Quante cose “non sapeva” l'intelligence francese sul suo uomo a Tolosa
Un lupo solitario isolato che si muoveva senza l’aiuto di una rete, come dice il procuratore di Parigi Francois Molins? Tutto il contrario. Lo stragista di origine algerina di Tolosa, Mohammed Merah, viveva al centro della rete del jihad in Francia. Merah ha un fratello maggiore, Abdelkader, che da due giorni è in arresto assieme alla compagna – la polizia ha trovato alcuni etti di esplosivo nella sua macchina. Secondo Le Point, Abdelkader ha viaggiato in Egitto per incontrare estremisti islamici e per questo era ben conosciuto dai servizi francesi già a partire dal 2007.
Un lupo solitario isolato che si muoveva senza l’aiuto di una rete, come dice il procuratore di Parigi Francois Molins? Tutto il contrario. Lo stragista di origine algerina di Tolosa, Mohammed Merah, viveva al centro della rete del jihad in Francia. Merah ha un fratello maggiore, Abdelkader, che da due giorni è in arresto assieme alla compagna – la polizia ha trovato alcuni etti di esplosivo nella sua macchina. Secondo Le Point, Abdelkader ha viaggiato in Egitto per incontrare estremisti islamici e per questo era ben conosciuto dai servizi francesi già a partire dal 2007. Nel febbraio di quell’anno l’Associated Press racconta l’arresto di undici persone, due all’aeroporto di Orly e gli altri nove nel sud del paese, perché sono coinvolti in una rete di reclutamento di volontari da mandare a combattere e a compiere attentati con al Qaida in Iraq. “Secondo l’ufficio del procuratore – scrive l’agenzia – le reclute erano prima spedite in Egitto a rinfrescare l’arabo e a ripassare la dottrina salafita nelle madrasse più radicali”. Gli undici erano “il gruppo più grande preso in Francia con questo tipo di accuse”. Gli arresti dei francesi arrivarono tre mesi dopo la loro espulsione dall’Egitto con la stessa accusa da parte del governo del Cairo: fanno parte di un gruppo di reclutatori e di reclute in partenza per la guerra in Iraq. La notizia d’archivio combacia con quanto scritto ieri dai giornali francesi: Abdelkader è stato in Egitto, ospite di estremisti.
Con Abdelkader c’è un francese siriano che fa da leader spirituale, Olivier Corel. Corel è la guida di una piccola comunità di salafiti ad Artigat, cinquanta chilometri da Tolosa, che spaventa i vicini festeggiando l’11 settembre e non permette ai figli di frequentare le scuole locali. Ad Artigat i due fratelli Merah conoscono anche Sabri Essid, arrestato nel 2006 – nel pieno della guerra – al confine tra Siria e Iraq con fucili d’assalto e poi rispedito in Francia. Il villaggio di Artigat e l’irrefrenabile Essid sono tenuti d’occhio dai servizi di sicurezza per colpa di una soffiata: Essid vorrebbe colpire con un attentato il consolato americano a Lione e un supermercato di Tolosa. Nel 2008, i servizi prendono nota di Mohammed perché va a trovare Essid in carcere.
Come se non bastasse il contesto, nel 2010 Merah costringe un ragazzino di 15 anni a guardare con lui video di esecuzioni. Quando la madre del ragazzino si lamenta, la picchia e la manda in ospedale. Poi gira per il quartiere per intimidire chi ancora non fosse convinto, con una spada in mano, gridando: “Io faccio parte di al Qaida”. I servizi spagnoli segnalano ai colleghi francesi i suoi collegamenti pericolosi. Dopo i viaggi in Afghanistan e Pakistan, l’Fbi americano lo mette sulla lista delle persone interdette dai voli verso l’America.
Può darsi che ora la vicenda di Tolosa giochi a vantaggio del presidente francese, Nicolas Sarkozy, a un mese dalle elezioni (sondaggi già in rialzo). Sarkozy è tradizionalmente più forte dei rivali socialisti in materia di sicurezza e di immigrazione. Per il suo ministero dell’Interno e per l’intelligence francese però è l’ora buia della crisi. Merah, come confermato al Foglio da fonti nei servizi, era un asset, una risorsa, della Direction centrale du renseignement intérieur (Dcri), la direzione che come una Fbi francese si occupa della sorveglianza dei terroristi dentro lo stato; e gli agenti che erano in contatto con lui hanno lasciato passare troppo tempo prima di capire che il loro ragazzo era uscito dal controllo della direzione centrale ed era passato al jihad. E’ un disastro per il prefetto Bernard Squarcini, “lo squalo”, uno dei moschettieri di Sarkozy, da lui piazzato con molta enfasi a capo della Dcri al momento della sua fondazione, nel 2008. Squarcini era già nei guai da prima, accusato da un libro di essere “la spia del presidente” e di avere trasformato la sua ala dei servizi in una “polizia politica”, uno “strumento dell’Eliseo”. Nell’ottobre del 2011 è stato incriminato per un caso di intercettazioni telefoniche su giornalisti. Ora Francois Rebsamen, il consigliere per la Sicurezza del candidato socialista Francois Hollande, prova a recuperare terreno, denuncia “il profondo malessere nei servizi” e annuncia una riforma dell’intelligence nel programma.
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