Spunta un Pisanu “tutto per l'Italia”. Sghignazzi sul Fini preistorico

Salvatore Merlo

Giovedì sera Beppe Pisanu è tornato a varcare la soglia di Palazzo Grazioli. Appuntamento chiesto da lui a Silvio Berlusconi, che dopo mesi e mesi di rapporti a dir poco freddi lo ha salutato con piacere. Il senatore del Pdl, ed ex ministro dell’Interno, era accompagnato da alcuni dei suoi uomini più fedeli a Palazzo Madama, tra cui Ferruccio Saro. Pisanu si è proposto al Cavaliere per una mediazione con Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini in vista delle elezioni del 2013.

    Giovedì sera Beppe Pisanu è tornato a varcare la soglia di Palazzo Grazioli. Appuntamento chiesto da lui a Silvio Berlusconi, che dopo mesi e mesi di rapporti a dir poco freddi lo ha salutato con piacere. Il senatore del Pdl, ed ex ministro dell’Interno, era accompagnato da alcuni dei suoi uomini più fedeli a Palazzo Madama, tra cui Ferruccio Saro. Pisanu si è proposto al Cavaliere per una mediazione con Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini in vista delle elezioni del 2013. Con il Cavaliere, l’ex ministro ha recuperato l’idea di “tutti per l’Italia”, ovvero il cartello elettorale dei moderati che dovrebbe riunire Alfano, Casini e Fini in un unico listone elettorale per le politiche. Berlusconi ha ascoltato con attenzione la proposta: “Mi fa piacere se ci provi”. Tuttavia ha poi aggiunto, con un sorriso impercettibile, a filo d’erba: “Io sono ben disposto nei loro confronti. Ma non sono sicuro che la cosa sia reciproca”.

    Come costruire una grande coalizione tra Pdl, Pd e Udc è l’argomento che più stimola il personale politico berlusconiano in questa fase. Si fanno passi e passettini, compresa la legge elettorale “ispano-tedesca” cui lavorano Gaetano Quagliariello e Luciano Violante (sempre insieme, difficile vedere l’uno senza incrociare poco dopo l’altro). Tutti, in realtà, puntano a un unico approdo: la stagione costituente. Si fanno tentativi di ogni tipo, anche teorici. Fabrizio Cicchitto ci ha scritto un saggio: “La guerra finanziaria nel mondo, la crisi del sistema politico italiano”. Lo presenterà con la sua fondazione, Rel, il 2 aprile. Gli ospiti sono gli interlocutori, o meglio gli alleati, di questa fase (e possibilmente anche della prossima): Massimo D’Alema, Dario Franceschini e Ferdinando Adornato. La crisi non finisce nel 2013, la grande (o larga) coalizione è quasi inevitabile.

    La riunione nazionale di Fli, a Pietrasanta (sabato e domenica scorsi) è servita a Fini per marcare un po’ le distanze da Casini (“mai un accordo con il Pdl”) e ha pure permesso al presidente della Camera di trascinare il leader dell’Udc su posizioni più bellicose in materia di televisione di stato. Dal palco di Pietrasanta, Fini ha fatto un endorsement forte dell’idea di un commissariamento della Rai (spostandosi sulle posizioni del Pd) e il giorno dopo Casini, anche per evitare un’ulteriore linea di faglia con l’alleato (dopo che i due si sono divisi alle comunali di Palermo) ha ripetuto la stessa cosa: “Sì al commissariamento”. In mancanza di grandi idee, al presidente della Camera è almeno riuscito di scrollarsi un po’ di dosso l’immagine dell’alleato minore, quello attaccato al traino dell’Udc e incapace di manovrare in autonomia. Casini glielo ha concesso, e a costo zero. Sa bene, il capo del partito centrista, che la Rai è una grana lenta a esplodere: l’accordo tra tutti (con Monti e il Pd) è di rimandare, rimandare, rimandare.

    Nel Pdl, area ex An, si è molto ironizzato sul discorso domenicale di Fini. In particolare gli ex colonnelli hanno riconosciuto nelle parole del loro vecchio leader degli “slogan preistorici”, qualcuno persino risalente all’epoca del Msi. In particolare il passaggio che suonava così: “Non siamo un partito, ma un movimento”. Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri hanno commentato sghignazzando tra loro al telefono. Ma i due, e anche Gianni Alemanno, hanno poi riconosciuto un altro vecchio leitmotiv di An. Domenica Fini ha strappato applausi dicendo ai militanti di Fli che “noi dobbiamo essere centrali e non centristi”. Commento di Gasparri: “Questa l’ho inventata io nel 2001”. Sarà divertente vederli il 26 marzo a Bari, Gasparri, Fini e La Russa, seduti assieme alla cena di battesimo della fondazione intitolata a Pinuccio Tatarella.

    Il Terzopolo, com’è noto, è andato in pezzi alle comunali di Palermo. Casini si è alleato con il Pdl a sostegno di Massimo Costa, mentre Fini con Raffaele Lombardo ha candidato Alessandro Aricò. Peggio del Terzo polo se la passa solo il Pd. Dopo aver perso le primarie, dopo aver chiesto e ottenuto il riconteggio delle schede che hanno incoronato vincitore Fabrizio Ferrandelli, e dopo essersi vista vidimare ufficialmente la sconfitta anche dai probiviri, Rita Borsellino ha dichiarato che “a Palermo serve un candidato unitario”. Idv, Prc, Sel e Verdi hanno chiesto al Pd una parola definitiva sulla questione, ed Enzo Di Girolamo, segretario del Pd di Palermo, ha ripetuto stancamente l’ovvio: “Il Pd sosterrà il vincitore delle primarie, Ferrandelli”. Adesso sono guai. Secondo Gianfranco Micciché: “E’ certo che presenteranno un loro candidato, uno che spacca la sinistra”. Ma non sarà Leoluca Orlando.

    Nel caos di Palermo si segnala anche la trasformazione degli assessori “tecnici” del governo regionale, Gaetano Armao e Massimo Russo, in uomini politici a tutti gli effetti. Hanno costituito una loro lista, “Palermo Avvenire”, che sosterrà la candidatura a sindaco di Alessandro Aricò. In tempi di tecnomontismo la metafora è suggestiva.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.