fa il ministero dell’Interno, in collaborazione con l’Unione delle comunità ebraiche, ha diffuso i dati dell’odio antiebraico: 389 attacchi antisemiti nel 2011, una media di uno al giorno. Gli ebrei francesi vivono nel terrore da quando Ilan Halimi fu rapito a Parigi nel gennaio del 2006 da un gruppo di teppisti musulmani con motivazioni antisemite e di estorsione (per loro il ragazzo, un commesso figlio di modesta famiglia, poiché ebreo era anche ricco). Halimi fu torturato per quattro settimane mentre i rapitori gli leggevano pagine del Corano, e poi gettato per strada coperto di ferite mortali. Allora sentimmo dire che non era antisemitismo, ma “delinquenza”. Altri lo diranno di nuovo per la strage di Tolosa. La magistratura francese ritirò le copie del magazine Choc che aveva pubblicato la fotografia di Halimi in ostaggio, giudicandola “offensiva”. Si vede Ilan imbavagliato, con una pistola alla tempia e una copia di un giornale. La stessa, identica posa d’una famigerata fotografia di sette anni prima con Daniel Pearl, il corrispondente ebreo del Wall Street Journal decapitato in Pakistan. All’epoca del processo Halimi Judea Pearl, il padre del giornalista ucciso, si domandò: “Come ha fatto questo clima disumano a infiltrarsi nel paese che ha dato al mondo libertà, uguaglianza e fratellanza?”. E’ questa la domanda a cui la Francia repubblicana deve ancora una degna risposta.
Tolosa è come Maalot, la città israeliana in cui nel 1974, nell’alta Galilea, un commando terroristico uccise ventuno liceali e i loro tre insegnanti, prima di essere a loro volta freddati dai soldati di Tsahal. Ricorreva il ventiseiesimo anniversario dell’indipendenza dello stato. Era un giorno di festa, il primo dopo la guerra del Kippur, scoppiata l’autunno precedente. Maalot era stata fondata negli anni ’50, quando centinaia di migliaia di ebrei dovettero scappare dai paesi arabi nordafricani ostili e rifugiarsi in Israele. Nonostante il tragico bilancio, Israele imparò la lezione e due anni dopo riuscì a salvare tutti gli ostaggi con l’operazione “Entebbe”, quando, in Uganda, terroristi dirottarono un aereo. Oggi che si discute nuovamente, con ragioni che abitano da entrambe le parti, se Israele sia in grado di volare a duemila chilometri di distanza per spegnere le centrifughe atomiche iraniane, l’eccidio di Tolosa ci ricorda perché l’antisemitismo non è il parto dei paranoici e perché il bersaglio è sempre lo stesso: Israele. O come ebbe a chiamarlo un ambasciatore francese a Londra, Daniel Bernard: “Ce petit pays de merde”. Quel piccolo paese di merda.
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