Un due tre str…
La prima regola della gente di mondo è: non essere permalosi. O almeno fingere di divertirsi. Con l’imitazione, la presa in giro, la messa in ridicolo di tic, difetti, vuoti di senso, manie espressive di un personaggio conosciuto. Il personaggio conosciuto deve essere contento e grato al comico che gli si dedica, non soltanto in nome della libertà di satira ma anche della consacrazione letterario-televisiva che deriva dall’essere improvvisamente un format. Pier Luigi Bersani, ad esempio, è entrato in simbiosi con Maurizio Crozza.
La prima regola della gente di mondo è: non essere permalosi. O almeno fingere di divertirsi. Con l’imitazione, la presa in giro, la messa in ridicolo di tic, difetti, vuoti di senso, manie espressive di un personaggio conosciuto. Il personaggio conosciuto deve essere contento e grato al comico che gli si dedica, non soltanto in nome della libertà di satira ma anche della consacrazione letterario-televisiva che deriva dall’essere improvvisamente un format. Pier Luigi Bersani, ad esempio, è entrato in simbiosi con Maurizio Crozza, e oltre a diventare paonazzo dal ridere quando viene imitato con la zeta emiliana (e smacchiare i giaguari, cambiare gli infissi al Colosseo, tutte le metafore di un piccolo mondo antico) partecipa egli stesso della propria messa in scena, aggiungendo battute, imitando Crozza che lo imita, mostrando insomma il massimo della soddisfazione anche politica (la stessa cosa accadde a Ignazio La Russa, fiero di rimirarsi nella parodia di Fiorello, con lui e la moglie Alabarda che accompagnano i bambini a scuola su un cingolato, e anzi a un certo punto si convinse di essere diventato egli stesso la parodia, fece un po’ di confusione). Ci sono caricature che fungono anche da restyling e danno una sistemata all’immagine, aggiungono un’aria di disinvolta mondanità e di sense of humour all’imitato in grado di specchiarsi allegramente nella sua deformazione comica. Lucia Annunziata, invece, non si diverte per niente. L’imitazione feroce che le regala da quasi dieci anni Sabina Guzzanti (cominciò quando Annunziata era presidente di garanzia della Rai, e prosegue oggi a “Un due tre stella”) le dà così fastidio che domenica scorsa, nella sua trasmissione “In mezz’ora”, mentre battagliava con Francesco Rutelli sulla questione denari della Margherita, è sbottata: “Non mi tratti da deficiente, c’è già tanta gente che lo fa, la prima è Sabina Guzzanti, ci sono abituata”. Fuori contesto, ma completamente sincera. Un’ammissione di debolezza, di sofferenza di fronte alla burla. Lo aveva già detto in faccia alla Guzzanti molti anni fa: “Sabrina (nome storpiato forse per vendetta, ndr), tu mi hai dipinto come una che parla napoletano, ha gli occhi storti e non conta un cazzo”. L’autoironia non si può inventare e quasi tutti infatti la simulano, con una fatica bestiale, alzano muri di sorrisi distesi in pubblico, scherzano sul difetto fisico messo in luce dalla parodia, e in privato digrignano i denti, fanno riti vudu, riguardano all’infinito la propria scimmiottatura e come Johnny Stecchino scuotono la testa: “Non me somiglia per niente” (“Ma se è tale e quale a te, ci cascherebbe pure tua madre”).
Annunziata non finge gentedimondismo, si offende e si accende, si autoparodizza perfino, ma dopo tanti anni di riuscito tiro al bersaglio anche Sabina Guzzanti si è affezionata e ha risposto su Twitter con una scioccante dichiarazione benevola: “Posso dire che oggi #annunziata mi è stata simpatica? solo non capisco perché se la prende tanto”. Forse perché Sabina Guzzanti non le ha mai detto grazie, dopo tutta quell’ispirazione regalata. Così adesso Guzzanti-Annunziata potrebbe fare un omaggio alla sua più riuscita creatura: “Cara Sab(r)ina, se qualche volta ti ho rigato la macchina l’ho fatto soltanto in segno d’affetto, non capisco perché te la prendi tanto”. E farsi venire qualche nuova idea.
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