Il golpe anti Assad parte dai leak

Daniele Raineri

Prima le mail scandalose e ora un dossier di documenti segreti portati all’estero da un disertore rispondono a una logica precisa: isolare il presidente Bashar el Assad e un ristrettissimo numero di suoi collaboratori dal resto del governo e farli apparire come gli unici responsabili di questo anno di repressione violentissima, in vista di una sostituzione al vertice dello stato che non sia una rivoluzione totale, ma piuttosto una soluzione interna, un cambio della guardia, un epilogo “all’egiziana”, con i generali e i servizi segreti che mollano il presidente Hosni Mubarak e si sostituiscono al suo potere.

    Prima le mail scandalose e ora un dossier di documenti segreti portati all’estero da un disertore rispondono a una logica precisa: isolare il presidente Bashar el Assad e un ristrettissimo numero di suoi collaboratori dal resto del governo e farli apparire come gli unici responsabili di questo anno di repressione violentissima, in vista di una sostituzione al vertice dello stato che non sia una rivoluzione totale, ma piuttosto una soluzione interna, un cambio della guardia, un epilogo “all’egiziana”, con i generali e i servizi segreti che mollano il presidente Hosni Mubarak e si sostituiscono al suo potere.

    Lunedì la rete qatariota al Jazeera ha cominciato la pubblicazione sul suo sito di un tesoretto di documenti segreti, tradotti in inglese, portati in Turchia da un disertore di livello eccezionale: Abdel Majid Barakat, ufficiale baathista che aveva il compito ogni sera di preparare il briefing d’intelligence sui fatti della giornata e sulle manovre dell’apparato di sicurezza per soffocare la rivolta. “Ogni sera alle sette c’è un incontro tra i capi militari e i capi dell’intelligence, esaminano che cosa è successo, fanno i loro piani, scrivono la lista degli ordini per il giorno dopo. Il mattino dopo questi ordini arrivano sulla scrivania del presidente, che li firma di persona e dà il via libera finale”. La testimonianza di Barakat solleva il coperchio sull’impenetrabile processo decisionale della macchina repressiva siriana e ha un significato preciso: la responsabilità cade sul presidente, tutto ruota attorno a lui, è Assad ad avere l’ultima parola. Corollario: sostituire lui apre la strada alla riconciliazione nazionale. Fonti d’intelligence sentite dal Foglio corroborano questa tesi e segnalano: Barakat ha portato i file del governo siriano in Turchia nei giorni in cui il capo della Cia, David Petraeus, era nel paese.

    Lo stesso giorno al Arabiya ha pubblicato un’analisi eloquente delle mail personali del presidente e della moglie, rivelate al mondo da non meglio precisati hacker al servizio dell’opposizione siriana. Ecco cosa dice: “La raccolta di mail del presidente Bashar el Assad trafugate e pubblicate da al Arabiya rivela l’esistenza di una catena di comando insolita, diversa dalla gerarchia che ci si aspetterebbe da un regime come il suo. Emerge la storia di un piccolo gruppo di persone che controlla attentamente la rivoluzione e consiglia Assad su cosa fare. Questi individui ‘dietro la tenda’, secondo le mail, consigliano al presidente mosse che effettivamente poi sono presto realizzate, bypassando il tradizionale processo decisionale nelle istituzioni dello stato. Al Arabiya può rivelare il circolo di persone che siedono attorno al presidente e come ha influenzato le decisioni che ha preso”. Ecco aprirsi davanti agli occhi del lettore uno scenario sorprendente: tra questi consiglieri influenti c’è una donna di nome Hadeel Khali, che ha il compito di sostituire progressivamente i membri del regime su cui non si può fare affidamento e di rimpiazzarli con altri di fede più provata; c’è Shahrazad Jaafari, che si occupa di pubbliche relazioni e si lamenta con Assad del pessimo lavoro fatto da altre responsabili; c’è la first lady, Asma, e suo padre, Fawaz al Akhras, “con ruoli manageriali negli affari del presidente”.

    Le due metà dello stesso quadro dipinto nel medesimo giorno da al Jazeera e da al Arabiyah combaciano: Assad è il responsabile accentratore, prende le decisioni con l’aiuto di uno strano staff e lascia fuori dal circuito il resto del sistema politico. La direzione di un cambio non troppo cruento al vertice, condivisa persino dai russi che non vedrebbero con sfavore il passaggio di poteri al vicepresidente, è tracciata. E si accorda con i rumors insistenti che arrivano da Damasco e raccontano di un’operazione sistematica per trovare un elemento del regime disposto a esautorare il presidente, un generale o un politico di rango su cui fare leva per cominciare il regime change, considerato che per ora l’opposizione armata non sembra avere le forze per rappresentare da sola una minaccia esistenziale al regime – anche se ieri è riuscita a combattere a Mezzeh, quartiere centrale di Damasco.

    In quest’operazione per spodestare Assad, anche le mail personali sue e della moglie consegnate ai giornali internazionali assumono un’altra luce. Non il colpo fortunato di due hacker – che comunque ammettono di avere ricevuto l’imbeccata giusta “da una fonte interna al governo” – ma un’operazione per screditare e indebolire la coppia. Le scarpe Louboutin extralusso acquistate con piglio noncurante, a là Versailles, da lei, nei giorni dei massacri, e le mail affettuose ricevute da donne misteriose che allegano foto seminude nella casella di lui, rompendo l’unità del clan e la credibilità davanti agli altri, ne fanno parte.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)