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Nuova strategia europea per al Qaida

Daniele Raineri

A gennaio è cominciato a Berlino il processo a due uomini di al Qaida fermati in Germania nel maggio 2011 di ritorno dai campi d’addestramento pachistani, con la missione di creare e istruire cellule di terrorismo in Europa. Al momento dell’arresto, a uno dei due – ex soldato nell’esercito austriaco – è stata trovata addosso una chiavetta usb con 142 documenti nascosti tra altri file, archiviati alla rinfusa con nomi falsi, come titoli di porno e di hit musicali.

    A gennaio è cominciato a Berlino il processo a due uomini di al Qaida fermati in Germania nel maggio 2011 di ritorno dai campi d’addestramento pachistani, con la missione di creare e istruire cellule di terrorismo in Europa. Al momento dell’arresto, a uno dei due – ex soldato nell’esercito austriaco – è stata trovata addosso una chiavetta usb con 142 documenti nascosti tra altri file, archiviati alla rinfusa con nomi falsi, come titoli di porno e di hit musicali. Ci sono volute settimane agli agenti della polizia federale per raccapezzarsi. Alla fine sono saltate fuori le istruzioni, che si possono riassumere così: compiere numerosi attacchi in scala minore con pochi aggressori per volta. Non un nuovo undici settembre: piuttosto, un assalto pistola in pugno contro gli scolaretti di una scuola ebraica. Lo scopo, spiegano gli estensori della strategia di al Qaida, è creare il panico nelle società occidentali, in modo da provocare i governi e spingerli ad adottare misure di sicurezza più repressive contro i propri cittadini. Innescare un clima insostenibile di tensione e sospetto (ieri una bomba carta potente è esplosa davanti all’ambasciata indonesiana a Parigi). E filmare gli attacchi, cosa che a Tolosa è successa puntualmente.

    E’ facile collegare il documento scovato dall’intelligence tedesca ai tre attacchi consecutivi compiuti in Francia da una stessa mano, a un mese dalle elezioni presidenziali. Ieri notte Mohammed Merah, barricato nella sua casa al numero 17 di Rue du Sergent Vigné a Tolosa, assediato dalle squadre speciali Raid della polizia francese (lo era ancora ieri sera, al momento in cui questo giornale è andato in stampa) si è dichiarato appartenente ad al Qaida. Anche lui è stato nelle aree tribali del Pakistan e prima ancora è stato arrestato in Afghanistan, a Kandahar, la città santa dei talebani. Le notizie di un suo arresto perché stava piazzando un ordigno sul ciglio di una strada afghana assieme ai talebani, di una incarcerazione nella prigione di Kandahar nel 2008 e della sua fuga nel luglio di quell’anno, grazie a un’evasione di massa, sembrano soltanto un caso di omonimia.
    Secondo Cnn, invece, fu consegnato dagli afghani agli americani e da questi al contingente francese della Nato, che decise di rispedirlo in patria. Anche lui deve avere appreso la stessa lezione dei due a giudizio a Berlino: un nuovo undici settembre è naturalmente l’obiettivo più ambito, per il suo valore simbolico, ma la nuova strategia che arriva dai campi pachistani prevede episodi di terrorismo minore, alla portata di cellule minuscole.
    La madre di Mohammed Merah è algerina, ma lui non ha scelto la direttrice sud del terrorismo francese, vale a dire la calata oltre il mare Mediterraneo nella ex colonia africana d’Algeria, infestata soprattutto nelle zone meridionali da al Qaida nel Maghreb islamico. Ha invece scelto la direttrice ovest del terrorismo, la asiatica, prediletta, tra l’altro, dalle cellule inglesi come quella che si fece saltare a Londra il 7 luglio del 2005, che porta al Pakistan e quindi ad AQC – come scrivono gli analisti americani –  al Qaida Central, il nucleo originale del movimento terrorista.

    Anche Merah, come il portatore della chiavetta usb con i file di al Qaida, ha tentato di fare il soldato, prima nell’esercito e poi nella Legione straniera, ma è stato scartato. I servizi segreti hanno ammesso la sua presenza su una lista di persone da tenere d’occhio, per la sua affiliazione al gruppo estremista Forsane Alizza (sciolto a febbraio) e i viaggi in Pakistan e Afghanistan. La scarsa sorveglianza d’intelligence, assieme alla decisione di rispedirlo semplicemente in patria presa dai soldati francesi in Afghanistan, apre un problema nelle procedure di sicurezza: com’è possibile che abbia potuto compiere tre attacchi e uccidere sette persone senza essere fermato prima? La scuola ebraica dove ha colpito lunedì è a meno di due chilometri da dove vive. Alcuni analisti sostengono che il suo comportamento fosse di così basso profilo da non creare allarme. Ma ieri sono stati arrestati anche due fratelli, uno aveva in macchina alcuni etti di esplosivo ed ebbe contatti con ambienti islamisti durante un viaggio in Egitto.

    Da dentro la casa, spiato da visori termici che osservano attraverso porte e finestre chiuse lo spostamento del suo calore, Merah sostiene di avere messo la Francia in ginocchio e si pente soltanto di non avere fatto più vittime nei suoi attacchi. L’ostinazione nel volerlo prendere vivo segnala la decisione, non solo francese, di estrarre da lui la maggiore quantità di informazioni possibile sulle cellule europee.

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    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)